GROTTE |
anno 46, n° 139 |
Gruppo Speleologico Piemontese CAI - UGET
Sommario
Notiziario |
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Attività di Campagna |
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Padre, Figlio e Spirito Bianco |
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Ghiacciata Balma |
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Cattive Maestrelle |
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Fata Alcina ... le esplorazioni |
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Quasi una fiaba |
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Attività biospeleologica 2002 |
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Micro |
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Quatro Cienegas |
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Matanzas 2003 |
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Marzo 2003 ancora sul Gorner |
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Recensioni |
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Novità (o quasi) in Biblioteca |
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Elenco soci |
Supplemento a CAI -UGET NOTIZIE n.1 di genn.-febbr. 2004
Spedizione in A.P. TORINO, comma 20c, art. 2, Legge 662/96
Direttore Responsabile: Emanuele Cassarà
(autorizz. Trib. Saluzzo n. 64/73, 13/10/1973)
Redazione: |
Redazione: Deborah Alterisio, Alberto Cotti, Marziano Di Maio, Attilio Eusebio, Uberto Lovera, Laura Ochner, Riccardo Pozzo, Francesco Vacchiano |
Foto di copertina: Piaggia Bella (foto B. Vigna)
Stampa: La Grafica Nuova, Via Somalia 108/32, Torino
Fotografie di: |
D. Alterisio, S. Capello, A. Eusebio, G. Giovine, E. Lana, R. Jarre, B. Minciotti, B. Vigna, Archivio GSP |
GSP su Internet: HTTP://WWW.ARPNET.IT/GSPELE
Email: GSPELE@ARPNET.IT - Conto Corrente Postale 21691100
Notiziario
Assemblea d'inizio d'anno 2003 del GSP
Si è svolta il 24 gennaio, riprendendo anche i temi lasciati in sospeso dell'assemblea di fine anno 2002.
Dopo che si è comunicato l'avvenuto accordo per quanto riguarda Presidenza ed Esecutivo, come già detto sul numero scorso, si è passati a discutere sull'attività esplorativa e in particolare su quella dell'estate. In particolare si è convenuto sull'opportunità di chiudere il Progetto Marguareis, sia pure nei primi mesi del 2004; di proseguire quanto prima nelle esplorazioni in corso su cavità minori; di fissare per tempo luogo e obiettivi del campo estivo. Una piccola spedizione subacquea a Cuba è già stata concordata.
Il 46° corso di speleologia avrà luogo con tempi più ristretti del solito e con criteri innovativi dal 2 marzo al 27 aprile, organizzato da G. Giovine, R. Dondana e D. Grossato. A fine agosto si terrà a Bologna il 19° Congresso Nazionale di Speleologia. Vanno programmate le iniziative per il 50° anniversario di fondazione del gruppo, fra le quali un raduno generale dei soci vecchi e nuovi e una pubblicazione possibilmente vivace e ricca di immagini storiche.
C. Giovannozzi e S. Capello hanno rivisto il bilancio consuntivo che onorate le pendenze residue è riuscito a rimanere in attivo. Per il magazzino vengono prospettate le necessità, tra cui un telone per il campo estivo; per il locale nuovo sarebbe bene effettuare subito i lavori di adeguamento. F. Belmonte ha programmato per la Capanna la riverniciatura generale (pavimento compreso), il rinnovo di una parte dei materassi e coperte nonché di cuscini e federe, l'acquisto di un mobiletto per le coperte e altri piccoli interventi.
È stato ripubblicato da AGSP e Regione Piemonte il volumetto "Il mondo delle grotte", a cura di R. Pozzo e R. Sella (v. recensione sul numero scorso).
Poste e governo ci rovinano
C'erano una volta le Poste intese come servizio pubblico, poi sono diventate una Spa, e si sa che le società per azioni sono a fine di lucro. Per lucrare di più e maneggiare meno corrispondenza ha dato una mano il governo, emettendo un decreto assurdo (molti non ci credevano, fin quando non è stato subito applicato), il 294/02 che taglia drasticamente il numero di quelli che potevano fruire di agevolazioni tariffarie per riviste in abbonamento: nella fattispecie tutta l'editoria minore e media, i periodici di associazioni e insomma tutta la stampa debole.
Se le tariffe postali si mangiano una grossa fetta degli introiti, a moltissimi non resterà che chiudere, interrompere l'informazione per i soci, la diffusione di cultura e idee. Visto l'andazzo, probabilmente era ciò che si voleva: colpire il pluralismo dell'informazione.
Sono stati vani gli sforzi di coloro che hanno tentato di far modificare questa decisione o di escogitare scappatoie praticabili. In soldini, spedire un numero di Grotte costa oggi 1,55 euro per Italia e Europa, 2,32 fuori Europa. I due numeri annui comportano rispettivamente 3,10 e 4,64 euro (6000 e 9000 delle vecchie lirette). Con l'abbonamento postale legato al nostro periodico sezionale si guadagna qualcosa, ma rispetto alle tariffe precedenti si tratta di una quintuplicazione.
Vita di gruppo
Tra le tradizionali rubriche che affliggono da tempo immemorabile questo notiziario ve n'è una nuova che si propone prepotentemente tra gli appuntamenti fissi: potrebbe chiamarsi "vita e morte di Franz" ovvero "le mie prigioni".
Sta di fatto che il nostro, oltre ad essere nuovamente fidanzato - sollevato sospiro collettivo - ha intrapreso con perseveranza un'interessante opera sociale: il collaudo in prima persona delle galere sparse per il mondo. Lo ricordiamo, alcuni anni orsono, detenuto in una prigione del popolo vietnamita, rilasciato solo dietro promessa solenne di non attentare nuovamente alla fiducia prestatagli dalla repubblica socialista vietnamita, tradita vilmente mediante sconfinamento in zone proibite. Recentemente il nostro ha replicato l'esperienza, arrestato nel corso di una manifestazione, nella civile città di Londra. La fraccata di botte che ha accompagnato l'esperienza pare che gli abbia fatto preferire di gran lunga l'avventura vietnamita. Il che la dice lunga, tra l'altro, riguardo il confronto di civiltà tra le due culture.
In tema di galere è quindi il momento di segnalare il matrimonio di Max Ingranata e Sara Tarditi, celebrato a Torino il 26/5 e festeggiato fino a mattina a S. Paolo Solbrito. Il matrimonio è stato preceduto dal rapimento del futuro sposo che, prelevato presso la sua abitazione da due figuri con banale scusa, è stato poscia trasferito a mezzo automobile, aereo, treno e infine traghetto nella ridente città di Amsterdam, ove riunitisi con altri personaggi, per un totale di nove, è stato lungamente martoriato dai medesimi mediante uso di innumerevoli vizi, per la durata di giorni quattro.
Con un felice balzo, dalla notizia precedente, si giunge ad una rubrica ormai implacabile: è nata per la gioia dei genitori e la disperazione di tutti gli altri una nuova pattuglia di infanti. Syncro Bettuzzi Grossato ha prodotto a fine maggio Marta, Marilia Campajola ha sparso Arianna e Naima a metà agosto. A conferma dell'infinità dell'universo e degli eventi umani attendiamo ora il nuovo pargolo di Chiara Giovannozzi e Igor Cicconetti che oltre a trombare ha anche trovato il modo di laurearsi in Scienze forestali.
Naturalmente va anche segnalata la famiglia Vigna, alla ormai non più giovanissima Margherita si è sostituita la figlia: l'età è quella giusta e da indiscrezioni dell'ultima ora pare che sia incinta, a noi non resta che fare gli auguri ai nonni.
Attività di campagna
a cura di A.Cotti, A. Eusebio e N. Milanese
2 gennaio: Dragonera (Roaschia) - A. Eusebio, R. Jarre, B. Minciotti immersione nel sifone alla ricerca della solita prosecuzione-risagolatura
3 gennaio: Dragonera (Roaschia) - A.Eusebio, R.Jarre, B.Minciotti immersione nel sifone alla ricerca della solita prosecuzione-esplorazione di condottine laterali
4 gennaio: Fata Alcina (Gola delle Fascette - CN): N. Milanese, I. Cicconetti, Athos. Aperto un condottino laterale con dietro una saletta, ottimo per depositare il materiale scavato
5 gennaio: Fata Alcina: Sciandra e Fausto.
6 gennaio: Fata Alcina: F. Cuccu, B. Giovine, D. Girodo, Gregorio e N. Milanese. Scacciati dalla neve.
11-12 gennaio: Fata Alcina: B. Vigna, S. Capello, C. Giovannozzi, R. Dondana, D. Alterisio, N. Milanese, Sciandra e Urru.
13 gennaio: Fata Alcina: N. Milanese, U. Lovera, R. Dondana, D. Alterisio, C. Banzato, Max Ingranata e Urru.
18 gennaio: Fata Alcina: B. Vigna, I. Cicconetti, L. Musiari, N. Milanese, Sarona + Athos. Prosegue la disostruzione.
Balma ed Ciotu (Balma Bertoldo), Barge, CN. Adriano Gaydou. Riparo sottoroccia di interesse archeologico. Rivista e rilevata per il catasto.
19 gennaio: Fata Alcina: N. Milanese, L. Musiari, D. Alterisio, R.Dondana, G. Badino, Fof, Cesco, Mecu, Micol, Franz, Fausto, Sarona.
25 gennaio: Gruta da Suta, alla base del M. Pirchiriano, Chiusa S. Michele. Villa Giuly, Enrico Lana. Esplorazione e rilievo della cavità. Si tratta di una frattura tettonica di scollamento di versante, costituita da una diaclasi aperta, in alcuni punti alta fino ai 10 m. La larghezza varia dal metro ai 50 cm. Vi è un salto iniziale di 2 m circa, e dopo prosegue in leggera discesa, su detrito.
26 gennaio: Grotta delle Turbiglie (Pamparato): M. Ingranata, C. Banzato, U. Lovera, F. Vacchiano (Agilulfo). Conclusa la risalita, chiude.
1-2 febbraio: Lacca della Bobbia (Lecco): A. Eusebio, R. Jarre. Esercitazione nazionale speleosub CNSAS
2 febbraio: Fata Alcina: Donda, Deborah, Mecu e Sarona. Sempre a scavare. Aria aspirante quasi forte.
9 febbraio: Grotta delle Vene (Val Tanaro - CN): Esercitazione CNSAS con immersione nel sifone.
Battuta alle Saline: U. Lovera, A. Mantello (?), Max Sciandra, Mario (?), Diego Calcagn(o)Athos. Trovato buco aperto nella neve sul versante carninese delle Saline. Molto interessante.
23 febbraio: Grotta delle Vene (Val Tanaro - CN): Gita sociale CAI.
Grotta di Bossea (Val Corsaglia): Meo Vigna e figlia Brunella presso il sifone terminale a vedere un cunicolo che chiude dopo pochi metri.
1 marzo: Fata Alcina: N. Milanese, R. Dondana, S.Capello, I. Cicconetti + Athos. Scavi.
2 marzo: Fata Alcina: N. Milanese, F. Cuccu, B, Vigna, Sarona, R. Dondana, D. Alterisio. Scavi nel cunicolo terminale, aria media aspirante con tempo bello e temperature intorno ai 4° C.
8 marzo: Milano: A.Eusebio, R.Jarre. Riunione Comm. Naz. Sub.
9 marzo: Fata Alcina: N. Milanese, F. Cuccu, B. Vigna, Sarona, R. Dondana, D. Alterisio, D. Girodo, U. Lovera, Brunella Vigna, M. Pastorini. Aria media aspirante anche se la temperatura esterna è piuttosto elevata, sopra i 10° C, molta acqua sul fondo.
23 marzo: Capanna Saracco Volante, Piaggia Bella (Marguareis CN). U. Lovera, Luisa, C. Banzato, Loco Hombre + Athos.
Grotta della Pollera (Liguria) - Uscita di Corso.
29 marzo: Arma delle Mastrelle, Piaggia Bella (Marguareis CN). Sarona, Igor, Donda, + Athos.
15 aprile: Piaggia Bella, Reseaux B, Marguareis. Ube Lovera, Loco Riccardo Hombre Pozzo, Remoto (G.S.G.). Risalita di circa 15 m in Reseaux G, nei rami di Sarona Jones (!). Nessuna galleria superiore, ma il pozzo continua. In Primavera i Reseaux - dice Ube - sono molto lontani...
25 aprile: Grotta-fogna di Pianezza. Villa Giuly, Enrico Lana. Si tratta di una condotta naturale nel conglomerato, antico corso della Dora Riparia; è stata rilevata per un totale di 572 m di sviluppo, per un dislivello di 16 m. Frequenti adattamenti umani all'ingresso ed all'interno (muri a secco, voltini), è ancora attiva come fogna.
25-28 aprile: Vaucluse (Francia). Stage Corso di Speleologia.
26 aprile - 11 maggio: Isola di Cuba. A. Eusebio, R. Jarre. Spedizione speleosub (cfr. articoli).
27 aprile: Barme di Villedeati (AT). Villa Giuly, Arietti P. Su segnalazione di un locale molto informato (gola profonda di Giuly??), sono state trovate due cavità. Barma 1: è costituita da una
saletta con due ingressi. Barma 2: è un cunicolo di 20 m di origine carsica. Sono state rilevate.
1-4 maggio: Piaggia Bella - Capanna Saracco Volante (Marguareis - CN). R. Pozzo, A. Ubertino, M. Ingranata, U. Lovera, D. Girodo, C. Banzato, B. Vigna e famiglia. Battute esterne. Sul Ballaur, 50 metri sotto il C1 trovato un buco soffiante da aprire. In zona D la grotta siglata Q 214 è l'unica che ha bucato il manto nevoso, più in basso sopra il sentiero trovato altri buchi in parte aperti.
11 maggio: Garb del Dicteu (M. Armetta). Villa Giuly, Maina Franca, G. Arduino. Sopralluogo alla ricerca di tracce di frequentazione umana preistorica. Rinvenute tracce di carboni nel deposito dell'ingresso.
Zona assorbente sopra Rio Martino (CN). B. Vigna e Fricu ed altri pinerolesi. Eseguita una doppia colorazione nelle perdite in destra e sinistra orografica presso gli impianti sportivi. Installato in grotta l'acquisitore automatico di rilevamento fluoresceina e tinopal.
18 maggio: Balma Ghiacciata del Mondolè (CN): B. Vigna, U. Lovera, C. Banzato, M. Ingranata, Giorgio, Roberto. Lavori di disostruzione nella strettoia finale: le smilze femmine riescono a passare ma dopo pochi metri la grotta si chiude inesorabilmente. L'aria è sempre molto, molto forte. Da dove arriva?
Buco vicino a Putiferia, Briga Alta, Marguareis. M. Marovino, D. Alterisio, R. Dondana, S. Capello, Sarona Jones Filonzi, N. Milanese, Marco Penasso, Stefano, Elisa Rho, Valerio Rho. Si apre e si passa; si giunge in una saletta. Si prosegue la disostruzione e si scende per circa 1,5 m. In basso chiude su fessura e frana. La roccia è molto fratturata, con aria debole soffiante.
25 maggio: Esercitazione C.N.S.A.S. I delegazione speleologica.
Piaggia Bella. G.P. Carrieri, C. Banzato, U. Lovera. Corsa, di corsa, fino alla tirolese e Paris-Côte d'Azur, per trovare un nuovo luogo per il rifugio interno. Trovate tre possibili soluzioni, ed una nomination per la volpe d'argento (Cinzia...Cagnotto!).
Novalesa, Zona di Bosconero. Villa Giuly, Enrico Lana. Ricerca, vana, della grotta del ghiaccio di Bosconero.
Grotta delle Vene (Val Tanaro): B. Vigna, A. Cotti, S. Filonzi. Accompagnati 30 bambini e ragazzi di Mondovì fino al sifone.
1° giugno: Arma delle Mastrelle, Piaggia Bella, Marguareis. R.Dondana, M.Marovino, Marco ex-allievo, U. Lovera, Sara Filonzi, D. Alterisio, A. Cotti, L. Musiari, I.Cicconetti, Loco Pozzo, Guidotti, Siria, e Gabri. All'interno ci si separa in due squadre. L'una sguinzagliata nei rami "Che schifo", l'altra ad arrampicare su una risalita di un arrivo laterale del "droctluf". Niente di nuovo e la risalita chiude.
Grotta di Bossea (CN): B. Vigna sperimenta la nuova macchina fotografica digitale.
2 giugno: Grotta di Rio Martino: B. Vigna, M. Pastorini e Brunella. Recuperato l'acquisitore automatico di fluoresceina e tinopal ed eseguite fotografie con nuova tecnica.
7 e 8 giugno: Pis del Duca, alta valle Pesio, Marguareis. R. Dondana, M. Marovino (Marcomanno, fà benbè!). Si effettua una risalita di 25-30 m in un camino nella prima sala. Bisogna continuare.
8 giugno: Grotta del Caudano: B. Vigna e Brunella, sperimentazione della macchina foto digitale e faretti.
15 giugno: Zona Saline (val Tanaro (Cn) - B. Vigna, Giorgio, Beppe e Alessandro. Discesa nel P 010, ubicato 50 m sotto l'ingresso di "Ca' di Bagasce". Scavando sotto la frana finale scoperto un passaggio da allargare, con aria molto forte, che conduce su un pozzo di circa 10 m.
19-22 giugno: abisso Vludermaus, altopiano di Asiago. F. Cuccu, D. Alterisio, R. Dondana, Ciurru. Esercitazione nazionale G.L.D.
22 giugno: Grotta di Bossea: B. Vigna e M. Pastorini eseguono fotografie con la nuova tecnica utilizzando solo i faretti e la luce ad acetilene.
21-22 giugno: Abisso Sardu, Conca dei Biecai, Marguareis. Aziz (G.S.G.), C. Giovannozzi, I. Cicconetti, P. e M. Fausone, S. Capello, Sarona Filonzi. All'interno ci si separa in due squadre. Un trapano rotto interrompe l'attività nelle gallerie Brabham su Brabham. Rivisitate le Miosotis, merita tornarci determinati. In alto, sulla Fora dels Baus, eseguita una risalita, con aria; essa continua, ma è ostruita da massi. Si torna alla Scala Santa; i rami bassi sono ostruiti da sabbia, in alto si trovano una serie di condotte, con aria, che mirano verso l'esterno. Sono da rivedere e da rilevare.
24 giugno: Ca' di palanchi (Valle Ellero CN). B. Vigna, L. Mussiari, N. Milanese. Scavi e quasi si passa.
28-29 giugno: Abisso F 15, Marguareis. A. Deborah, L. Musiari, G. Mattasoglio, Roberto (?), Micol (G.S.I.), N. Milanese. Tentativo di punta in F 15, chiuso da neve. Scuola d'armo.
Zona A e B del Mongioie (CN). B. Vigna, D. Girodo, G. Carrieri. Rivista la zona, scesi alcuni pozzi, cercato invano il B19 (pozzo dell'avvoltoio).
Padre, Figlio e Spirito Bianco
Daniele Grossato
Sceneggiatura
(...)
Lo Spirito Bianco disse al Padre: "Mi piacerebbe fare il direttore, certo sono etereo e non ho molto tempo..."
Il Figlio disse al Padre: "È un po' evanescente, ed è vecchio."
Il Padre disse al Figlio: "Non possiamo negarglielo, ha molta esperienza e poi potrebbe essere l'ultima occasione della sua vita."
La divinità degli speleologi torinesi, il Visconte, ascoltava con curiosità le conversazioni. Si parlava di tramandare una forte passione, di trasmettere il "senso" della speleologia, di riempire il vuoto delle persone con il vuoto delle montagne, di arrivare a capire come si esplora un territorio usando le sensazioni e gli studi, un territorio sconosciuto ma familiare all'interno di uno schema prefissato da adattare ad ogni nuovo luogo.
Questa trinità ciarliera rappresentava generazioni diverse e si proponeva uno scopo nobile, intarsiato amorevolmente dentro le rocce carsiche, la sua casa.
Il Visconte decise che occorreva intervenire a favore delle buone intenzioni infondendo un alito di sicurezza al Padre, al Figlio e allo Spirito Bianco.
In una serata tiepida di inizio primavera un soffio di vento rubato dai cieli centro americani di un canyon del Messico investì lo Spirito Bianco mentre varcava la soglia di casa.
Due ore dopo una sottile spirale di fumo rapita dai tetti di Katmandu si attorcigliò intorno al Padre e al Figlio: entrambi si immobilizzarono per un istante e poi con una complice occhiata si unirono come in un corpo solo allo Spirito Bianco.
Spirito Bianco: "Dobbiamo essere professionali! Bisogna fornirgli abbondante documentazione, fare un test a metà corso e un test a fine corso con la consegna di attestati.
Padre: "Potremmo fare un corso più corto con un solo stage..."
Figlio: Lo stage lo farei in Capanna, tempo permettendo.
Spirito Bianco: "Eliminiamo le due parti, orizzontale e verticale, e lo facciamo durare al massimo un mese e mezzo."
Figlio: "Bella novità, ma solo per il GSP. È praticamente il corso standard che fanno tutti i gruppi speleo.
Spirito Bianco: "I materiali, per esem-
pio, li compriamo di gruppo e li forniamo agli allievi come attrezzatura di corso. Questo ci permette di standardizzare i materiali e di aumentare il prezzo d'iscrizione, non dimentichiamoci che l'allievo eviterà di comprarsi l'attrezzatura. E poi la pubblicità va percorsa su nuovi canali..."
Padre: "Concordo sui materiali e solo in parte per la pubblicità, non trascurerei i canali classici CAI e CAI-Uget anche perché in passato gli esperimenti sulla pubblicità sono stati fallimentari."
Figlio: "Io porto i volantini nelle birrerie..."
Il Visconte sorrideva e si beava dello spirito di collaborazione che aveva infuso. Proprio per questo mise alla prova i suoi protetti: durante un'uscita in Liguria materializzò uno sbuffo di vento del Sahara sui direttori per farli smarrire.., ci impiegarono quattro ore a trovare l'ingresso della grotta.
Dopo una leggera esitazione il Visconte riprese a sorridere compiaciuto, continuando ad osservare l'operato della trinità per tutta la durata del corso.
Il padre disse al Figlio: "Ce l'abbiamo fatta, certo c'è spazio per miglioramenti organizzativi ma è andata meglio del previsto".
Il Figlio disse al Padre: "Mi sono proprio divertito!"
Lo Spirito Bianco disse al Padre e al Figlio: "Facciamo un altro corso a fine anno?"
(...)
Trama
Il 46° corso di speleologia del GSP CAI-Uget si è svolto dal 14/03/2003 al 9/05/2003 con 7 lezioni e 5 uscite, stage in Francia compreso.
Abbiamo acquistato 8 attrezzature complete da fornire agli allievi. Si auspica l'acquisto di ulteriori attrezzature per il prossimo corso in modo da evitarne il prestito da altri gruppi o da singoli benefattori.
Il colpevole è il maggiordomo, come in tutti i gialli che si rispettino.
Regia
Gruppo
Speleologico
Piemontese
Personaggi e Interpreti
Il Visconte:
Il Visconte
I direttori:
Padre - Daniele Grossato
Figlio - Riccardo Dondana
Spirito Bianco - Giuseppe Giovine
Gli allievi
Brunasso Cattarello Stefano |
Str. Torino 110, Beinasco (TO) 011.3497969 |
Bussone Silvia |
Via Della Torre 17, Vallo Tor. (TO) 011.9249454 |
333.9399737 |
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Cannas Roberto |
Corso IV Novembre 40 (TO) 338.5809251 |
Cucca Noemi |
Via Baretti 32 (TO) 011.6508866 349.5850346 |
Gea Fabio |
Str. Della Barberina 17 (TO) 011.2620971 |
333.7888330 |
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Gilardi Elio |
Via Juvarra 16 bis, (TO) 011.537264 349.1619325 |
Martina Marina |
Via Mombarcaro 63 (TO) 011.350067 333.9556340 |
Mattasoglio Giorgio |
Via Monastir 10 (TO) 011.6062358335.7391204 |
Penasso Marco |
Corso Mediterraneo 112 (TO) 011.502741 |
348.4915086 |
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Rho Elisa |
L.go Po Antonelli 33 (TO) 011.835511 |
Ruella Ida |
Via Santa Margherita 24, Alba (CN) 0173.290606 |
338.1166374 |
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Serrau Simona |
Loc. Stazione 6, Viarigi (AT) 0141.616242 |
338.7338997 |
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Tarditi Sara |
Via Vicenza 10 (TO) 011.485563 349.6306370 |
Terranova Pruel |
Via Rovereto 12, Pino T.se (TO) 011.8112061 |
Ghiacciata Balma
Ube Lovera
Un ritorno. Grotta grande e bellissima che periodicamente riceve visite dagli speleologi piemontesi. Novaresi, cuneeesi, giavenesi e adesso noi. Nessuno che ne ricavi un ragno dal buco.
La Balma Ghiacciata è nascosta in cima a un ripido canalino piantato sul versante nord del Mondolè. L'intera montagna soffre di solitudine, è accessibile solo in estate e cede sistematicamente i suoi visitatori al più noto Marguareis.
Un'ora di marcia seguendo le tacche blu lasciate da un ignoto criminale, che si inerpicano lungo una traccia spesso innevata, più spesso ghiacciata fino al sospirato ingresso.
Qui cambia la musica.
Gallerie freatiche ovunque, seicento metri di sviluppo, recitano i sacri testi, che corrono in svariate direzioni, sempre imponenti. Quando si riducono al di sotto dei cinque metri si parla di strettoia. Tre punte autun-primaverili capitanate dal Vigna imperator hanno prima percorso in lungo e in largo l'intera grotta, e quindi trovata la via dell'aria, disostruito, per un paio di metri, una frattura concrezionata al fondo del ramo più settentrionale. Va da sè che le tre punte, domenicali, si sono svolte tutte a seguito di abbondanti libagioni e previo soddisfacimento di tutti i nostri migliori vizi; che la disostruzione ha avuto luogo esattamente sotto l'unico abbondante stillicidio presente in tutta la grotta; che, una volta superata la fessura, una frattura larga pochi centimetri e tendente a infinito, ha subito ucciso ogni nostra velleità esplorativa.
Si ricordano barcollare lungo l'impietoso pendio Meo Vigna, Riccardo Dondana, Deborah Alterisio, Cinzia Banzato, Ube Lovera, Nicola Milanese, Andrea Mantello, Domenico Girodo, Max Ingranata, Giorgio Mattasoglio, Roberto Cannas, Noemi Cucca.
Cattive Maestrelle
Ube Lovera
C'è da dire che se dipendesse da noi, Mastrelle e Labassa se ne starebbero in pace così come sono, separate da una breve ma tenace barriera di riempimenti, fango, concrezioni e quant'altro. Incuranti del fatto che i due rilievi si protendano l'uno verso l'altro come le dita del Giudizio Universale.
Sennonché le rotazioni del rilievo da parte di Nicola e le immersioni di Serge, congiurano per restringere sempre più la "terra di nessuno" costringendoci a stanche rivisitazioni periodiche delle zone terminali delle Mastrelle tutte impietosamente prive di risultati. Le rotazioni di Nicola, oggetto di un futuro articolo, hanno a che fare con la declinazione magnetica e con la vetustà di certe parti del rilievo di PB. Con le opportune correzioni, si ottengono i seguenti miracolosi effetti: i diversi ingressi del complesso, posizionati con il gps, vanno magicamente a coincidere con i punti del rilievo, il fondo delle Mastrelle si avvicina ulteriormente a Labassa, le zone terminali dei Trichechi si allontanano di parecchio da Reseau B (Nicola infame).
Sul lato Labassa invece Serge Delaby immergendosi nel sifone "a monte" ha percorso una cinquantina di metri sott'acqua per emergere in un salone di frana dove occhieggia un'invitante finestra al momento irraggiungibile (specie se hai le bombole sulla schiena e le pinne nei piedi).
Eccoci quindi ancora nelle regioni terminali del complesso, sorretti dalla considerazione che se giunzione deve essere, è più bello se la facciamo noi. Fortuna che la grotta è bella.
Riassunto delle puntate recenti. Inizialmente la missione consiste nell'individuare in quale parte delle Mastrelle arriva la gran corrente d'aria che percorre la grotta degli Sciacalli, che gli imperiesi scavano, con gran lena da millenni. Meo, in un'ora impossibile della mattina si presenta all'ingresso degli Sciacalli munito di gigantesca fascina di legna e sterpi. La nutrita squadra all'interno delle Mastrelle non riesce però a percepire alcunché, forse a causa del fatto che gli Sciacalli, burloni, decidono in quel momento di soffiare, dando così fuoco al povero Meo di pile vestito. Assegnata la Volpe d'argento.
Sul ritorno individuiamo, in zona Pentivio in corrispondenza della partenza del Ramo delle Aragoniti, un piccolo meandro e quindi una risalita cui seguono ulteriori grandi ambienti .
Così stimolati, con la scusa di pascolare i germogli del CNSAS, produciamo un paio di punte che ci permetteranno di esplorare un duecento metri di grotta nuova, tutti senza pavimento sotto i piedi, percorrendo in pratica la volta della grande frattura che precede il Pentivio: si spengono tra concrezioni ed esuberi tettonici nel Ramo delle Aragoniti.
Dopo la consueta pausa di riflessione (lunga) ci dedichiamo al grande P.100 che dal Pentivio si arrampica verso i sospesi rami di Bruttadonna. A metà strada c'è un livello di gallerie, sfigate, tutt'ora da rivedere. Verifichiamo che siano sempre lì, e ci dedichiamo ad altro. Risaliamo il medesimo pozzo nella sua estremità settentrionale, dove la gran torre circolare si confonde in una profonda frattura, nella speranza di riuscire a spostarci abbastanza da intercettare qualche altra cosa che ci porti in avanti verso Labassa. Tentativo alla cieca. Dopo una ventina di metri veniamo fulminati da un feroce mal di denti (non tutti, ma quanto basta...) che ci riporta in esterno.
Per la puntata successiva siamo in duecento. La risalita finisce come al solito: dopo un'altra decina di metri la condotta che troviamo in cima è larga una spanna in meno dell'indispensabile. Si disarma.
L'altra squadra, nutritissima si dirige verso le "Che Schifo", altra meta per lo meno abusata. La consapevolezza di avere di fronte un sifone induce un'inversione di strategia: la via buona non è come da manuale quella con la circolazione d'aria, bensì quella senz'aria. Via libera quindi ai meandri stretti e pieni di lame, se, ohibò, il martello non fosse rimasto al Pentivio, e alle poche risalite rimaste vergini, se sfiga, la batteria non fosse al Pentivio a tenere compagnia al martello.
Non resta che essere positivi, abbiamo ancora qualcosa da vedere, pozzi da risalire, meandri da martellare. Ma perché quando penso che è dal 1988 che non riusciamo ad avanzare di un metro non riesco ad essere così felice?
Grotta di Fata Alcina - le gallerie interne (foto B. Vigna)
Fata Alcina...... le esplorazioni
Nicola Milanese
500 metri, appena 500 metri dividono adesso Fata Alcina da Labassa.
Sembra incredibile, ma dopo anni di scavo siamo passati.
Che Gallerie!!!!!
Grandi, molto grandi, con un bel torrente impetuoso che le percorre.
Nessuna fatica particolare per esplorare questi nuovi chilometri di questa che ora dobbiamo chiamare grotta.
Peccato che...... sia solo il sogno (per ora) di tutti noi.
La realtà è diversa, purtroppo. Due mesi di scavi intensi, non hanno portato grandi risultati.
Abbiamo svuotato dal fango una condotta di un metro di diametro lunga 6-7 metri per poi incappare in uno pseudosifone (ma non proprio), sospeso (forse), con stillicidio che lo riempie (anche d'inverno), insomma uno schifo.
Un inverno passato al buio a scavare con ricordi che capitano raramente (spero), come la piacevole scossetta (elettrica) che il martellatore dava alle dita, ma anche i miei capelli attorcigliati intorno alla punta del trapano, per non parlare della valanga umana che si gettava dallo scivoletto e poi l'acetilene di Luisa, le paranoie di Sarona, le stalattiti di ghiaccio che ti cadono a pochi metri (quando l'ingresso è sopra un paravalanghe.....), la Sessola, la marea di fango, gli scherzi stupidi nei condottini fangosi, la sorpresa di trovare nuovi rami aperti dal GSI (forse dovremmo leggerli i bollettini degli altri) e per finire il non essere riusciti a passare. Un inverno in cui abbiamo rilevato nuovamente tutta la Grotta, compresi i rami dimenticati o di "recente" esplorazione.
Un inverno passato a portare su e giù dall'ingresso un generatore.
Un inverno passato a disostruire.
Un inverno terminato quando si è riaperta la via del Marguareis, con le punte in Mastrelle e il soccorso che incombe con i suoi impegni.
Ma un altro inverno giungerà, "verso dicembre", dice il calendario, e Fata Alcina (o Ercina, come dicono gli antichi), tornerà nelle nostre menti e il suo fango tornerà fra i nostri capelli.
Non dico altro, mi sembra che per un gran lavoro, ma senza alcun risultato decente, sia già troppo scriverne.
Aspettate un annetto e un'altra Fata Ercina nascerà, stavolta davvero a 500 metri da Labassa.
Quasi una fiaba
Sara Filonzi
Era una splendida domenica primaverile, il Margua ancora tutto innevato, le grotte con i loro ingressi ghiacciati e i loro pozzi sotto cascatelle sputavano fuori speleologi abbattuti e distrutti dalla fatica.
Il Visconte ci aveva detto no. Ora rimanevano due possibilità: andare a rilassarsi in capanna o andare in battuta camminando in mezzo alla neve alta fino alle ginocchia, infradiciarsi...
Indovinate un po' chi ha preferito riempirsi di neve fin nelle mutande? Io, Igor e Donda. A dir la verità per quanto mi riguarda la mia è stata tutt'altro che una libera e spontanea scelta quanto più un "Muoviti Sarona, smettila di mangiare che andiamo a cercare buchi". Così i tre geni sono partiti alla ricerca di doline soffianti in mezzo alla neve.
Come si suoi dire "non tutto il male viene per nuocere", ed ecco che davanti a noi, al fondo della zona E, tra il Dorso di Mucca e l'abisso Putiferia, proprio in quella conca si mostra a noi un invitante buchetto che sputando aria si è liberato dalla neve e che un leggiadro lancio della pietra ha fatto presagire profonde oscurità.
Scavi a all'abisso Quasi (foto B. Vigna)
Da poco terminata la stagione invernale di scavi a Fata Alcina è così iniziata quella primaverile a "QUASI", questo infatti è il nome che Donda ha proposto e che noi abbiamo subito approvato. Umile, discreto, modesto, quale nome migliore per ricoprirsi di gloria?
La posizione in cui si trova poi non poteva che lasciar immaginare grandi esplorazioni: non un solo buco nelle vicinanze, a metà strada tra PB e La bassa, cosa si può desiderare di più... che continui ovviamente! " Là sotto c'è il mondo ad aspettarci" abbiamo pensato.
Per un paio di mesi parecchie domeniche sono state passaste a realizzare opere di disostruzione e smarini, in molti ci abbiamo creduto; Meo per poco non disegna il rilievo prima ancora di vedere la grotta dell'anno; alcuni ex-allievi appena usciti dal corso hanno avuto modo di osservare dei pazzi che si esaltavano per un buco percorribile circa 2 metri e che ad ogni
50 cm di avanzamento intravedevano gallerie aprirsi davanti a loro.
Il sogno e la speranza sono durati per un po', fino a quando Deborah, lasciatasi scivolare in un pertugio, invece di iniziare finalmente a correre lungo le condotte, è rimasta accucciata e ad una mia esclamazione interdetta ha risposto "non ho spazio per muovermi, stiamo scavando una frana".
Con questa rivelazione è terminata anche la stagione di scavo primaverile, con il Visconte che ha detto di nuovo no, forse però era un modo per farci puntare l'attenzione su quella zona dove un altro sguardo non farebbe male.
Intanto godiamoci l'estate e l'autunno per andare in grotta e aspettiamo l'inverno per rimettere piede a Fata Alcina.
Dimenticavo, il rilievo dell'abisso Quasi non è stato fatto, ma posso dire che ci siamo fatti strada per circa sei o sette metri verticalmente, al fondo c'è una piccola saletta e infilandosi in un pertugio si scivola per un altro metro e mezzo circa e lì sotto ci si accuccia pensando al modo per potersi girare ed uscire.
Attività biospeleologica 2002
Enrico Lana, Achille Casale, Pier Mauro Giachino
Ancora (e per fortuna, perché dimostra che siamo sempre vivi, e più o meno attivi...) una relazione a tre nomi, con la parte del leone affidata a Enrico. Ognuno ha avuto i suoi problemi. L'attività di E. è stata fortemente rallentata in estate da un'operazione di appendicite acuta. L'attività biospeleologica di P.M. è stata condizionata, nel corso del 2002, dal blocco pressoché totale delle attività di ricerca sul campo realizzate per conto del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. In particolare, le previste campagne di ricerca in Tasmania e Grecia sono state attuate usufruendo dei periodi di ferie e utilizzando un contributo parziale dell'Accademia Nazionale dei Lincei di Roma, per la Tasmania, e fondi personali per la Grecia. L'attività di A. ha sofferto, come al solito, di cronica mancanza di tempo. Comunque, come si vedrà, qualcosa si è fatto.
Rhinolophus hipposideros
Alpi occidentali
La primavera ha tardato a venire, limitando le uscite.
Enrico, con i suoi compagni di uscite cuneesi (Chesta, Spissu, Elia), ha cominciato in aprile a fare una serie di visite nella zona di Rossana, riesplorando e rilevando completamente una serie di cave di alabastro sul monte Pagliano, sopra Busca, nella maggiore delle quali si apre la Grotta della Marmorera, residuo delle cavità naturali lungo le quali si è sviluppata l'attività estrattiva. Questi cañons artificiali stretti e molto alti, con residui di concrezioni sulle pareti, costituiscono un microhabitat particolare: nei più estesi, una volta varcata la soglia dissimulata dagli arbusti e dall'edera, è avvertibile chiaramente un repentino abbassamento di temperatura, un vero e proprio termocline. Questo ambiente ombroso si è rivelato l'habitat ideale del ragno troglofilo Pimoa (=Louisfagea) rupicola, che si può rinvenire numeroso negli anfratti più oscuri ed in particolare all'ingresso della Grotta della Marmorera, insieme con
altri ragni troglofili come Meta menardi e Meta merianae. A fine aprile, una battuta sul lato nord dello stesso monte ha permesso agli stessi di scoprire una nuova cavità, semidistrutta dalla locale cava, piccola, ma molto concrezionata, che è stata battezzata "Grotta della cava nord di Rossana"; qui, oltre ai tipici ragni troglofili (Meta menardi, Meta merianae, Louisfagea rupicola e Tegenaria silvestris), E. ha osservato l'ortottero Dolichopoda ligustica, il dittero Limonia nubeculosa, fra i sassi del fondo piccoli isopodi (Trichoniscus) e svariati nicchi di lumache troglofile (Oxychilus draparnaudi, O. glaber) ed un esemplare di chiocciola proveniente dall'esterno (Chilostoma zonatum).
Petaloptila andreinii
All'inizio di giugno E. è andato con Giuliano Villa a visitare la Balma del Servais, a quota 1400 m s.l.m. ca. sopra Ala di Stura nelle Valli di Lanzo; si tratta di una cavità catastata perché di interesse antropologico per le forme di vasi scavati nella pietra ollare, ma di scarso interesse biospeleologico essendo completamente illuminata. Al contempo, però, Giuliano aveva scoperto un'altra cava, posta ca. 50 m più in quota e, durante il sopralluogo, ne è stata trovata una terza a metà strada fra le due; considerando la vecchia come "Balma A", E. e Giuliano hanno denominato come "B" e "C" le altre cave che, al contrario della prima, sono notevolmente oscure, con ingressi piuttosto piccoli e dotate di un ottimo ambiente ipogeo, abbastanza umido e fresco. In effetti gli animali rinvenuti confermano queste caratteristiche. In una piccolissima conca scavata sul fondo della cava superiore (B) si raccoglie acqua sufficiente a permettere la sopravvivenza di svariati esemplari di un Niphargus, gamberetto stigobio, mentre nelle zone limitrofe è possibile osservare sotto i sassi crostacei isopodi specializzati (Alpioniscus cfr. feneriensis). Sulle pareti ragni troglofili (Meta menardi, M. merianae, Nesticus eremita, Lepthyphantes sp.) e un paio di esemplari di un opilione piuttosto specializzato (Ischyropsalis sp.; nelle zone più interne E. ha raccolto alcuni esemplari di un ragnetto troglobio (Troglohyphantes sp.). Sulle pareti presso l'ingresso si notano alcuni Ditteri troglofili (Limonia nubeculosa) e nelle zone più umide chiocciole troglofile (Oxychilus
cfr. glaber e Phenacolimax sp.).
Nello stesso periodo, la visita a una miniera e ad una vicina cavità naturale in località Quagna nella media Valle Grana ha permesso di rinvenire una serie di elementi troglofili con diversi gradi di specializzazione: diplopodi troglobi (Plectogona sp.), ragni troglofili (Meta menardi, M. merianae, Tegenaria sp.) e troglobi (Leptoneta sp.), insetti eutroglofili (Dolichopoda ligustica, Limonia nubeculosa e il carabide sfodrino Sphodropsis ghilianii).
A metà giugno, una breve visita insieme a Claudio Arnò a piccole miniere nel Pinerolese, comune di S. Pietro Val Lemina, oltre a ragni troglofili banali, ha fruttato il ritrovamento di 2 esemplari di ragnetti specializzati (Leptoneta sp.) oltre a 2 opilioni erebomastridi (Holoscotolemon cfr. oreophilum).
Nella seconda metà di giugno, sulla base di vecchi resoconti dei Pinerolesi e con l'aiuto di uno di loro (Luca), è stata ritrovata quella che era citata in letteratura come "Grotta del Tiro a Volo" sotto al paese di Alpette, alla testata orografica destra della Valle Locana (Cuorgnè). Si tratta di un'estesa frattura tettonica che si apre in un bosco ombroso esposto a nord, alla base di una rupe sulla quale è posto un campo di tiro a volo, come testimoniato dai residui di piattelli sparsi ovunque. Una breve visita ha permesso a E. di rinvenire ragni troglofili (Meta menardi, M. merianae e Nesticus eremita) e 2 esemplari di opilioni troglofili (Ischyropsalis sp.).
A fine giugno, E. ha fatto l'ultima uscita prima di esser ricoverato in ospedale: è tornato con Mike Chesta alle grotte dei Chiappi, sopra Castelmagno in alta Valle Grana; qui, oltre a elementi troglofili come Meta menardi, Limonia nubeculosa, Dolichopoda ligustica (popolazione a 1900 m s.l.m.!!), Sphodropsis ghilianii, ha osservato anche un Tricottero, raccolto nicchi di gasteropodi (Oxychilus, Chilostoma) e catturato diplopodi specializzati (Crossosoma sp.) e ragni troglobi (Leptoneta sp.).
All'inizio di luglio, ricovero d'urgenza di E. per appendicite acuta con immediato intervento chirurgico, lungo ricovero e conseguente convalescenza.
Già nella prima metà di agosto E. ha iniziato le prime uscite "leggere" con una visita alla Grotta dei Folletti di Novalesa, insieme con Giuliano Villa, per il rilievo della cavità; ne ha approfittato per fare osservazioni sulla fauna locale, riscontrando diplopodi (Polydesmus sp. non specializzato, rosato), ragni troglofili osservati (Meta menardi) o raccolti (Nesticus eremita, Pimoa rupicola), numerosi ditteri (Limonia nubeculosa), numerosi nicchi ed esemplari di chiocciole troglofile (Oxychilus draparnaudi e glaber); inoltre ha raccolto coleotteri colevidi endogei (Bathysciola cf. pumilio e un'altra specie di medie dimensioni scura, batiscioide). Sul pavimento sono presenti numerose ossa di canidi e artiodattili.
È seguita una visita ai sotterranei di un forte militare della 2ª guerra mondiale nell'alta Valle della Stura di Demonte (Forte nord delle Barricate o Opera 6), che ha permesso a E. di osservare Meta menardi e raccogliere altri ragni specializzati (Leptoneta sp.); ha inoltre osservato Dolichopoda ligustica e farfalle troglofile (Triphosa dubitata e sabaudiata) oltre a nicchi ed esemplari vivi di Oxychilus cf. draparnaudi.
A fine agosto un'altra visita con rilievo parziale alla Grotta del Tiro a Volo di Alpette insieme con Giuliano Villa; oltre agli elementi già raccolti in primavera, la visita ha permesso di osservare anche un piccolo isopode trichoniscide, ragni (Tegenaria sp.), alcuni dipluri, ditteri, imenotteri icneumonidi (Amblyteles quadripunctorius), chiocciole (Helicodonta obvoluta) e di raccogliere Sphodropsis ghilianii.
Nella seconda metà di settembre (con M. Chesta) E. ha fatto un'uscita di medio impegno sopra Valdieri salendo al colle della Bastìa, e durante la salita è entrato nella Cava 2 di ardesia (dove l'anno scorso aveva trovato Duvalius carantii) e qui ha raccolto un ragno troglofilo
(Nesticus eremita) ed uno troglobio (Troglohyphantes sp.), osservato farfalle (Triphosa dubitata e sabaudiata) e Dolichopoda ligustica; presso l'ingresso inoltre ha raccolto un nicchio di gasteropode (Oxychilus cfr. glaber). Arrivati nella Valle Infernetto, retrostante la Bastìa, dopo una bella camminata si è giunti alle due grotte che si aprono al termine del fondovalle. La Grotta inferiore dell'Infernetto (o dei Morti) ha permesso a E. di osservare ragni troglofili (Meta menardi e merianae), farfalle (Triphosa dubitata e sabaudiata, Scoliopterix libatrix), zanzare (Limonia nubeculosa), cavallette (Dolichopoda ligustica) e chiocciole (Oxychilus cfr. glaber); ha inoltre raccolto 2 diplopodi craspedosomatidi (Plectogona sp.). Nella Grotta superiore dell'Infernetto (15 m sopra la inferiore) ha osservato farfalle, zanzare e cavallette come nella precedente, ma anche tisanuri (Machilis sp.); la grossa sorpresa riservata da questa grotta è stata però la presenza, nel laghetto terminale, di alcuni esemplari di una planaria totalmente depigmentata e molto specializzata.
Nell'ultima settimana di settembre, con Claudio Arnò E. ha visitato la Grotta della Chiesa di Santa Lucia sopra Villanova Mondovì e qui ha raccolto ragni troglofili (Nesticus eremita) e più specializzati (Leptoneta cf. crypticola), osservando inoltre una bella nidiata di Troglohyphantes neonati e qualche subadulto. In questa occasione ha raccolto svariati esemplari di isopodi (Buddelundiella sp.), un diplopode specializzato (Plectogona sp.) e osservato qualche cavalletta (Dolichopoda sp.).
Italaphaenops dimaioi
A fine settembre E. ha effettuato il primo serio collaudo della tenuta dei punti di sutura della sua appendicectomia con una salita solitaria alle Cave del Servais dove, oltre ai crostacei, ragni, opilioni e gasteropodi trovati nella prima uscita, ha potuto osservare cavallette troglofile nella "Cava C" (Dolichopoda ligustica: attualmente si tratta della segnalazione più settentrionale per questa specie) e ha raccolto (Cava C) un bellissimo diplopode craspedosomatide depigmentato di forma e soprattutto di larghezza sensibilmente diversa rispetto a quelli che si trovano nelle grotte del Piemonte meridionale; inoltre nella "Cava B" ha raccolto Sphodropsis ghilianii.
Nello stesso periodo ha fatto la sua terza uscita solitaria alla Grotta del Tiro a Volo di Alpette dove ha raccolto ragni, crostacei, opilioni, gasteropodi come nelle visite precedenti, ma ha anche catturato un ragno troglofilo (Lepthyphantes sp.), due pseudoscorpioni (Roncus sp.) ed un carabide Anillino (Binaghites sp.) e osservato una salamandra pezzata (Salaman-
dra salamandra).
Grotta A di Ponte di Veja (VR)
All'inizio di ottobre E. ha fatto con Giuliano Villa (che non ne conosceva l'ubicazione) una visita in Val Chisone alla Balm Chanto, riparo preistorico a cui Giuliano era interessato; molto più interessante da un punto di vista biospeleologico è stata la visita all'adiacente "Tuno da Diaou" (Tana del Diavolo), grotta tettonica che raccoglie la fauna troglofila della zona; qui E. ha osservato farfalle (Triphosa sabaudiata e dubitata), ditteri (Limonia nubeculosa), due ghiri (Glis glis) che si sono arrampicati in un camino, e ha raccolto ragni troglofili (Meta menardi, Pimoa rupicola e Lepthyphantes sp.).
In seguito, con Mike Chesta di Cuneo, E. ha fatto visita a cavità della Costa Lausea, nella Val Grande di Palanfrè; nella Grotta G4 (quota 1500 m s.l.m.) ha osservato ragni (Meta menardi, Pimoa rupicola), opilioni Phalangidae, Tisanuri (Machilis sp.), farfalle (Triphosa, le due specie), ditteri (Culex pipiens e Limonia nubeculosa), cavallette troglofile (Dolichopoda ligustica), chiocciole (Chilostoma, Helicodonta) e raccolto diplopodi (Polydesmus sp. troglofilo, Plectogona sp.) e Sphodropsis ghilianii. Nella grotta G5 o Grotta delle Ossa (1500 m s.l.m.), così chiamata per gli abbondanti resti di camoscio (Rupicapra rupicapra) presenti, ha osservato opilioni, ragni, farfalle e zanzare come nella G6, raccolto gli stessi diplopodi e Sphodropsis, ma in più ha rinvenuto ragni troglofili (Tegenaria sp.) e troglobi (Leptoneta sp.); da ricordare che in questa grotta l'anno precedente E. aveva osservato (ma non raccolto) un trechino, identificato con buona approssimazione come Duvalius cf. carantii. Le peregrinazioni di quest'anno alla base della Costa Lausea hanno permesso di scoprire una nuova grotta di una sessantina di metri che è stata subito battezzata "G7 o Grotta dei Vecchietti" (con riferimento all'ormai avanzata età anagrafica degli scopritori); si tratta di una bella cavità con 2 ingressi, gallerie freatiche ed una discreta sala. Un esame preliminare ha permesso a E. di osservare tutta la popolazione troglofila di ragni, cavallette e zanzare delle altre grotte (G5 e G6), ma la grotta merita ricerche più approfondite.
A fine ottobre, Giuliano Villa ed E. hanno ritrovato la grotta "La Büra" sopra il paesino di Arnodera in Valle di Susa; si tratta di una notevole frattura tettonica, molto alta e con un arco di roccia all'ingresso, cui si accede attraverso un lungo scivolo con abbondante detrito. Si è fatto un nuovo rilievo della cavità, vista la schematicità di quello pubblicato sui primi numeri di "Grotte"; E. vi ha raccolto un diplopode (Glomeris sp.) e un paio di Pimoa rupicola.
Nella prima settimana di novembre, E., P.M. e alcuni membri del locale gruppo mineralo-
gico hanno fatto una visita alle Gallerie Bertolino (q. 890 m s.l.m.) delle Miniere di Traversella, in Val Chiusella. Qui hanno ritirato una dozzina di trappole posizionate da P.M. in luglio (mentre E. era sotto i ferri), che hanno dato come esito solo pochi esemplari di Sphodropsis ghilianii e non la tanto sperata Canavesiella. In questa occasione E. ha raccolto alcuni esemplari di planarie depigmentate che poi, sottoposte alle planariologhe dell'Università di Sassari, sono risultate appartenenti a due specie di Dendrocoelum; inoltre sono stati raccolti crostacei troglobi gammaridi (Niphargus sp.) e isopodi (Alpioniscus cfr. feneriensis), diplopodi sub-troglofili (Polydesmus sp.), ragni troglofili (Meta menardi, Nesticus cfr. eremita, Lepthyphantes sp.) e più specializzati (Troglohyphantes sp.) e osservati opilioni Phalangidae.
A metà novembre, una battuta di E. con M. Chesta sopra Palanfrè (Val Grande) ha permesso di scoprire una nuova, piccola cavità con ingresso minuto, corridoio e saletta in salita, denominata "Grotta E di Tetti Bedon". Nonostante l'esiguità della grotta, E. vi ha raccolto un crostaceo isopode (Buddelundiella sp.), un diplopode troglobio (Crossosoma sp.), un chilopode (Lithobius sp.), ragni troglofili (Meta menardi) e troglobi (Leptoneta sp.) e nicchi di gasteropodi (Oxychilus cfr. glaber).
Nella seconda metà di novembre, un'uscita solitaria ai budelli claustrofobici e fangosi della grotta nei gessi di Meane ("la Valentina"), presso Cherasco, ha permesso a E. di raccogliere crostacei (Buddelundiella sp. e un Trichoniscus piccolo mediamente pigmentato), diplopodi (Polydesmus sp. poco specializzato, rossastro), un grosso chilopode (Eupolibothrus sp.), ragni (Nesticus eremita, Tegenaria sp., Meta merianae), piccoli gasteropodi chiari con nicchi di ca. 3-4 mm; osservati inoltre zanzare (Culex pipiens) e grilli troglofili (Petaloptila sp.) già rilevati in altre occasioni.
E. ha chiuso l'attività sul campo del 2002 con una seconda visita alla Tana del Diavolo presso la Balm Chanto a Roreto Chisone, dove ha raccolto alcuni esemplari di diplopodi craspedosomatidi (Crossosoma sp.), ragni troglofili come in primavera ed inoltre 3 esemplari di un Troglohyphantes già raccolto in passato da Achille e determinato dal Brignoli come T. vignai; ha inoltre raccolto un Ischyropsalis specializzato (2° esemplare dopo quello che aveva già raccolto all'inizio degli anni '90) ed osservato opilioni Phalangidae e zanzare (Culex pipiens).
Tasmania
La campagna di ricerche in Tasmania, realizzata in collaborazione con Mauro Daccordi del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, si è svolta in gennaio ed aveva come scopo principale il recupero delle trappole lasciate in Ambiente Sotterraneo Superficiale e in grotta nel corso della precedente spedizione del dicembre 1999. Accompagnati dall'amico Giovanni Bertelle (Jonny di Feltre per i vecchi del GSP), ormai trapiantato in forma stabile in quel di Franklin a pochi chilometri da Hobart, e dal figlio Che, P.M. e Mauro hanno rivisitato la grotta Mistery Cave presso Ida Bay, che oltre ad offrire lo straordinario spettacolo, simile ad un cielo stellato, delle larve luminose del Dittero Arachnocampa luminosa, ha fruttato in trappola qualche esemplare di Idacarabus, Coleottero Carabide Zolino specializzato. Le trappole lasciate in Ambiente Sotterraneo Superficiale nella zona di Lake Dove nel Cradle Mountain National Park non hanno invece dato i frutti sperati, non consentendo la cattura di elementi specializzati, a differenza delle indagini compiute in ambiente endogeo mediante vagliatura di suolo profondo: queste ultime hanno invece rivelato la presenza, nuova per la Tasmania, di Carabidi Anillini.
Grecia
La campagna di ricerche in Grecia, realizzata da P.M. in collaborazione con Dante Vailati del Museo di Scienze Naturali di Brescia, si è svolta in giugno e ha toccato numerosi massicci montuosi del Peloponneso, della Grecia continentale e dell'Isola Eubea. Come sempre le tecniche di indagine miravano al reperimento, in Ambiente Sotterraneo Superficiale, di fauna specializzata mediante la posa, e il successivo recupero, di trappole. Sono stati indagati i seguenti massicci montuosi: Lambia, Líkeo, Tetrazi, Taigetos, Parnon e Oligirtos in Peloponneso; Dírfi e Óhi in Eubea; Gióna, Óthris, Vardoússia, Kaliakoúda, Váltou, Lákmos, Athamáno e Tímfi in Grecia continentale. Ovviamente, ove possibile, sono state indagate anche alcune grotte presenti in zona, come quelle dell'altopiano di Stoúros nel Tímfi (Grotta delle Ossa Sparse e Pozzo del Ginepro) con la raccolta di Duvalius comottii, di Duvalius merisioi e di un Leptodirino o, sempre nel Tímfi, di un pozzo a neve presso Vradéto che ha rivelato la presenza di una terza specie di Duvalius su questo massiccio montuoso. Minore fortuna ha riservato il Gióna, dove il pozzo, con diametro iniziale di circa 15 metri, scoperto nel giugno del 2000 e nel quale erano state poste alcune esche, si è rivelato completamente ostruito dalla neve! Una sorpresa straordinaria ci ha riservato invece l'Eubea, dove nella grotta di Ag. Triada presso Káristos, già nota per la presenza di una specie di Leptodirino del genere Henrotiella, è stata scoperta una nuova specie di un Coleottero Carabide Sphodrino, appartenente a un nuovo genere, attualmente in descrizione da parte di A. e di P.M.
Sardegna
Attività discontinua di A. in Sardegna con gli amici del G.S.S. In particolare, qualche uscita nei Supramonti con Giuseppe Grafitti, talora allietata da eccellenti grigliate, ha fruttato risultati molto interessanti, sviluppati nel corso dell'anno successivo con Enrico (ma di questi si racconterà diffusamente in seguito).
Il Ponte di Veja (VR)
Slovenia
Approfittando del rientro da un breve viaggio in Transilvania (una sorta di pellegrinaggio nei luoghi dove lavorò il grande biospeleologo R. Jeannel), A. ha potuto coronare uno dei sogni della sua vita, ossia quello di osservare vivo e vitale, nel suo ambiente naturale, il colevide leptodirino Leptodirus hohenwarti, il primo organismo troglobio ultra-specializzato ufficialmente descritto nella letteratura biospeleologica. Con famiglia e cane-speleo al seguito (quest'ultimo ormai un po' acciaccato per i suoi 15 anni di età...), e con la guida del triestino Giorgio Colombetta, ha rivisitato una grotta presso Obrov (Obrova Jama), prossima al confine italiano e situata in
una splendida foresta. Tale grotta, già visitata con lo stesso scopo qualche anno prima con E. e P.M. al rientro dal Simposio Internazionale di Biospeologia di Makarska (Croazia), ci aveva deluso in quella occasione. Questa volta, invece, il Leptodiro, vagante sulle grandi concrezioni e sulle stalagmiti, c'era eccome, insieme con Typhlotrechus, Neobisium, e con tutta la fauna ipogea tipica di quell'area!
Varie
All'inizio di settembre A., E. e P.M. hanno tutti preso parte al XVI Simposio della Società internazionale di Biospeleologia a Verona, ed in concomitanza del congresso hanno visitato alcune grotte del Veronese. In particolare, alla grotta A di Ponte di Veja E. ha raccolto 2 esemplari del raro Polidesmide Serradium semiaquaticum, un diplopode detritivoro specializzatissimo con apparato boccale modificato per nutrirsi filtrando il velo d'acqua che ricopre le concrezioni; nella grotta Roverè 1000 E. ha raccolto 1 esemplare di Neobathyscia ed uno pseudoscorpione. Alla Cava Brentani in Valpolicella, in compagnia di Gianfranco Caoduro, si è rivelata ancora una volta inutile la ricerca del rarissimo coleottero trechino Lessinodytes caoduroi, mentre sono stati osservati alcuni esemplari di Orotrechus juccii e vari Troglojulus. Molto meglio sono invece andate le visite ripetute al Laboratorio di Biologia sotterranea gestito da Gianfranco, dove E. ha potuto realizzare una buona serie di fotografie del mitico Italaphaenops dimaioi, il coleottero trechino troglobio più grande al mondo (ca. 15 mm). Questo congresso è stato anche una bella occasione per incontrare personaggi della biospeleologia europea (come Genest e Proudlove) e nazionale, come Messana, Taiti e Grafitti. E., in particolare, ha preso accordi con Taiti affinchè prenda in esame gli isopodi che ha raccolto negli ultimi anni (Trichoniscus e Buddelundiella) e con Grafitti per una serie di visite fotografico-biospeleogiche in Sardegna per il 2003. A. segnala invece l'inossidabilità del mitico Shun Ichi Uéno, uno dei miti della biospeleologia giapponese: ultra-settantenne (quanto "ultra" sia nessuno lo sa, era identico nel 1992 a Pechino, e nel 1996 a Firenze), è stato visto in mutande cambiarsi la tuta speleo seduto in una strada, infilarsi per primo in qualsiasi buco, e assistere immancabile a ogni comunicazione congressuale senza mai distrarsi. Con gente così, è inutile, non ce la si può fare!
Fra le varie, infine, va detto che per tutto l'anno A. ed E. sono stati impegnati con Carlo Balbiano e Giuliano Villa nell'elaborazione del Dizionario Italiano di Speleologia; E., in particolare, è stato particolarmente impegnato nell'impaginazione, nella correzione e nella redazione "telematica e informatica" di quest'opera che un giorno, forse, vedrà finalmente la luce.
Le foto a corredo dell'articolo sono di Enrico Lana
a pag. 14 - Rhinolophus hipposideros
a pag 15 - Petaloptila andreinii
a pag 17- Italaphaenops dimaioi
a pag 18 - Grotta A di Ponte di Veja (VE)
a pag 20 - Ponte di Veja (VE)
Micro
Marco Marovino (MM) & Riccardo Dondana (RD)
"Siamo i rigetti del sistema
Ma le catene che portiamo
Prima o poi le spezzeremo
Attack !! Attack !!"
(Attack; Rappresaglia)
La nebbia patina gli inverni di noia. Gli inverni che restringono il campo d'azione, spargendo gelo e valanghe sui monti più lontani, gli inverni che mescolano storie riannodandole senz'ordine, quegli stessi grassi inverni che fanno pensare "che fare quando sarà nuovamente sole?". In un humus così fertile riaffiorano, facile, dubbi che il tempo aveva sepolto; tristi ricordi di nicchie, strettoie insuperabili e lugubri traversi che vi avevano spento in faccia la luce dell'abisso, ricompaiono dalle polveri della memoria, per dissolversi presto, sostituiti dal ricordo delle loro storpiature; è così che nascono neri finestroni, ampi e promettenti, meandri facilmente allargabili e arrampicate banali prone alla grande esplorazione. Sarà mica il caso d'andarci a buttare un occhio?
L'inverno plasma a suo gusto le menti molli degli speleo rinsecchiti, condannandole ad un eterno revisionismo, che va tanto di moda ora. Chi può sottrarsi? Voi, noi? No, noi no. Noi no, si okkei, ma noi chi? Noi figli di un gruppo che non ci voleva più come sempre eravamo stati, noi soltanto più nipoti di nessuno, liberi di sbandare oltre i limiti del vigilante di turno oppure noi ospiti del solito, accoglientissimo orfanotrofio che si chiama GSP?
Noi non si sapeva, ma non era poi così importante sapere, quel limbo andava benissimo e certo la voglia di fare qualcosa non era venuta a mancare, in quegli anni in cui, quelli là, dilapidavano la nostra speleologia in ipocrisia e bassezze.
Piccole storie di quel periodo inchiostrano le pagine che seguono.
Piccole, magari marginali, ma libere da ogni fottutissima catena che il frustrato poltronaro, il falso, o il bieco scientofilo cercano di buttarti addosso ogni volta che ti dimentichi di ripararti dal fuoco "amico".
(MM)
Grotta delle Arenarie
La grotta delle Arenarie è stata per anni la nostra palestra, il nostro parco giochi. È sita sul monte Fenera, in provincia di Borgosesia e pertanto molto vicina a Biella, patria del nostro ex gruppo.
L'inizio di tutto fa riferimento ad una punta dei primi mesi del '94, prima volta che mettiamo piede nelle zone prossime al vecchio ingresso: una risalita nella zona del pozzo Biella è il pretesto per andare a vedere questi posti non ancora rilevati o forse si, ma con i dati persi in casa di chissà chi.
Negli anni successivi i nostri interessi si spostano verso altre zone della grotta, come il ramo di Capodanno, finestra sul camino da 80 m che porta ad un interstrato lungo più di 200 m percorso da un piccolo corso d'acqua, ma carente nel rilievo (solito motivo) o come il ramo dell'acqua, anche questo scarso nei disegni (sarà un caso?), che ci regala una bella sala, sala Mandra, e un interstrato da scavare che punta verso la Bondaccia, l'altra grotta significativa della zona.
A fine '99 inizia il rilievo di tutti i rami che partono dal pozzo Biella e che ci vedrà impegnati, con sporadiche punte, fino al 2002.
Dal fondo del pozzo parte infatti una frattura in salita, a tratti stretta, che porta in una sala ingombra di massi, poi, con un passaggio in frana, percorriamo una galleria che ci conduce ad una finestra dello stesso pozzo: questa è la zona che si era vista nel '94.
Dopo un periodo di stallo, in una punta a due, torniamo a rilevare in Arenarie, trovando un grosso ambiente impostato 90°-270° con un camino che risale un po' spostato da questa evidente frattura. Il camino sarà risalito in una punta successiva, ma non darà i risultati
GROTTA delle ARENARIE - Parco del M. Fenera - Borgosesia - Rami nuovi
Explo-Topo: Marovino, Dondana - Disegno: Marovino, Dondana
sperati.
Nella stessa punta dedicata alla bussola e all'inclinometro, ci ritroviamo nell'unico vero accenno di freatico della grotta, che punta anche lui in direzione est e che ci porta ad una finestra sul pozzo del Trono, risparmiandoci un'oretta di schifosità.
Altro buco spazio-tempo e torniamo a rilevare i due rami lasciati indietro, proprio all'altezza del Trono. Tutti e due arriviamo ad una finestra su un pozzo, che ipotizziamo essere il pozzo dell'Acqua, poi smentiti dal rilievo. Ci concediamo anche 20 m di freatico piccolo piccolo, ma nuovo nuovo, che sembrava puntare verso il ramo dell'Acqua, e quindi verso la Bondaccia, ma che invece sta esattamente sopra il ramo appena percorso.
La lontananza forzata dal nostro gruppo ci tiene a debita distanza anche dalle Arenarie, così, per ora, non siamo riusciti a levarci gli ultimi dubbi, ma siccome la memoria incominciava a fare cilecca e per non fare lo stupido errore dei nostri predecessori, ci è sembrato giusto scrivere queste righe perché il lavoro fatto non vada perso.
Ancora qualcosa rimane da fare: scendere gli ultimi due pozzi per capire bene dove ci troviamo, e capire pertanto se abbiamo ciccato in pieno il rilievo; provare a traversarli, alla ricerca dell'eventuale continuazione delle gallerie; provare ancora ad andare a scavare in sala Mandra, sperando nella giunzione con la vicina Bondaccia, cruccio da sempre del nostro ex gruppo.
(RD)
Una foto dei due autori: Marco e Riccardo
Zabriskie
Scoperte dal nizzardo Centre Mediterranéen de Spéléologie nel 79, le Zabriskie srotolano spazi ariosi e tettonici per quasi una kilometrata, sotto la pelle della Conca delle Carsene, spingendo l'omonimo Sistema (in direzione, amonte, Est/Sud-Est), in prossimità del Valmar (-480; 4 km), anch'esso di marca transalpina, esplorato sul finire degli odiosi 80 sino ai primi, anche peggio, 90.
La vicinanza tra le grotte diventa la scusa che ci spinge ad andare a vedere come sono fatte queste gallerie. Le scopriremo parecchio belle, alternanti tratti meandreggianti a freatici particolarmente meritevoli.
Impostate su fratture anche ortogonali per via delle quali si incontrano svolte di 90° o più, si sviluppano nell'abisso Cappa sul piano di -350 (dal Denver, entrata più bassa del Sistema), con un andamento zigzagante. Mai strette, però lunghine diventano, nei tratti finali, di più piccole dimensioni, acquistando lentamente quota.
Le visite che le Zabriskie ricevono, inframmezzate a mille altre cose, sono a singhiozzo, a partire dal 96 sino 2001, con una cadenza praticamente annuale.
ABISSO CAPPA - Gallerie Zabriskie - Conca delle Carsene -
alta Valle Pesio, Marguareis, Alpi Liguri
Topografia - disegno: Marovino, Dondana, Alterisio, Dutto, Nazza, Ettore.
Dilazionati come le punte, si otterranno 1 - l'attrezzamento dell'intero percorso altrimenti difeso da arrampicate brutali (leggi mortali), 2 - un rilievo che sostituirà il precedente, incompleto.
Nessuna novità esplorativa dunque, non tanto perché non la si abbia trovata, ma più che altro perché il tempo è stato speso per capire che faccia avevano quei posti.
Qui, come altrove, occorrerà tornare, a sfarettare verso l'alto, a scendere i numerosi pozzi, alcuni con acqua, che le sfondano, a stanare il Valmar e, meglio ancora, a cercare di capire come mai pare non abbiano afflu/diffluenze.
(MM)
Cocomeri
L'ingresso dei Cocomeri è posizionato circa 250 m sopra il Pis del Pesio, leggermente spostato ad Est.
"Giornata finita, si finisce il rilievo (il pozzo è da 80 m) e si esce un po' scornati. Ma qualcosa di strano c'è ancora e le domande percorrono le teste dei protagonisti". Così si conclude, su Grotte n° 134 settembre-dicembre 2000, l'articolo di Nick sulle esplorazioni dei Cocomeri, ma nell'estate dell'anno dopo si riprende con nuova lena per toglierci alcuni dubbi ancora rimasti in sospeso, il primo dei quali è la risalita sopra il pozzo da 80m.
SEZIONE - Grotta dei Cocomeri in salita
Explo-Topo: Marovino, Dondana 2000
Disegno: Marovino, Dondana
In quattro arriviamo all'ingresso all'alba, dopo una salita delirante tra cene luculliane, Leffe a profusione e inquietanti occhi fosforescenti a fissarci lungo il sentiero, confusi dalla notte e dalla boscaglia.
Entriamo in quattro e, con il fido Makita, risaliamo per 30m fermandoci per morte delle batterie a 5m dalla partenza di quello che poteva e doveva essere qualcosa. Sarà la punta successiva a stamparsi sul soffitto affrescato del camino, restaurare, disarmare e andarsene con i sacchi e le pive.
Sempre in quell'anno si ritorna in zona per levarci un altro tarlo che ci rode nella testa. Il rilievo ci indicava una finestra a pochi metri d'altezza con del nero ad illuminarla di esplorazione.
Nonostante il solito trapano che fa le bizze, anche se stavolta è il vidia delle punte, riusciamo a raggiungerla, fermandoci in un meandro con un'ulteriore risalita da fare, ma siamo costretti a tornare indietro giusto in tempo per la nostra Urissa.
La settimana dopo siamo ancora più agguerriti e continuiamo l'esplorazione. Dopo 60m in salita con direzione 120° circa intercettiamo una frattura orientata 90°-270° che ha originato una sala di circa 10 per 4. Cerchiamo inutilmente una prosecuzione, ma tra le frane, i passaggi stretti e la scarsezza d'aria, siamo costretti a tornare indietro con il solito sacco e le
ABISSO VENTO - Sezione
Conca delle carsene - alta Valle Pesio Marguareis - Alpi liguri
Explo-Topo: AGSP 2002 - Disegno: Balestrieri, Dondana
solite pive.
Nel 2002 sarà invece Luca a condurre altre risalite nel camino iniziale, ma il solito affresco e il solito restauro saranno protagonisti.
Cose da fare: sicuramente il fondo del pozzo da 80 necessita di una disostruzione, in più la morfologia della grotta sembra indicare un grosso bivio, chiuso da frana, in corrispondenza della fine della grossa galleria iniziale. Un'occhiata quando si decide di disarmare dissiperà ogni dubbio.
(RD)
Fascia
Conca delle Carsene e Cappa continuano ad essere intrisi di stagnanti skazzi personali; diventano luoghi carichi di tensione, pesanti, in cui ricordi di splendide giornate ed esplorazioni cedono il passo a memorie ben più imbastardite. Urge cambiare aria. Dove andare? Le Rocce della Fascia, complice il promettente buco scovato l'anno prima (2000), diventano il nuovo parco giochi (dove parco significa taccagno e giochi significa pochi), ove poter dimenticare le pochezze carsenesi.
Il promettente buco si chiama Vento, pomposo epiteto di un sogno, pomposo pure lui, dissolto in fretta, come al mattino i sogni sono soliti fare.
Un mattino che ovviamente arriva soltanto dopo numerose puntate, in cui i brividi esplorativi mai hanno superato quelli del freddo classico che si sopporta durante le campagne disostruttive.
Ora, quello che originariamente era una tana per marmotte, potrà essere accreditato come abissetto, grazie al paio di pozzetti che stanno oltre l'ingresso. Una 70 e una 15 vi
La Conca delle Carsene vista dalla Capanna Morgantini (foto A.Eusebio)
ABISSO VENTO - Planimetria
Conca delle Carsene - Alta valle Pesio - Marguareis - Alpi liguri
Explo-Topo: AGSP 2000-2002 - Disegno: Balestrieri, Dondana
PIS DEL DUCA - Planimetria
Alta Valle Pesio - Marguareis Alpi liguri
permetteranno di andare a constatare di persona quanto brutto sia questo posto, spalmato com'è di latte montano, che ne insudicia la seconda parte e pure lo strettissimo meandrino del fondo.
Sparato oltre i 2400 m su un affaccio panoramico da cui spaziare sulle rifuggite Carsene, Vento rimane comunque la grotta più alta del Marguareis Settentrionale.
Tutta da provare rimane l'appartenenza di questa dorsale al Sistema di Cappa e soci, dato che, né abissi profondi, né tanto meno corsi d'acqua interni sono stati ancora esplorati.
A fine stagione, come il gatto con il topo, la Fascia ci regala un altro ingresso, per costringerci a giocare ancora con lei; così, nel 2002, nasce LPC, che rivelerà la sua vera identità di sola, nascosta dietro quell'ostentata faccia di meandro perbene, solo dopo averci spremuto come arance per tutta l'estate.
LPC è acronimo di LaPatriaChiama, a sua volta acronimo di naja e menate varie.
È poco più che catastabile, guarda anch'esso le Carsene da molto in alto, chiude nello strettissimo ed è gonfio di latte di monte. Non è certo quello che si dice un bel buco.
(MM)
Vivere sotto una falesia (foto D. Alterisio)
Pis del Duca
Dal Passo del Duca, in Val Pesio, una traccia di sentiero che costeggia le falesie nord della Conca delle Carsene, porta a questo vecchio buco (GSAM ? , CMS 1974) che si apre, in parete, ad una quindicina di m da terra.
Una serie di passaggi stretti, accompagnati da una forte corrente d'aria, portano alla sommità di un salto, profondo tanto quanto si risale per raggiungere l'ingresso, al cui fondo si sviluppa (NE-SO) un vasto salone ingombro di frana. A SO una strettoia dà su un ulteriore salto di una decina di metri. Alla base, un ambiente parallelo alle pareti esterne (N-E) non dà adito ad altre prosecuzioni.
Qui, una risalita di una 20na di m, peraltro già fatta da altri (CMS), raggiunge un arrivo che chiude subito. Un'altra risalita è stata iniziata nel Salone Principale. A +20 mancano ancora 7-8 m alla sommità. Un tot di chiodi ed un rettangolo nero che sembra una finestra ci diranno cosa ne pensa la grotta delle nostre intenzioni. Diabolicamente posizionata, potrebbe entrare in zone veramente poco conosciute del Sistema Carsene. A rendere il tutto più sugoso, il nome, che non è d'origine speleologica, ma locale; significa piscio, lasciando trasparire quindi, che in tempi passati, dell'acqua fuoriusciva dall'ingresso.
(MM)
Hanno partecipato: indipendenti, GSP, GSAM e, marginalmente, GSBi.
Quatro Cienegas
Beppe Giovine
Coahuila, deserto di Chihuahua, Pancho Villa, Venustiano Carranza sembrano gli elementi essenziali per un numero di Tex Willer, invece ricordano la rivoluzione messicana e proprio a Cuatro Ciènegas di Venustiano Carranza è eretta una grande statua all'ingresso della città. Anche i 10.000 abitanti di questa città, posta a 700 m slm, che colgono l'occasione per darti del gringo, credendoti americano e girano con enormi pick up sfondati e fracassoni, o a cavallo con sovrapantaloni di cuoio e il sombrero sul capo, sembrano i personaggi di un numero di Tex Willer. Proprio così: l'ambiente arido, desertico, cactus e miliardi di piante spinosissime e bastarde, che solo a guardarle ti senti trafiggere la pelle; serpenti a sonagli, gli avvoltoi che insidiano carogne di animali morti per la strada, strani topoloni aggrappati
Una immagine della piana sub-desertica
alla porta di casa, ovviamente della tua e non della loro, ma anche schifidi ragni dalle dimensioni gigantesche sono alcuni degli ingredienti di una magnifica vacanza proprio lì, nel mese di novembre dello scorso anno. Almeno la compagnia meritava! Purtroppo poche le donne e quelle che c'erano proprio non meritavano; meritavano certe muchache del posto, ma ci mancò il tempo...
Perché devolvermi a tanto benessere? Per il solito motivo che a noi speleo piace farci crocifiggere! Così ho approfittato di una delle spedizione laventine, in quanto avevano necessità di un sostegno medico, e ci sono andato. Nonostante tutto una vera vacanza, addirittura con le case, quelle vere, dove per fare la cacca e non intasare il cesso devi averci sempre la sciolta e la carta la devi riciclare, ma mai e poi mai la devi buttare nel cesso! D'altra parte è così in quasi tutto il Messico, ma a questo non riesco proprio ad abituarmi. Non riesco ad abituarmi all'idea che ogni tre giorni ti tocca smontare la tazza per liberarne lo scarico e poterci nuovamente cacare dentro.
L'ingresso della Cueva Rosillo
La storia della spedizione non è il caso che la racconti io, visto la quantità di materiale già scritto e persino un film documentario trasmesso da National Geographic Channel pochi giorni fa. Uscirà anche un enorme tomo marchiato La Venta dai contenuti essenziali e foto stupende. Pertanto cercherò di trasmettervi almeno parte delle emozioni che credo non saranno mai scritte.
È un enorme pianoro circondato da montagne calcaree che fanno venire i brividi. Ovunque ti guardi intorno le vedi, sono lì, gigantesche, di altezze che superano i 3000 m, solcate da canyon profondissimi, alcune lavorate da miniere secolari. Lì le chiamano Sierre: Sierra la Purissima, Sierra San Marcos y Pinos, Sierra Madera e tante altre ancora. Molte vergini ed inesplorate, prive di sentieri: salire è una goduria, ma scendere un supplizio senza precedenti. Molte le grotte, di dimensioni gigantesche, ovviamente, calde e quasi tutte abitate da grandi famiglie di pipistrelli (come nella cueva del Rosillo o nella cueva Hondida). Ne contano centinaia di specie diverse e i biologi locali sono molto preoccupati perché almeno tre o quattro di esse sono in estinzione. Se invece penso a quei quattro o cinque sfigatissimi pipistrelli che solo in qualche grotta di casa nostra possiamo vedere, mi viene da piangere. Solo in quella occasione mi sono reso conto di quanto caca un pipistrello. Se non mi hanno raccontato fandonie, pare che arrivino a mangiare alcuni chilogrammi di insetti nelle 24 ore, il che corrisponde ad una quantità di guano considerevole, considerato che va moltiplicato per i milioni di pipistrelli che abitano ogni grotta. Proprio la raccolta del guano è fonte di guadagno ancora oggi per molti del luogo. È utilizzato come ricco fertilizzante nelle campa-
gne, ma non certo di quelle locali che sono aride e ben poco coltivate. Purtroppo però può essere anche fonte di guai, ovvero di malattie, l'istoplasmosi; una infezione polmonare fungina poco piacevole i cui effetti li hanno potuti provare alcuni membri della spedizione al ritorno in Italia.
Una tipica sorgente della zona
La materia prima maggiormente diffusa è il calcare e i gessi, anche questi ultimi carsificati in ambiente molto ricco di vegetazione, in una zona più a nord di Cuatro Ciènegas. Ci sono stato con due messicani e l'amico Filippo, un neo speleo di Savona. Siamo stati in questa lunga vallata per un paio di giorni. Partiti all'alba con un pick up abbiamo viaggiato per 7-8 ore su sterrato alternandoci il cassone a turno. Avevamo segnalazione di una grotta la ciènegita (che fantasia!), e siamo giunti alla fine della vallata fermandoci all'ingresso di un ranch "il rincon"; il cancello era chiuso e non abbiamo avuto le palle di far saltare il lucchetto per entrare. Così io e l'amico @ ci siamo incamminati verso le abitazioni alle due del pomeriggio con una quarantina di gradi sulla testa. Dopo circa otto chilometri (!), abbiamo raggiunto le abitazioni dove abbiamo trovato i rancheros reclutati dal caporale del posto e costretti a vivere per contratto senza poter abbandonare il posto e senza poter ricevere neppure le loro mogli. In una abitazione, composta di una sola stanza, vivevano in tre: il più anziano credo avesse una trentina d'anni, gli altri due poco più che quindicenni. La sera stessa ci accompagnarono ad una grotta a dorso di asino. Cavalcare un asino è quasi più piacevole che il cavallo, se non fosse che è proprio un asino e non riesce proprio a capire che se passa sotto dei rami bassi, chi gli sta di sopra può avere dei problemi. Quasi all'imbrunire raggiungemmo l'ingresso: un'apertura di circa un metro di diametro nella vegetazione. Si trattava di una grotta nei gessi, la armai fidandomi più delle piante che della roccia; un bel pozzone di una ventina di metri che termina in una sala e uno scivolo di una decina che si infogna nel detrito. Ritornammo alle abitazioni ed una di queste ci venne concessa per la notte. La passammo accendendo a turno di tanto in tanto la luce di un elettrico per far sì che le decine di topi che correvano indisturbati per la stanza andassero affanculo per qualche minuto consentendoci di dormire un poco. Il giorno successivo raccogliemmo interessantissime informazioni da gente del posto, ex minatori, cacciatori, su grotte con sicuri reperti archeologici relativi agli insediamenti indiani che popolarono il luogo. Non potemmo raggiungere la cienegita perché l'uomo del ranch non poteva portarci nessuno senza il permesso del caporale.
Fu in un'altra occasione che accompagnai sempre l'amico Carlos e il nostro italianissimo Davide, archeologo bolognese, in alcune grotte per rilevare e fotografare pitture murali, resti di calzature, cordame, sempre relativi a suo dire all'insediamento indiano del luogo. Al ritorno, trovammo sulla strada dei magnifici pejote, funghi allucinogeni, per alcune signore interessante abbellimento del proprio giardino, alla ricerca delle varietà a più spicchi. Pare che il ritrovamento sia segno del Signore che ti fa così la grazia, consentendoti di vedere la di Lui
mamma dopo che te ne sei cibato in insalata. Attenzione però perché pare che non sempre il giochino riesca bene, così può capitare che invece di vedere la Madonna ti ritrovi con un gran mal di pancia per alcuni giorni: questione di fede? Mah!
Ma l'attrazione del luogo eran le pozze! Dei grandi stagni di acqua salmastra a 30°-34° C di temperatura, che originavano in mezzo alla piana desertica, risorgenza di circolazione profonda delle acque che scendevano dalle montagne che circondavano la piana stessa. Sono state rilevate tutte. A parte alcune molto grandi, di acqua azzurrina, popolate da una miriade di pesciolini, dalle pareti costituite di residui organici di trasformazione stromatolitica (piccoli animali unicellulari che mangiano, non so cosa, e cacano questa struttura compatta, leggera, spugnosa dall'aspetto cretaceo, roccioso, che invece ti resta in mano come quello spugnone che i fiorai utilizzano per base nelle composizioni floreali!), mooolte altre erano poco più di una pozzanghera. Una giornata l'ho trascorsa a tuffarmici dentro ad almeno una ventina: grandezza dai tre ai venti metri di diametro, una decina di metri di profondità, per rilevarle e campionarne il fondo. Una goduria camminare in mutande sperando di non incontrare qualche serpente a sonagli sul mio cammino. Al mio amico Ciccio è andata meno bene perché, tuffandosi nella ennesima pozza, è risaltato fuori come un salmone e gridando come un'aquila nell'atto di staccarsi da ciò che lo stava divorando: una tortuga gli si era attaccata sull'interno della coscia sinistra, a poca distanza da ciò che di più caro aveva al mondo! E poi dicono che sono lente ed innocue!
La miniera Reforma, quella del pozzo da 700 m, è vera, non è un'invenzione scoop. Una antica miniera di rame, zinco e mi pare argento, abbandonata dagli anni '50. Strutture di sostegno pericolanti, pozzi mefitici, ponti traballanti su salti di qualche centinaio di metri e fra questi il mitico -700! Faceva paura solo pensarlo, poi quando lo vedevi ti cagavi addosso. Si potrebbe definire una struttura attiva, in quanto scaricava di tutto, e faceva tutto da solo: una sezione rettangolare di circa 6 x 5 m, lunghissimi tubi di ferro, che un tempo servivano ad inviare aria ed acqua in profondità, ora appoggiati pericolosamente e dondolanti all'interno; serie di gallerie orizzontali ogni quaranta metri circa di profondità dalle quale spuntavano gli antichi binari dei carrelli di trasporto. Una storia incredibile!
Poza Azul uno delle più caratteristiche pozze della zona
Le foto che illustrano l'articolo sono dell'autore, a pag. 31 una immagine della piana sub-desertica, a pag. 32 l'ingresso della Cueva Rosillo, a pag. 33 una tipica sorgente della zona, a pag. 34 Poza Azul uno delle più caratteristiche pozze della zona.
Chissà quanto ancora potrei raccontare, ma il rischio è di essere noioso, pertanto lascio un po' immaginare, magari vien la voglia anche a qualcun altro di andarci.
Matanzas 2003
Spedizione Speleosub a Cuba
Attilio Eusebio, Roberto Jarre, Giuseppe Minciotti, Esteban Grau (*)
"...y vemos con buenos ojos que los
jòvenes exploren
las grutas, porque las montanas y las
grutas,
enemigas de los intereses antinaturales,
san amigas
y aliadas de los intereses naturales de
los pueblos."
Fidel Castro
Beppe Minciotti in immersione a Cueva Saturno (foto R.Jarre)
Per chi appartiene alla nostra generazione Cuba ha rappresentato soprattutto l'ideale politico della gioventù; l'immagine vincente della lotta rivoluzionaria popolare contro l'imperialismo americano, il simbolo dell'autarchia comunista contro il consumismo occidentale, la lotta dei poveri contro i ricchi, dei giusti contro i prepotenti.
Un'immagine giovanile più o meno corretta, che fortemente si legava agli obiettivi ed alle contestazioni tipiche dell'età. Immagine alla quale non si può non essere ancora legati, se non altro perché ha fatto parte dei nostri sogni di adolescenti, sui quali siamo cresciuti e che non si possono rinnegare del tutto.
Con il passare del tempo il pensiero è comunque evoluto, i contorni sono diventati più sfumati, ci si rende conto che il limite tra giusto e sbagliato non è così netto ed i giusti ed i prepotenti non stanno sempre tutti dalla stessa parte.
Ma il ricordo dell'ideale "cubano" nato dalla rivoluzione di Fidel e di Che Guevara resta, e per noi resta il fascino di voler provare a avvicinare quell'esperienza, nonostante tutto.
Immagini comuni nel panorama cubano (foto A.Eusebio)
Comunque l'isola non è solo un simbolo politico, è anche, per noi speleologi, l'immagine di una natura ancora selvaggia, di grandi e calde gallerie, di giungla, di zone inesplorate.
E Cuba in realtà è tutto questo, a cui bisogna ancora sommare il clima favorevole e la gente ospitale per farne una terra ideale per le esigenze di una comunità speleo in cerca di avventura e con poche pretese logistiche. Meno male quindi che accanto al fenomeno turistico di massa, considerandone soprattutto i suoi aspetti deteriori (prostituzione dilagante, sfruttamento intensivo delle risorse idriche), esiste questa realtà parallela, una Cuba non turistica, almeno per ora, dove la grande massa non arriva, le esplorazioni si svolgono in scenari differenti da quelli prospettati nei cataloghi delle agenzie e la vita di tutti i giorni è abbastanza diversa da quella dei villaggi turistici.
Immagini comuni nel panorama cubano (foto A.Eusebio)
Questo modo di vivere, duro ed austero, lo si percepisce attraversando l'isola e percorrendo le strade che uniscono i centri turistici; la nostra spedizione, isolata dal contesto turistico costruito per gli europei, ha avuto modo di provarlo unendo all'aspetto ludico ed esplora-
tivo tipico, in questo caso, della attività speleosubacquea anche una esperienza umana particolare. Tutto ciò è stato possibile grazie ad un protocollo di accordi che la Società Speleologica Italiana (SSI) ha con la Sociedad Espeleològica de Cuba (SEC), scambi finalizzati a facilitare gli ingressi in territorio cubano e permettere una frequentazione delle grotte locali agli speleo italiani. A questo va premesso che Cuba ha una profonda cultura speleologica che si perde nella notte dei tempi e che trova la sua forza e motivazione attuale nell'utilizzo delle grotte per usi militari come fu fatto - in modo decisivo - durante la rivoluzione. Sull'isola dunque la speleologia è una cosa seria, tutti conoscono, rispettano e ascoltano l'organizzazione speleologica, che è riconosciuta e parzialmente finanziata dal governo centrale.
Tra le vie di Pedro Betancourt (foto A.Eusebio)
Una spedizione ufficiale, per giunta esplorativa, è quindi un passo serio ed importante e non è scontato che sia possibile; per noi, oltre ai problemi burocratici, in verità trascurabili anche per i buoni rapporti personali ed istituzionali della speleologia italiana con quella cubana, restano quelli logistici: l'organizzazione di una spedizione speleosubacquea si porta dietro una serie di incertezze e di problematiche ambientali ad oltre 8000 km da casa, compreso il trasporto materiali, quasi insormontabili.
Non va infatti dimenticato che la spedizione è stata possibile grazie ad una lunga e accurata preparazione, una rappresentanza cubana era stata infatti ospite in Italia e con essa avevamo discusso a lungo i programmi, le aree di intervento e le modalità di collaborazione, inoltre l'ufficio Relazioni Estere della SSI e della SEC, l'agenzia Altius Sole, specializzata in viaggi alternativi, hanno lavorato a tempo pieno per i nostri viaggi.
Tutto ciò premesso alcune difficoltà permanevano. Una ragionevole autonomia che comprendeva compressore, bombole ed attrezzature personali, per tre speleosub, come nel nostro caso, vale circa 350 kg di materiali, trasportati prima all'aeroporto, poi sull'aeromobile, poi ancora a spasso per Cuba ed infine nelle varie grotte cubane. Alcuni dei materiali indispensabili erano anche incompatibili con i normali regolamenti aeronautici, sempre più rigorosi e restrittivi: il trasporto di un compressore e delle bombole subacquee ha così dovuto avere anche alcuni importanti placet da parte delle Autorità competenti e della compagnia aerea.
R.Jarre e B.Minciotti alla partenza con il prezioso carico (Foto A.Eusebio)
Inquadramento geomorfologico
Cuba è un'isola che si può definire senza dubbio "calcarea", su una superficie di 110.000 km² più di 80000 km² sono occupati da rocce carbonatiche, per la maggior parte interessate da fenomeni carsici superficiali e profondi.
Si tratta per lo più di morfologie di tipo tropicale che nel 1968 A. Nuñes Jimenez et al. (Nuñes Jimenez A. Panos V. y Stelcl O. - Carsos de Cuba, Ac. Ciencias Cuba, Ser. Espeleologica y Carsologica, 2, 47 pp) catalogarono in 6 macrotipi e 14 sottotipi, identificando i vari karst a coprire tutte le situazioni presenti sull'isola.
Successivamente Gèze e Mangin nel 1980 (Bernard Gèze et Alain Mangin - Le karst de Cuba - Rev. Geol. Dynamique et de Gèogr. Physique, vol. 22, fasc. 2, 157-166, 1980) semplificarono di molto la trattazione distinguendo e concentrando il loro studio su due tipologie caratteristiche, ben evidenti ed originali del territorio cubano: i "cenotes" ed i "mogotes".
Nel primo caso si tratta di una particolare morfologia carsica (pozzo-dolina) dove all'ingresso segue una cavità più o meno sviluppata e percorribile occupata dall'acqua in modo perenne. È di fatto una apertura naturale verso un carso allagato a debole profondità, mediamente tra i 5 ed i 20 metri. Gli ingressi sono subcircolari e posizionati, nell'area studiata, con sorprendente monotonia intorno ai 10-15 metri s.l.m..
Il termine è di derivazione "messicana" ma anche a Cuba ha lo stesso significato.
I cenote presenti sull'isola sono innumerevoli ma prevalgono nella parte occidentale dell'isola (ma non solo) e vanno ad occupare una fascia larga da 20 a 30 km e lunga circa 250 km compresa nelle province di Pinar del Rio, La Habana, Matanzas e Las Villas.
Il termine "mogote" è invece di derivazione spagnola ed è ben rappresentativo del carso a coni, passante a cupole ed a volte a torre, della realtà cubana. In ogni caso si tratta di un rilievo calcareo, abitualmente circolare, con un diametro da 100 a 500 metri che si innalza sulla pianura sottostante da 50 a 200 metri. È un tipo di carsismo relativamente diffuso in tutto il territorio cubano ma che raggiunge le sue massime espressioni ne la Sierra de los Organos nella provincia di Pinar del Rio.
Una successiva trattazione del carsismo - nei suoi molteplici aspetti - e delle grotte cubane viene svolta ancora da Nuñes Jimenez e colleghi, nel 1988 nell'ultima edizione di "Cuevas y Carsos": qui viene ripresa la suddivisione "cubana" delle morfologie carsiche in maniera chiara ed esplicita.
La Llanura carsica de Matanzas in una panoramica (foto E. Grau)
Le aree obiettivo della nostra prospezione, in previsione di un approfondimento successivo, sono posizionate ad est ed a sud di Matanzas, in un contesto carsico attribuibile alle "Llanuras de carso desnudo y parcialmente desnudo" per quanto riguarda l'area compresa tra Matanzas stessa e Varadero (sistema di Santa Catalina); per la tratta più meridionale si tratta invece della classica Llanura carsica meridional.
Il Cenote de Cocodrillo (foto B.Minciotti)
La prima zona presenta una estensione di molte decine di chilometri quadrati; con quote altimetriche comprese tra 100 m slm circa fino alla costa, dove sono evidenti anche fenomeni carsici marini (grotte sottocosta, ecc..).
I litotipi presenti sono costituiti da calcari organogeni di età compresa tra il Pliocene ed il Pleistocene, con caratteristiche geomeccaniche, a luoghi, non particolarmente buone. Morfologicamente si presenta come una piana monoclinale debolmente inclinata verso il mare, la copertura vegetale arriva ad essere relativamente estesa ed abbondante soprattutto in prossimità dei punti d'acqua (quindi delle grotte). Raramente comunque affiora il karst in modo netto e la copertura argillosa e vegetale è diffusa pressoché ovunque seppure non potente.
Vi sono presenti complessi carsici chilometrici, il più noto, in parte turistico, è la Grotta di Santa Catalina, che si sviluppa per circa 20 chilometri in un alternarsi labirintico di gallerie suborizzontali, per lo più asciutte.
Il reticolo carsico risulta organizzato in livelli fossili ed attivi, spesso collegati da grandi crolli, con abbondante presenza di depositi e concrezionamenti; tra cui si riconoscono le tipiche concrezioni subacquee.
Beppe in immersione a Cueva Abono (foto R.Jarre)
Il livello di base viene raggiunto da quasi tutte le cavità, queste presentano laghi e sifoni, a quote prossime a quelle marine anche a chilometri di distanza,
mettendo in evidenza un gradiente piezometrico molto basso (tra 0,05 e 0,1%). Le immersioni rivelano la totale assenza di correnti e la presenza di acque stratificate con ingressioni di acque marine profonde anche all'interno di cavità non prossime alla costa (Cueva di Saturno). Ciò a significare l'esistenza di una rete freatica vasta, profonda e con tempi di residenza delle acque relativamente lunghi. Questa risente in modo sensibile e documentabile dei forti prelievi di acqua dolce eseguiti attraverso pozzi per alimentare i villaggi turistici.
Lucifugas poeyi a Cueva Los Mojados
La seconda zona è a sud di Matanzas, provenendo da nord vi si giunge scendendo da una serie di graziose colline attraversate anche da qualche sporadico corso d'acqua per giungere ad una infinita pianura, fortemente vegetata, in parte antropizzata ed oggetto di piani di risanamento e coltivazioni per lo più abbandonate (canna da zucchero ed aranceti).
Schema del Karst tra Matanzas e il Golfo di Batabano con evidenziate le caratteristiche delle due aree (cfr. figura a fianco tratta da Gèze e Mangin, 1980 modif,). In verde sono riportati i terreni non carsici, in bruno i calcari. La linea viola rappresenta la piezometrica ideale, le frecce evidenziano lo scambio (ingressione) con l'acqua marina.
Morfologicamente è una grande pianura che degrada verso il mare con gradienti intorno all'0,1% e che nella parte più prossima al Golfo di Batamano e nella Penisola di Zapata si trasforma in un'area palustre nella quale acque dolci e salate si miscelano senza soluzione di continuità.
In questa immensa piana si aprono cavità anche di grandi dimensioni (diametro fino a 70-80 metri) che raggiungono quasi sempre il livello di base della falda. Nella parte mediana sono presenti i cenote, i cui ingressi risultano spesso nascosti dalla abbondante vegetazione che si concentra sui bordi o all'interno dei pozzi-dolina, con una densità media di una cavità
ogni 2-3 km².
Gli ingressi sono solitamente subcircolari, con dimensioni variabili da qualche decimetro fino a grandi dimensioni; nel primo caso il pelo dell'acqua è libero ad una profondità di 5-10 metri, nel secondo, cioè con cavità di grandi dimensioni, si osserva abitualmente un cono di detriti nella parte centrale. Quello che appare chiaro, e le esplorazioni speleosubacquee lo stanno confermando, è l'esistenza di un unico grande reticolo di gallerie, che seppure con dimensioni variabili, rappresentano un immenso serbatoio.
Considerazioni esplorative
Nelle regioni perlustrate di grotte conosciute se ne contano - dai dati ufficiali - più di 2000, ma si tratta in realtà di un numero esiguo, una percentuale minima destinata a aumentare con estrema facilità appena miglioreranno le condizioni ambientali, sociali ed i trasporti.
Questa relativa superficialità esplorativa è dovuta senza dubbio alle difficoltà logistiche, secondo quanto accennato in precedenza, ma soprattutto al ridotto numero di speleologi attivi rapportato alle grandi estensioni calcaree solo parzialmente esplorate.
Territorio dunque interessantissimo per le velleità esplorative europee.
A titolo di esempio basti citare l'area più meridionale visitata dalla nostra spedizione, a sud delle cittadine di Bolondron e di Pedro Betancourt, che inseriva a catasto, prima del nostro arrivo, poche cavità: ebbene in pochi giorni di attività, in un'area logisticamente facile, sono stati ritrovati - con frequenza ogni tre-quattro kmq - grandi cenote o laghi carsici, mediamente inesplorati i cui ingressi sono difficilmente visibili da lontano, in quanto ricoperti dalla vegetazione. Una recente comunicazione dai nostri amici cubani ne cita altri 14 da esplorare.
L'attuale spedizione aveva come obiettivi originari la prospezione di tre distinte aree, successivamente ridotte a due, in previsione di un approfondimento da svolgersi in un pros-
simo futuro.
La prima zona, come è stato detto in precedenza, risulta localizzata in prossimità degli abitati di Matanzas e Varadero; a poche decine di chilometri dal mare si apre un complesso carsico molto noto conosciuto come la Grotta di Santa Catalina. Ma mentre la parte aerea di tutta questa parte della regione è abbastanza conosciuta, nulla o quasi è stato fatto, in modo sistematico, nella parte subacquea. Così i primi giorni sono stati impiegati per scendere alcuni sifoni in altrettante grotte, ambienti che purtroppo non presentavano grandi prosecuzioni oppure si arrestavano su detriti fangosi e strettoie impraticabili.
Ad antri entusiasmanti e rigogliosi, con gallerie aeree di dimensioni decametriche seguivano dunque bacini lacustri e successivi condotti subacquei modesti e fangosi.
Il primo reticolo subacqueo di una certa estensione è stato ritrovato alla Cueva Abono, dove ad un lago di 20 metri di diametro seguiva una profonda galleria, che raggiunge i 17-18 metri di profondità e 150 metri di sviluppo, già vista, in parte nel recente passato, da speleosubacquei statunitensi e cubani.
Più particolare è la Cueva Los Mojados; qui una grande depressione - individuata in mezzo alla giungla attraverso l'analisi delle foto aeree, - ha dato accesso ad un lago sotterraneo e ad un vasto salone subacqueo nel quale è presente una colonia endemica di pesci albini e ciechi (Lucifugas poeyi) molto caratteristici. La dolina di accesso, ormai molto lontana da una qualunque strada o pista, è attraversata da una antica mulattiera scavata nella roccia e da un terrapieno, nonché da un accenno di scalinata che testimonia come in tempi passati vi fosse una differente frequentazione del sito, nel lago inoltre sono stati ritrovati in anteprima e segnalati al Museo locale, reperti archeologici di otri e damigiane utilizzati, probabilmente, in epoca coloniale (a cavallo del 1800) per la raccolta dell'acqua.
R.Jarre pronto a immergersi a El Beato (foto A.Eusebio)
La seconda area, ad ovest di Bolondron presentava caratteristiche similari alla precedente, grande sviluppo di "Cuevas" esterne, antri dalle dimensioni dantesche, cui purtroppo non seguivano sott'acqua reticoli di una certa importanza e/o dimensione. Qui sono state scese Cueva de los Jimagua, Cueva el Beato e Cueva Molina, in quest'ultima è stata raggiunta la profondità di -22 metri arrestandosi su un condotto fangoso di ridotte dimensioni.
La zona più promettente, ritrovata come capita spesso negli ultimi giorni, si posiziona alcuni chilometri a sud di Pedro Betancourt, ed è compresa in una fascia di territorio subpianeggiante,
coltivato ad aranceti (ormai abbandonati) oppure incolto lungo l'Autopista che collega Avana con Camaguey.
Robi e Beppe "a spasso" per la giungla (foto A.Eusebio)
Per motivi di tempo sono stati discesi solo due cenote dei tanti segnalati, il Cenote del Coccodrillo e il Cenote de l'Infierno.
Quest'ultimo si apre vicino ad una stazione di pompaggio delle acque destinate ad irrigazione ed è utilizzato come riserva d'acqua per la stagione secca, e purtroppo come discarica non autorizzata, per tutto quanto non si sa dove mettere in superficie. Si tratta di uno sprofondamento subcircolare, di alcuni metri di diametro che si allarga in profondità a forma di cupola ellittica raggiungendo i 33 metri di profondità con un salone di 80m per 25m.
La visibilità è pessima fino a 20 metri ed a stento si vedono le proprie pinne. Oltre diventa buona, la luminosità è assente e l'ambiente tetro e gigantesco con detriti e rottami di varia natura ammucchiati sul fondo conferisce un aspetto spettrale al tutto.
Più grandioso è il Cenote del Cocodrilo, il cui nome è dovuto alla leggenda popolare che narra come dentro al lago iniziale fosse stato incatenato, fino alla morte, un coccodrillo grandissimo che terrorizzava gli abitanti. In effetti, per la forma subcircolare, largo 40 metri e posto circa 7-8 metri più in basso del piano campagna con pareti a strapiombo ben si configura un naturale recinto nel quale, anche noi, abbiamo faticato non poco a scendere con tutta l'attrezzatura.
Dal lago iniziale si dipartono, inclinate verso il basso a circa 30°, enormi gallerie che scendono verso il buio con dimensioni grandiose, larghe 30-40 metri ed alte 15; scendendo tendono a restringersi ed intorno ai 50 metri di profondità le sezioni diventano a dimensione d'uomo. La profondità raggiunta finora - ma speriamo che non sia finita - ne fa una delle grotte più profonde dell'Isola.
(*) Attilio Eusebio (Gruppo Speleologico Piemontese CAI UGET, Torino), Roberto Jarre (Gruppo Speleologico Alpi Marittime CAI, Cuneo), Giuseppe Minciotti (Gruppo Speleologico CAI, Verona), Estaban Grau (Sociedad Espeleologica de Cuba)
Ringraziamenti d'obbligo vanno agli amici italiani - Fabio Siccardi e Riccardo Dall'Acqua - e cubani ed agli sponsor che hanno permesso la spedizione, in particolare alle ditte: Giò Sub di Brescia e Scubatica di Torino per gli illumina tori subacquei, a Spazio Blu di Torino, Lochner di Torino, Aqua3 di Trieste, Coltri Compressori di Peschiera e Montagnoli Gas di Verona per le attrezzature subacquee e per la disponibilità e collaborazione generale. Particolari ringraziamenti vanno ad Ercilio Vento Canosa (Presidente SEC), Andres Bayon, Fernando Arencibia, Ivonne Vasquez, Jorge L. Clinche e Adrian de la Paz, compagni ed amici di esplorazioni in terra cubana.
Diario di una spedizione
26-4-2003
Partenza da Malpensa ore 11, ritrovo al parcheggio alle 8 con Beppe (partito da Verona alle 4,30) e Roby (partito da Cuneo alle 4,50). Tutto bene per l'imbarco, anche per il sovrappeso e per i materiali. Durata del volo 10,30 ore. Abbiamo poco più di 300 kg.
Dopo molto arriviamo. Ci aspettano tutti, dai doganieri fino agli amici speleo: Esteban e gli altri, ci caricano su due camionette ante-guerra.
Cominciamo bene, una delle due (quella su cui siamo noi) finisce la benzina a metà strada (così bisogna aspettare che arrivi l'altra e ci traini). Così arriviamo a Matanzas, circa 120 km da Avana dopo un tempo che a noi pare infinito.
Si va a trovare Ercilio e chiacchieriamo. Ci hanno messi a dormire a Cueva Saturno, bel posto, un po' decentrato, e senza letti. A sera grandioso temporale con allagamento. Crolliamo dal sonno (ci sono 6 ore di differenza in meno).
27-4-2003
Sveglia alle 6.00; ma qui l'alba è intorno alle 7. Si prepara tutto e si caricano le bombole (questa operazione dura circa 4 ore). Poi visita speleoturistica alla Cueva de S. Catalina, bellissima grotta con grandi concrezioni a fungo e concrezioni subacquee. Andiamo a vedere Cueva Quintana, dove ci immergeremo domani, Poi a Varadero - classica cittadina per turisti - e quindi di nuovo a Cueva Saturno (che ha un lago bellissimo profondo 22 metri).
Nel pomeriggio lunga chiacchierata con Clinche e Adrian i due speleosub cubani, vista un'altra grotta per domani (Cueva de l'Agua) e scesi a Matanzas, si mangia a casa di Esteban.
Ritorno sotto la pioggia, solita camionetta della SEC che buca, al buio, e sotto il diluvio si cambia la ruota. Arriviamo al campo come al solito allagato.
28-4-2003
Cueva Quintana - scendono i cubani, valutano che non prosegue (la visibilità è molto bassa) e pare esserci uno strato in sospensione di sostanza non meglio identificata (Pepe ci dirà che si tratta di acido solfidrico e la grotta raggiunge i -56 metri). Comunque Adrian e Clinche scendono per 8,3 metri senza vedere nulla.
Cueva de l'Agua - scendono prima i due cubani, poi Poppi e Robi, ma senza speranza finisce in un laminatoio fangoso in sospensione (scesi a -6 metri).
Cueva Los Mojados - si tratta di una grande Cueva dispersa nella savana (boschina), bisogna camminare per circa un'oretta - La grotta è stata trovata mediante l'ausilio delle foto aeree - Esteban che vi è già stato è arrivato ad un lago importante. Così si va. Scende Poppi, il lago è in effetti molto interessante, ci sono pesci ciechi, vasellame in vetro e terracotte di epoca coloniale. Il lago è molto chiaro e largo, profondo 11 metri e lungo una quarantina. Serata molto bella, non piove e si sta bene. Beppe, morso da una vespa (4 volte) marca visita.
Esteban, André e Yvonne (foto A.Eusebio)
29-4-2003
Cueva Abono - Adesso tocca a Beppe, gira vari buchi nel laghetto iniziale, poi ci spostiamo verso il fondo. Di lì iniziano finalmente cose serie, prosegue lungo una galleria per circa 70-80 metri già sagolata fino ad una profondità di -15 metri (ci diranno che la gal-
leria va avanti per 150 metri fino ad una frana).
Poi si immerge nel salone successivo ricollegandosi con quanto già fatto. L'ambiente è grandioso. Nel pomeriggio si va sul Rio Canimar, lo risaliamo con un gommone messoci a disposizione da Altius Sole. Si arriva, sotto la pioggia, ad un antro con un lago senza infamia e senza lode. Scende Roby constatando che chiude tutto nel fango.
Si ritorna in città, ci indicano una grotta a mare, che si apre al di sotto di un condominio della periferia di Matanzas (voi ve la immaginate la scena?), Adrian e Poppi si lanciano in una mitica esplorazione che terminerà dopo una dozzina di metri in una campana d'aria.
30-4-2003
Giornata dedicata alle fotografie sub, prima a Cueva de Saturno poi alla Cueva Los Mojados
1-5-2003
Piove, è tutta la notte che piove, la prima sveglia per allagamento è stata alle 3,30, la seconda alle 6,30; così rifacciamo foto sub alla Cueva de Saturno. Nel pomeriggio si prosegue con l'attività di documentazione così Beppe e Roby vanno a fare foto a Cueva Abono mentre, poco più in là, Poppi scende un pozzetto che immette in un antro orrido, buio e fangoso pieno di bestie che qualcuno si ostinava a chiamare sifone (senza speranza).
2-5-03
Si cambia zona, convinti che da lì non esca nulla ci spostiamo verso sud e giriamo varie grottine, laghi e cenote intorno agli abitati di Pedro Betancourt e Bolondron. Domani si scende.
3-5-2003
La prima è Cueva Molina, scende Beppe e si ferma a -22 su un cunicolo fangoso (anche questo senza speranza). Poi tocca a Roby, lui si dedica ad un lago carsico, conosciuto in zona come El Beato, qui si scende fino a circa a 14 metri ed iniziano a comparire le prime morfologie caratteristiche dei cenote, con le gallerie che scendono inclinate lungo strato. Successivamente si va a Cueva de lo Jimagua (scende Poppi) dove un riempimento di fango semiliquido chiude l'ideale prosecuzione tra blocchi. L'umore è basso.
4-5-2003
Forse è la giornata buona, nel nostro peregrinare incontriamo il Cenote del Cocodrilo (scende Poppi) e finalmente si prosegue. La discesa è avvolta nel nero, non si vedono né soffitto, né tantomeno le pareti (successivamente si verificherà che la larghezza della galleria raggiunge i trenta metri e l'altezza supera i quindici), la galleria ha dimensioni impressionanti, si scende fino a -32 per una sessantina di metri quando finisce anche la sagola (acc..). Comunque l'umore migliora rapidamente, in zona troviamo anche altri cenote (Tank Azul e Infierno) che sembrano promettenti, domani si torna. La sera che fa? Piove.
5-5-2003
Si ritorna al Cocodrilo, scende Beppe fino a -44, la grotta continua, le dimensioni diventano umane e vede i -50 su una serie di blocchi sottostanti. Per oggi basta, intanto si va al Cenote de l'Infierno, un buco infido e zozzo permette di entrare (Poppi) in una cattedrale subacquea, profonda 33 metri con un salone di 80 metri di lunghezza. Questo però chiude su detriti, fango e rottami. Ma l'idea era bella.
6-5-2003
Da oggi si rompe tutto, in particolare il camioncino che ci trasporta. Così facciamo i turisti "per caso" a Matanzas e una festa serale.
7 -5-2003
Spostamento a l'Avana dove Clinche e Adrian ci aspettano per andare a vedere una grotta che conoscono.
8-5-2003
Partiamo ma non arriveremo mai, anche questa macchina fonde il motore, così rimaniamo bloccati a fare i turisti a l'Avana per tre giorni, finché un aeromobile, miracolosamente intero ci riporta in patria, non senza aver discusso animatamente in dogana per i nostri materiali (che non volevano più ricaricare al ritorno).
Descrizione delle grotte
Cueva Abono - La grotta si presenta molto complessa, con più ingressi, ad andamento labirintico e suborizzontale. La profondità delle gallerie (rispetto alla superficie topografica esterna) è intorno ai -20/-25 metri. È uno dei sistemi più percorsi e conosciuti del settore orientale della provincia di Matanzas (zona tra Horacio Rodriguez e Cantel), sul posto è nota anche come Cuocha Ignacio e lo sviluppo attuale è sicuramente superiore ai due chilometri. Le dimensioni delle gallerie sono mediamente "tropicali" (diametro 15-20 metri). All'interno della cavità sono state eseguite più immersioni: il 29/4/03 B. Minciotti esplora minuziosamente il "Lago 8" ritrovando una grande galleria (diametro 4-5 metri) che scende con debole pendenza fino a -15. La galleria complessa e con molti accessi dal lago iniziale - già sagolata da una precedente spedizione cubana-nordstatunitense, scopriremo in seguito - viene percorsa per una ottantina di metri. Successivamente B.Minciotti e R.Jarre ritornano per fare foto (1/5/03), nello stesso giorno A.Eusebio scende un pozzo-laghetto nella parte più occidentale del sistema che dà accesso ad un sistema di gallerie fangosissime semi-sommerse (max profondità -7) e strette che vengono percorse solo nella parte iniziale.
Cueva Molina - La grotta è situata tra gli abitati di Alacranes e Union de Reyes (una trentina di km a sud di Matanzas), l'ingresso è rappresentato da una depressione molto grande, doliniforme con un lago-sifone nella parte terminale. La profondità della dolina - molto vegetata e di difficile individuazione - è circa -15/20 metri da p.c.
Il livello delle acque risulta quindi prossimo al livello del mare (confermato anche dagli altimetri), L'immersione nel lago-sifone finale è stata eseguita il 3/5/03 da B.Minciotti che ha percorso, per circa 50-60 metri una ampia diaclasi, inclinata con il pavimento costituito da fango. La galleria raggiunge la profondità di -23m e termina su strettoia fangosa. La grotta - seppur si sviluppa al disotto del livello marino - non incontra acqua salata ed è abitata dai normali pescetti di acqua dolce.
CUEVA MOLINA (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile-maggio 2003 - scala orig. 1:500
Cueva Quintana - La cavità si apre poche centinaia di metri a sud della strada nazionale che collega Matanzas con la penisola di Hicacos, in prossimità della costa, vicina all'aeroporto di Varadero. Si tratta della solita depressione a dolina, molto aperta, la cui parte inferiore è occupata da uno specchio lacustre di una ventina di metri di diametro, L'immersione è stata eseguita il 28/4/03 da Clinche e Adrian - i due speleosub cubani che ci hanno accompagnati per i primi giorni - fino alla profondità di circa 8 metri. La scarsa visibilità (inferiore al metro) non ha consentito di proseguire oltre l'esplorazione, successivamente si è avuto notizia che speleosub cubani avevano raggiunto, precedentemente alla nostra immersione, la profondità di -56 metri, ma questa informazione resta da verificare.
CUEVA QUINTANA (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile-maggio 2003 - scala orig. 1:500
Cueva de l'Agua - Lungo la strada che collega Varadero con l'aeroporto si colloca, a sud della località turistica di Cueva Saturno, si apre al centro di un'area boscata (un misto tra savana, boschina finalese e giungla tropicale) una bella cavità utilizzata per pompare acqua ad uso irriguo e/o potabile. Anche in questo caso si tratta di una profonda dolina (-20/25 metri da p.c.) con un lago sul fondo. Sono state eseguite due immersioni (28/4/03) da Clinche ed Adrian e da A.Eusebio e R.Jarre: il profondo lago - dà adito ad ambienti complessi e labirintici - che tuttavia non portano a prosecuzioni importanti, inoltre la presenza di fango e di sospensione rende particolarmente infida la progressione, Una strettoia in fango immette in una bassa galleria che non è stata percorsa. In acqua sono stati ritrovati grossi granchi d'acqua dolce. Max profondità 6 metri, sviluppo 30 metri.
CUEVA DE L'AGUA (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile-maggio 2003 - scala orig. 1:500
Cueva Los Mojados - In mezzo alla "boschina" a circa un'ora di marcia dalla più vicina strada, è stata ritrovata - grazie all'analisi delle foto aeree - una ampia depressione che dava accesso ad un profondo lago. L'immersione eseguita il 28/4/03 da A.Eusebio ha permesso di percorrere un ampio lago (larghezza = 8-10 metri) e lungo oltre 40 metri. La profondità massima raggiunta à stata di -11 metri. Il lago chiude su massi e nella parte terminale presenta una densa sospensione carbonatica galleggiante sull'acqua. Il lago è abitato da pesci depigmentati (bianchi) e ciechi, che raggiungono i 20 cm di lunghezza (sp. Lucifugas poeyi). Sul fondo del lago, semisepolti dai sedimenti fini, sono stati ritrovati e segnalati alle Autorità locali vasi e otri di terracotta e vasellame in vetro di probabile epoca coloniale. Il 30/4/03 R.Jarre e B.Minciotti ritornano per documentare fotograficamente i ritrovamenti archeo.
CUEVA LOS MOJADOS (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile- maggio 2003 - scala orig. 1:500
Grotta lungo il Rio Canimar - Poco ad est di Matanzas una profonda incisione ospita il Rio Canimar, essa pare costituire anche lo spartiacque idrogeologico tra i sistemi posti ad ovest di Matanzas e quelli ad est - oggetto delle nostre esplorazioni. Nel caso in esame era stata segnalata una cavità con acqua in orografica sinistra del Rio; raggiunta con l'ausilio di un gommone e dopo un viaggio di una mezz'oretta, la cavità si presentava come una ampia diaclasi a cui segue una camera del diametro di una decina di metri, sul fondo è presente un laghetto. L'esplorazione è stata condotta fino alla profondità di 4 metri senza tuttavia pervenire a nessuna prosecuzione, il fondo del lago è occupato da fango e depositi clastici. In alto si apre una possibile prosecuzione (nicchia a circa 10 metri di altezza) che tuttavia andrebbe raggiunta con mezzi artificiali.
GROTTA LUNGO RIO CANIMAR (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile-maggio 2003 - scala orig. 1:500
Grotta a mare vicino a Matanzas - La città di Matanzas vive a contatto diretto con il carsismo, in grotta si può andare in bus, il connubio tra cavità e popolazione è molto forte, anche nella zona costiera esistono grotte conosciute dagli abitanti mai visitate da speleosub. Nel caso in oggetto la grotta si apre poco sotto un condominio "stile socialista". La cavità si apre lungo la falesia a circa 1.5 metri di profondità, sviluppandosi per circa 20 metri fino a raggiungere una piccola camera con una campana d'aria e l'arrivo di acqua dolce. Il fondo è costituito da sabbia fine e sono presenti veli di concrezioni. L'immersione è stata eseguita da Adrian de la Paz ed A.Eusebio il 29/4/03.
GROTTA A MARE (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile - maggio 2003 - scala orig. 1:500
Cueva de Saturno - Si tratta di una cavità molto conosciuta ed oggetto di una forte turisticizzazione, la sua ubicazione (prossima all'aeroporto di Varadero, a circa un paio di chilometri in linea d'aria dalla costa) ne fa una ideale meta per turisti. Anche la parte subacquea è molto nota e raggiunge la profondità di -22m incontrando acqua salata e pesci tropicali marini, gallerie laterali deliziose ci hanno permesso molte delle immagini che accompagnano i vari articoli.
El Beato - Attraversata dalla Autopista che collega L'Avana con Cienfuegos, a sud di Bolondron inizia una ampia fascia di territorio lunga un centinaio di chilometri e larga una trentina, ad una quota di circa 10 metri sul livello del mare, nella quale si sviluppano i più tipici "cenote" cubani che nulla hanno da invidiare ai loro parenti più famosi messicani. El Beato è uno di questi: si tratta di un lago di una trentina di metri di diametro, con le tipiche caratteristiche morfologiche, che raggiunge la massima profondità a 13,8 metri sul lato orientale. La discesa eseguita da R.Jarre il 3/5/03 ha permesso di eseguire una esplorazione completa senza possibilità di prosecuzione.
EL BEATO (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia - Cuba 2003 - Aprile - maggio 2003 - scala orig. 1:500
Cueva de lo Jimagua - Posizionata poco a monte (qualche chilometro) di El Beato presenta ancora le caratteristiche delle doline con sprofondamento laterale e lago finale, vegetazione molto fitta e soprattutto fango. Anche questa cueva non fa differenza, ad un grande lago iniziale a mezzaluna (lungo una settantina di metri e largo 8-10 metri) seguono vani ridottissimi che si intasano molto presto in fango e detrito. Discesa eseguita da A.Eusebio il 3/5/03.
CUEVA DE LO JIMAGUA (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile-maggio 2003 - scala orig. 1:500
Cenote de Cocodrilo - Un ampio lago di una quarantina di metri di diametro, ubicato 7-8 metri sotto il piano campagna permette di accedere ad una serie di ambienti subacquei molto grandi ed esplorati solo in parte. Le dimensioni degli ambienti subacquei non permettono di definire con chiarezza le dimensioni delle gallerie, ma senza dubbio risultano molto ampie e la galleria iniziale presenta un'altezza di circa 10 metri ed una larghezza di 30-40 metri, inclinata verso il basso di circa 30 gradi; intorno ai 25-30 metri la sezione si restringe, l'altezza diventa di 2-3 metri e le pareti si restringono fino a qualche metro. Prosegue ulteriormente con le medesime dimensioni fino ad incontrare dei massi sul pavimento e raggiunge, per ora, la profondità di 44 metri.
CENOTE DE COCODRILO (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile-maggio 2003 - scala orig. 1:500
Cenote de l'Infierno - A fianco di un aranceto, presso la Autopista Habana - Camaguey, si trova una delle più controverse cavità visitate. Quest'ultima si apre vicino ad una stazione di pompaggio delle acque destinate alle coltivazioni e viene utilizzata come riserva d'acqua per la stagione secca, e purtroppo anche come discarica non autorizzata, per tutto quanto non si sa dove mettere in superficie. Si tratta di uno sprofondamento subcircolare, di alcuni metri di diametro, che si allarga in basso a forma di cupola ellittica raggiungendo i 33 metri di profondità, con un salone di 80 per 25 m. La visibilità è pessima fino a 20 metri ed a stento si vedono le proprie pinne. Oltre diventa buona, la luminosità è assente e l'ambiente tetro e gigantesco con detriti e rottami di varia natura ammucchiati sul fondo conferisce un aspetto spettrale al tutto.
Cenote de l'Infierno - ingresso (foto B.Minciotti)
CENOTE DE L'INFIERNO (Matanzas - Cuba)
Sped. Speleosub Italia-Cuba 2003 - aprile-maggio 2003 - scala orig. 1:500
Didascalie delle fotografie:
pag. 35: Beppe Minciotti in immersione a Cueva Saturno (foto R.Jarre)
pag. 36: immagini comuni nel panorama cubano (foto A.Eusebio)
pag. 37 in alto: Tra le vie di Pedro Betancourt (foto A.Eusebio)
pag. 37 in basso: R.Jarre e B.Minciotti alla partenza con il prezioso carico (Foto A.Eusebio)
pag. 38: la Llanura carsica de Matanzas in una panoramica (foto E. Grau)
pag. 39 in alto: Il Cenote de Cocodrillo (foto B.Minciotti)
pag. 39 in basso: Beppe in immersione a Cueva Abono (foto R. Jarre)
pag. 40 in alto: Lucifugas poeyi a Cueva Los Mojados
pag. 42: R.Jarre pronto a immergersi a El Beato (foto A.Eusebio)
pag. 43: Robi e Beppe "a spasso" per la giungla (foto A.Eusebio)
pag. 44: Esteban, André e Yvonne (foto A.Eusebio)
pag. 52: Cenote de l'Infierno - ingresso (foto B.Minciotti)
pag. 53: varie immagini nei sifoni percorsi tra cui va ricordato il ritrovamento di vasellame antico
Varie immagini nei sifoni percorsi tra cui va ricordato il ritrovamento di vasellame antico
Marzo 2003, ancora sul Gorner
Chiara Silvestro
Marzo 2003, tempo di speleologia glaciale per l'emisfero Sud del mondo. Quest'anno però sarà anche la prima volta che si tenterà una ricognizione all'interno dei ghiacci vicino a casa nostra. L'obiettivo infatti è quello di verificare il livello dell'acqua all'interno del sistema carsico del ghiacciaio del Gorner in una stagione dove l'alimentazione è praticamente assente. Se il ghiacciaio è ben noto, come molti dei suoi mulini, assolutamente non si sa come fare a raggiungere il Gorner senza servirsi del trenino e del sentiero di accesso dalla ormai famosa stazione di Rotenboden.
La primissima prespedizione, in realtà, è nel mese di febbraio. Siamo di stanza a Cervinia per tre giorni di sciate. Approfittiamo delle salite in cabinovia da Zermatt e delle discese dal colle del Teodulo per studiare quello che sembra il più probabile percorso di discesa sul ghiacciaio, salendo da Cervinia. Si scorgono anche alcune tracce di discesa recenti sulla lingua che da Plateau Rosà scende sotto il Breithorn. Le carte in effetti sembrano confermare questa strada, ma rimane un'incognita su alcuni affioramenti rocciosi segnati sulla mappa e non verificabili a vista.
È quindi indispensabile eseguire una discesa di prova. L'operazione, ovviamente coordinata da Giovanni, non sembra quasi vera! La partenza è da Torino alle sei del mattino, insieme ai due sci alpinisti più scalmanati del GSP: Carrieri e Spazzola. Grazie alla guida sportiva di Giampiero in un'ora siamo al parcheggio di Cervinia, alla partenza degli impianti che ci solleveranno fino ai 3500 m s.l.m. della Testa Grigia. Siamo i primi a salire. La giornata si preannuncia splendida, sotto l'ombra di uno svettante Cervino. Il gruppo è variopinto e lo stile delle sciate ancora di più, buoni speleologi non mentono! Abbandonata la pista ci spingiamo giù dal ghiacciaio sotto il colle del Teodulo, direttamente sotto il Breithorn e il Piccolo Cervino sulla destra e gli spettrali crepacci del Teodulo sulla sinistra. Inutile dire che lo spettacolo è incantevole, come la neve: mezzo metro di pura farina! La discesa si presenta senza alcuna difficoltà, se non per alcuni muri, dove conviene prestare un po' di attenzione per evitare il distacco di slavine. In prossimità della lingua glaciale del Gorner compaiono grossi blocchi e già il primo ingresso di una cavità. La neve con il diminuire della quota è peggiorata, molto più pesante e bagnata. Alle 10.30 siamo con gli sci sul ghiacciaio. Sganciati gli attacchi, asciugate le solette e attaccate le pelli non c'è tempo da perdere: è ora di incamminarsi verso la zona dei mulini. La discesa infatti ci ha portati ben oltre la metà del Gorner, più prossimi alla sua fronte. La neve non è proprio un granchè, ma possiamo servirci per lunghi tratti delle piste di discesa degli sciatori che in elicottero e con la guida, scendono giù dalle prestigiose cime che ci circondano. Cerchiamo di farci guidare da un GPS, ma siamo a ridosso dell'attacco all'Iraq e il sistema satellitare sembra fuori servizio ... Non è un problema però con Giovanni che conosce il Gorner come casa sua e sa localizzare i mulini anche sotto il manto nevoso.
Non possiamo perdere di vista l'orologio. Infatti la discesa dalla fronte del ghiacciaio ci porterà a Zermatt e di lì sarà necessario risalire a Cervinia servendosi dell'ultimo giro degli impianti di sollevamento (ore 14.30). Non sappiamo quali difficoltà possa presentare la strada del ritorno, sebbene molto ben marcata dai numerosi sciatori dell'elicottero che ogni giorno solcano il ghiacciaio facendo ben attenzione a viaggiare sulle crestine, evitando gli insidiosi avvallamenti, ma soprattutto non ci è noto il tempo richiesto per percorrerla. L'unica
difficoltà è la discesa tra le spalle di roccia che segnano la fine del ghiacciaio. Il passaggio è obbligato, le pareti scaricano pietre, la neve non è così abbondante e occorre far uso di un canapone per superare un dislivello di pochi metri. Per essere più sicuri, basta togliersi gli sci. Ma la cosa più interessante è certamente una sorta di imbuto che precede questo passaggio, dal quale proviene un forte rumore d'acqua e poi senza dubbio la caverna frontale, di ghiaccio scuro, dello stesso colore della roccia circostante, facilmente accessibile, a parte il bombardamento di blocchi dall'alto. Il resto del percorso è uno slalom in debole discesa tra pietre, cespugli e piccoli abeti, fino a una carrareccia scarsamente innevata, che porta alle piste svizzere. Il resto della giornata si è conclusa con alcune discese sulle piste di Cervinia. ... Non male per essere partiti alle sei da Torino!
Ma è ai primi di marzo che parte la tre giorni invernale sul Gorner. Questa volta non si tratterà di tornare a Cervinia per la sera: si farà base all'ostello di Zermatt e il giorno dopo la discesa avrà inizio dal Piccolo Cervino anziché dal Teodulo. Il gruppo è decisamente più nutrito: Giovanni, Alex, Martino, Daniela, Filippo ed Enrico, chi in sci, chi con la tavola, chi con le racchette (questi ultimi sono sempre saliti da Zermatt). La neve, rispetto alla volta precedente, è molto più pericolosa, fa caldo e gli sci affondano letteralmente e si piantano inesorabilmente mentre vai avanti. In più il carico sulla schiena (soprattutto il primo giorno) è davvero serio. L'obiettivo principale è quello di scendere il mulino noto come G8 e rilevare il livello dell'acqua, in secondo luogo dare un'occhiata ai nuovi buchi visti nella parte terminale del ghiacciaio, dove in genere non ci si spinge mai nelle visite autunnali. L'interesse è infatti legato ai mulini ubicati nella porzione medio alta del ghiacciaio.
Il G8 riserva sorprese. Giovanni provvede all'armo con la collaborazione di Filippo, realizzando un corpo morto con gli sci, sicuro e pratico in presenza di un consistente manto nevoso, come in questo caso. Il cielo è coperto e la temperatura alta, nevischia. Intanto Alex ha approntato l'attrezzatura per fare le riprese e si cala per primo, aspettando la discesa di Giovanni, sul presunto fondo del mulino. Per tranquillità pianta un chiodo nel ghiaccio a cui assicura se stesso e l'attrezzatura. Giovanni comincia la discesa. In quel momento però, quello che sembrava il fondo del G8 affonda sotto i piedi di Alex ... Liberando il bordo del pozzo dai volumi di neve, che avrebbero potuto essere messi in movimento dalla corda, si era venuto a creare un consistente tappo di neve appoggiato alla superficie della falda che occupava i restanti 100m di profondità (forse) del mulino, ovviamente non rilevabile a occhio dalla superficie. Il chiodo provvidenziale ha permesso ad Alex di bagnarsi "solo" le gambe, ma è indispensabile uscire al più presto. Giovanni risale velocemente, ma la corda bagnata all'esterno, si è ghiacciata all'interno del mulino: la risalita è tutt'altro che elementare in queste condizioni, è stato necessario passargli un croll ulteriore da usare come "rompighiaccio" per permettere poi la salita con i bloccanti. Il tutto nel minor tempo possibile per consentire ad Alex di uscire rapido, mettersi addosso qualcosa di asciutto recuperando roba dai nostri zaini e fuggire verso Zermatt. Il rientro è stato faticoso anche per Martino con la tavola, che affondava senza speranza nei tratti più pianeggianti del percorso.
Il terzo giorno il tempo a disposizione è poco, c'è il vincolo dell'orario dell'ultima risalita per Cervinia. Non si potrà fare molto, i nostri amici con le racchette, che il giorno prima sono stati a visitare la caverna frontale, sono già risaliti per ovvie ragioni, noi recuperiamo i materiali e diamo ancora un'occhiata ad un affascinante mulino (Azul) sovrastato da una condotta circolare fossile. Il percorso del rientro non è per nulla veloce, a causa delle condizioni della neve, che in prossimità delle piste è scarsa e marcia, ma arriviamo per tempo all'appuntamento con la cabinovia e con le piste di Cervinia.
La tre giorni si conclude con quel che resta del cibo e una bottiglia di vino conservata in macchina proprio per questo momento.
Recensioni
Andrea Gobetti, L'ombra del tempo. Gli esploratori delle caverne, 235 pag, con foto (Gobetti, Vigna, Villa) e cartine, Collana "Le Tracce" di CDA \ Vivalda, Torino 2003, 18 *.
Sul nuovo libro di Andrea sono già apparsi giudizi molto positivi in sedi autorevoli e in effetti si tratta di un'altra opera, dopo "Una frontiera da immaginare", destinata a fare epoca in un campo ben più esteso di quello speleologico.
L'ombra del tempo sono le grotte, memoria dell'acqua. I ricordi attraversano il tempo che li filtra, sono memorie che dal passato si sono aperte un passaggio fino ad oggi, come l'acqua dentro i complessi sotterranei del Marguareis. Quel Marguareis che è il centro del mondo, con il labirinto oscuro di Piaggia Bella rompicapo da capire, la terza montagna che nessuno conosce.
Avventura e esplorazione animano il libro, e non potrebbe essere diversamente. Nella speleologia lo spirito di avventura esiste ancora e l'autore non si è certo tirato indietro nel seguirlo, dentro e fuori dalle grotte, e ce lo racconta con talento, con penna al solito agile e colorita.
I ricordi filtrano da un'autobiografia ricca di esperienze avventurose. Sono rievocati i fermenti giovanili a cavallo degli anni '70 (la ribellione del '68 fallita per troppa politica), la fuga in India e al ritorno l'isolamento provocato dall'incomprensione dei soliti benpensanti, le grotte come buona medicina, il pellegrinare nella cattiva stagione da amici ospitali per poi ritrovarli d'estate a PB, l'illusione di poter vivere di speleologia e perciò con una certa libertà, il praticare un lavoro duro e pericoloso come quello dei disgaggi ma libero, e infine l'approdare negli anni del terrorismo a Matraia, da Gildo, all'agricoltura che dà un senso alle stagioni, a una famiglia con "santa Giuliana" e Marianna e Stefano.
La scoperta di se stesso è iniziata con l'esperienza indo-nepalese, propiziata dal ritmo di Kathmandu, ed è proseguita con il "dare un corpo italiano alle lezioni indiane". È viaggiando che sconosciamo noi stessi e gli altri. Cercare la libertà è uno dei motori della vita e viaggiare è libertà. Afghanistan, Calanques, Sardegna, per allargare il raggio d'azione fino a diventare un viaggiatore solitario invidiato, in grotta e ad arrampicare, con i compari giusti, con la banda che finisci per riscoprire dopo tanti anni ritornando a fare un campo a PB in un rigurgito di giovinezza e in sintonia con la new generation.
La base filosofica è sempre quella ma si è fatta più matura. Dire quel che si pensa, investire i soldi su se stessi come diceva il padre. Il figlio di Stambecco Furioso non sopporta che il fulcro di ogni cosa sia il denaro, che all'umanità intera vengano imposti consumismo e globalizzazione, che l'ambientalismo non pensi anche all'uomo, che pure l'alpinismo debba sottostare a gare e classifiche e dio denaro (hanno anche aperto la scala delle difficoltà). Non
è andato a Genova ma solo perche aveva annusato odore di bruciato e lui aveva già pagato duro.
In mezzo alle esperienze giovanili e a quelle poi maturate con esperienze sub e spedizioni nel Nuovo Mondo, c'è molta storia del nostro cinquantenne GSP, e non solo. Episodi inediti e retroscena di esplorazioni storiche saltano continuamente fuori, tra una giunzione e l'altra e tra una sbronza e l'altra. Le parole si fanno acquerello quando si materializzano in ritratti di personaggi di una nitidezza impressionante, vedi Grundal e Giuanin Magnana.
Come sempre l'Ariete mostra i graffianti connotati del suo segno. Perciò nelle pagine c'è gente che viene stesa in quattro e tre sette come dicono in Corsica (in particolare ne fa le spese il bistrattato Pi Greco). E viene fuori un modo sconcertante di scoprire se stessi: attraverso il non andare d'accordo (e la presentatrice Tenderini ci casca, facendosi l'idea che gli speleo siano ingovernabili e sempre lì ad azzuffarsi).
È un bel libro di memorie che diventa storia e per di più divulgata, a pubblicizzare filtrati attraverso il tempo avvenimenti e loro comparse.
MDM
Novità (o quasi...) in Biblioteca
G. Villa
Periodici italiani
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Alpidoc - Le Alpi del sole (Sezioni CAI prov. di Cuneo), n. 44 (2002) (Giornate della speleologia e progetto Rio Martino); n. 45 (2003) (Esplorazioni alla Tana del Forno e il via al Progetto "Quando c'erano gli orsi" documentazione sui reperti di orso bruno e spelaeus dalle grotte delle Alpi Liguri); n. 47 (2003) (Esplorazioni nelle miniere della Maissa, in val Infernetto, in parte scavate in grotte; storia delle esplorazioni allo Scarason e il ghiacciaio sotterraneo). |
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Anthèo (Boll. Gruppo Speleo-Archeologico Giovanni Spano, Cagliari), n. 6 (2002) (Numero interamente dedicato agli Atti del Convegno "Il carsismo e la ricerca speleologica in Sardegna"). |
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Atti e Memorie della Commissione Grotte "Eugenio Boegan" (Trieste), vol. XXXVIII 2000) (Fauna delle grotte della Venezia Giulia). |
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Il Corsaro (Ass. Speleologica Comasca), n. 1 (1988). |
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In Sciö Föndo (Ass. Speleologica Genovese "San Giorgio"), n. 5 (2003) (Campo al Biecai 2002 con inquadramento della zona e aggiornamento catastale; esplorato l'abisso Ferro di Cavallo -120). |
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KUR magazine (La Venta exploring team), n. 0 (2003) (Presentazione della Rivista nata per divulgare i risultati delle esplorazioni dell'Associazione Geografica La Venta). |
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L'Alieno (Gruppo Speleologico Valle Imagna CAI), n. 2 (2001) (Resoconto storico esplorativo di una delle più lunghe grotte del Bergamasco). |
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Natura alpina (Soc. Scienze Nat. Trentino e Museo tridentino di Sc. Nat.), n. 2-3 (2000) (il |
punto sugli studi al Riparo Dalmeri, stanziamento epigravettiano con ritrovamento di ciottoli dipinti). |
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Natura nascosta, not. di Paleontologia, Geologia e Speleologia (G. Spel. Monfalconese), n. 26 (2003). |
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Ol Büs (Speleo Club Orobico - CAI Bergamo), n. 14 (2001). |
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Papesatàn (Gruppo Speleologi CAI Malo, Vicenza), n. 3 (2002) (Attività 1997-2001). |
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Përtüs 4 (Gruppo Speleologico Giavenese "E. Saracco"), n. 4 (2003) (Il Progetto Rio Martino; relazioni dei campi alla Colla Termini e al Marguareis; idrogeologia del sistema carsico dell'Ellero). |
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Progressione 43 (Comm. Grotte "E. Boegan", Trieste), n. 45 (2001). |
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Puglia Grotte (Gruppo Puglia Grotte, Castellana-Grotte), numero unico (2001) (Numero dedicato al trentennale del Gruppo). |
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Quaderni del Museo di Storia Naturale di Livorno, vol. 16 (2001-2002). |
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Speleologia del Lazio (Fed. Speleologica del Lazio), n. 1 (2000), n. 3 (2002). |
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Stalattite (Gruppo Grotte Schio CAI), anno XX (1999-2000). |
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Talp (Fed. Speleologica Toscana), n. 25 (2002) (Fauna: i Geotritoni delle Alpi Apuane), n. 26 (2003) (Variazioni climatiche nelle Alpi Apuane tra 280.000 e 370.000 anni fa, dall'esame delle fasi di crescita di una stalagmite sottoposta a datazione col metodo dell'U/Th), Suppl. al n. 26 (2003) (Plin e Tin, un viaggio di due gocce d'acqua). |
Periodici dall'estero
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Boletín de la Sociedad Venezolana de Espeleologia. Caracas, n. 26 (Dic. 1992) (Numero monografico sulla Mesa Turik, Venezuela, aspetti storici, biologici, e fisici). |
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Boletín del Museo Andaluz de la Espeleologia, Granada, n. 14 (2002) (La nascita della speleologia scientifica in Spagna con José Torrubia nel XVIII secolo; il 50° anniversario della morte di Marcel Loubens alla Pierre St. Martin con foto e documenti dai giornali dell'epoca). |
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Bulletin du Musée d'Anthropologie préhistorique de Monaco, n. 42 (2002) (Stato delle ricerche sul Pleistocene medio nella grotta Aldène, Francia Hérault). |
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Cavernes (Sect. Neuchâteloises de la Soc. Suisse de Spéléologie), n. 2 (2002). |
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Der Schlaz (Verein für Höhlenkunde in München), n. 96, 97, 98 (2002). |
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Die Höhle (Austria), n. 1, 2, 3, 4 (2002). |
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Echo des Vulcains (G. S. Vulcain, Lyon). n. 53 (1996). |
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Grottes et Gouffres (Spéléo Club de Paris), n. 158 (2002) (La storica rivista esce ora a periodicità annuale. Curiosi retroscena dell'expérience hors du temps nel 1972 alla Midnight Cave in USA in cui Michel Siffre restò isolato per sette mesi: all'uscita il fatto passò in sordina sui giornali a causa della concomitanza con la notizia della strage alle Olimpiadi di Monaco, con ovvio disappunto del protagonista dell'impresa; speleologia in Columbia; la traversata P40 - Guiers Mort nel complesso Dent de Crolles, Isère) |
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Journal of Cave and Karst Studies (Nat. Spel. Soc. USA), vol. 65. n. 1 (2003) (Fauna delle grotte degli USA: Coleoptera, Staphylinidae, Collembola, Arrhopalitidae; inventario degli invertebrati sotterranei del carso dell'Illinois; analisi micologiche in grotte a Puerto Rico; morfometria delle depressioni carsiche in Florida; formazioni di gesso nella Mammoth Cave; Kuka'lau e Mauna Kea, rari esempi di grotte in rocce vulcaniche, precedenti l'ultima glaciazione, scavate dall'azione dell'acqua, Hawaii; inquinamento da rifiuti |
in grotte laviche), vol. 65. n. 2 (2003) (Pesci di grotta in Pennsylvania; scoperta di scheletro di un orso gigante carnivoro del Pleistocene, Arctodus simus, in una grotta dell'Illinois e completo studio morfometrico; concrezioni di gesso a Frasassi; la crescita delle concrezioni). |
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Kras (Ljubljana, Slovenia), n. 21 (1997) (Gli articoli sono in inglese e trattano dei vari aspetti del carsismo), n. 49 (2001). |
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Mémoires de Biospéologie (Moulis), T. XXVIII (2001). |
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Mitteilungen (München), n. 1 (2003), n. 3 (2003). |
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Naše Jame (Speleological Ass. Slovenia), n. 44 (2002). |
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NSS News (Nat. Speleological Soc. USA), n. 1 (2003) (Spedizione nella Repubblica Dominicana nella regione di Nalga de Maco), n. 3 (2003) (Numero dedicato interamente alla protezione dell'ambiente sotterraneo), n. 4 (2003) (Grotte in Alaska e in Canada; carsismo e utilizzo agricolo), n. 5 (2003), n. 8 (2003) (speleologia alle Bermude; grotte sottomarine e fauna; argomenti di biologia: l'evoluzione e le grotte); n. 10 (2003). |
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Pierk 2002 (Speleo Nederland), n. 1-2 (2002), n. 3-4 (2002), n. 1-2 (2003), n. 3 (2003). |
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Pholeos (Wittemberg University Speleological Society, Springfield, Ohio -USA), Vol. 19 (1-2) (2001) (Il guano dei pipistrelli e l'impatto nell'ecosistema delle grotte), Vol. 21 (1-2) (2003) (L'impatto sull'ambiente di grotta dell'estrazione del salnitro; gli effetti ambientali sulla densità di popolazione di salamandre in grotta; stato dell'arte sui solfobatteri egli effetti nella speleogenesi e nell'ecosistema di grotta). |
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Regards - Spéléo Info (Soc. Spéléol. de Wallonie), n. 46 (2002) (Illuminazione con i led: schemi; cavità nell'Ayers Rock, Australia, con manifestazioni d'arte parietale), n. 47 (2003) (Storia degli spit), n. 49 (2003). |
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S.C.V. Activités (Spéléo Club Villeurbanne), n. 58 (1995) (Progetto di approccio alla speleologia di individui con handicap fisici; osservazioni sui pipistrelli). |
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Speleolog (Zagreb, Croatia) n. 48/49 (2000/2001). |
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Société Spéléologique de Namur (Belgio), n. spécial Janvier (2003) (uso degli esplosivi per soccorso). |
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Speleology (Bull. British Cave Res. Ass.), n. 2 (2003) (L'accesso regolamentato alle grotte: i terreni privati e il diritto di passaggio; esplorazioni in Marocco), n. 3 (2003) (Il biossido di carbonio in grotta: gli effetti sull'uomo; spedizione in Cina nella regione di Guangxi). |
Spelunca (Fédération française de Spéléologie), n. 89 (2003) (Nuovo record di profondità mondiale: complesso Mirolda - Lucien Bouclier a -1733 in Haute-Savoie; pregi e difetti dei led e dell'acetilene nell'illuminazione; torrentismo a Réunion: le Trou de Fer; i simboli in topografia; paleontologia: scoperto in una grotta in Cina uno scheletro completo di Grand Panda risalente a 19.000 anni fa; archiviazione di dati topografici numerici), n. 90 (2003) (Le grandi cavità della Francia; la fluoresceina: alle diluizioni elevate, di norma impiegate, non risulterebbe tossica; comparazione di tre metodi di risalita su corda: a due, a tre bloccanti e alternato: le più vantaggiose sono risultate le tecniche a tre bloccanti; ancora sui led; spedizione nelle Filippine, isola di Samar; arte parietale "recente?" in una caverna della Lozère, Francia; risorgenza di Ressel in Lot, Francia), n. 91 (2003) (Pirenei atlantici: esplorazioni al Massif de Ger; un lago di latte di monte al gouffre d'Alzola - Paesi Baschi; spedizione in Papuasia; rapporti tra Speleologia e Archeologia). |
Monografie
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AA. VV. (1998). Il Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna. Sintesi del dossier presentato all'Unesco. (Aspetti geologici, archeologici, minerari e biologici del Parco comprendente 8 aree distribuite in tutta la Sardegna). |
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AA. VV. (2001). Les carrières de Gironde. Table ronde Bordeaux -26 juin 1999. Société Spéléologique Préhistorique de Bordeaux. (Le cave sotterranee di pietra: approccio archeologico ed etnografico di un'attività di sfruttamento iniziata un millennio fa; curiosa la ricca rappresentazione di velieri e imbarcazioni di ogni tipo sulle pareti). |
|
AA. VV. (2003). L'ambiente carsico e l'uomo. Convegno nazionale (Bossea 5/8 sett. 2003), Preprint. Staz. Scient. Bossea - CAI Cuneo. (L'impatto antropico in tutti i suoi aspetti sulle cavità carsiche). |
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AA. VV. (s. d.). La legge regionale sulla speleologia ha trent'anni: i risultati, le proposte per il futuro. Atti del Convegno di Trieste (12 Ottobre 1996), a cura della Comm. Grotte " Eugenio Boegan" e del Catasto regionale delle grotte del Friuli-Venezia Giulia. |
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Comm. Grotte "E. Boegan" (2003). La grotta dei sogni. (Monografia dedicata alla grotta Gualtiero in Friuli V.G., scoperta nel 1991). |
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Gobetti A. (2003). L'ombra del tempo. Gli esploratori delle caverne. CDA-Vivalda ed. (L'epopea marguareisiana negli anni '80, il seguito ideale della "Frontiera"). |
|
Gruppo Grotte "Carlo Debeljak", Trieste (1994). La Grotta " Claudio Skilan " VG 5720 - RE 5070. Prime indagini scientifiche sul complesso ipogeo. |
|
Gruppo Speleologico C.S.I. SPECUS (1998). Il pozzo di San Pancrazio a Cagliari. (Cavità artificiale a Cagliari di epoca medioevale; indagini storiche, archeologiche e idrologiche). |
|
La Rocca A. (1996). Grotte e briganti. Storia e leggenda di terra Calabra e Lucana. Le monografie del G.S.S. 1. Gruppo Speleologico "Sparviere", Alessandria del Carretto (CS) (Aspetti antropici insoliti...). |
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Marotta C. (1998). La Grotta delle Meraviglie, Marina di Maratea. Ed. Il Coscile, Castrovillari. |
|
Pascutto T. (1998). Indagini biospeleologiche in cavità del Piemonte settentrionale (provincie di Biella, Vercelli, Novara e Torino) (da11992 al 1997). CAI Sez. Biella. |
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Pascutto T. (2003). Biospeleologia. Indagini e nuove cavità del Piemonte (Province di Torino, Cuneo, Biella e Vercelli). AGSP. |
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Pozzo R., Sella R. (2002). Il mondo delle grotte. AGSP - Reg. Piemonte. (Agile manualetto di speleologia indirizzato agli studenti delle scuole che tratta tutti i principali aspetti della speleologia). |
Elenco soci
Membri Effettivi
Alterisio Deborah |
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Grossato Daniele |
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Milanese Nicola |
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Musiari Luisa |
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Oddoni Pierclaudio (Cagnotto) |
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Pozzo Riccardo (Loco Hombre) |
Via Costanzo 26 (BIELLA) 333.74.39.280 pozzoriccardo@virgilio.it |
Strippoli Stefano |
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Terranova Pierangelo (Tierra) |
340.77.00.657 pierangelo. terranova @ ferrero.com |
Vacchiano Francesco (Franz) |
340.540.2400 vacchiano@infinito.it |
Vigna Bartolomeo (Meo) |
Via S.Bernolfo 53 (MONDOVI') 0174.55.21.23 368.94.28. 78 bvigna@athena.polito.it |
Membri Aderenti
Arduino Giancarlo (Mezzamano) |
(GARESSIO) 0174.80.35.56 giancarloarduino@tiscalinet.it |
Badino Giovanni |
Via Cignaroli 8 011.43.61.266 328.21.53.718 badino@to.infn.it |
Balbiano D' Aramengo Carlo |
Via Balbo 44 011.88.71.11 011.94.34.266 carlobalbiano@libero.it |
Baldracco Piergiorgio (Giorgetto) |
Via Baltimora 160/B 011.30. 72.42 335.27.08.67 nicher.nicher@tin.it |
Belmonte Francesco (Cesco) |
Borgata Giagli 15 bis (CONDOVE) 338.11.69.551 011.93.99. 759 |
Bertorelli Valentina |
Via Castelmerlo 17 (BOLOGNA) 339.88.16.294 bertova @ libero.it |
Bozzolan Lorenzo (Z) |
Via S.Rocco 2 011.66.15.363 338.85.80.644 335.82.67.528 pessinea @tiscalinet.it |
Campajola Marilia |
0583 53549 San Paolino Lucca |
Carisio Walter |
|
Carlotto Marco |
Via Grand Tounalen 4 0165.33.996 348.76.25.880 ma.r.c@ libero.it |
Casale Achille |
Corso Raffaello 12 011.65.08.884 329.36.05.821 a.casale @ libero.it |
Chiabodo Roberto (Arlo) |
Via Brusà 12 (VALDELLATORRE) 011.96.80.165 arlochiabodo@infinito.it |
Colombo Roberto |
Via Nino Costa 15 (MAPPANO) 333.61.37.437 anakid66@quipo.it |
Coppola Diego |
Via Piria 17 Torino 349.19.46.994 diego.coppola @ libero.it |
Cuccu Franco (Fof) |
340.91.46.712 |
Curiotto Stefano |
Via Balme 45 011.74.67.47 curioz@libero.it |
De Almeida Isabel (Beu) |
Lungo Dora Napoli 10 011.85.30.48 isabelde @ libero.it |
Di Gregorio Federico |
Via dei Mercanti 9 339.26.07.878 fog@debian.org |
Di Maio Marziano |
Via Cibrario 55 011.75. 12.53 |
Di Palma Mara |
011 5215869 |
Doppioni Pier Giorgio |
Reg. Caney inf. 111 (SETTIMO VITTONE) 0125.65.87.97 347.36.95.840 syntec@netsurf.it |
Favre Samantha |
|
Fontana Alice |
Corso Marconi 27 011.66.89.363 335.83.16.257 woo@mclink.it |
Fresu Teresa (Tetteresa) |
|
Galparoli Andrea (Zeus) |
Corso Cosenza 25 011.61.93.663 335.82.69.792 a.galparoli @ libero.it |
Garelli Carlo (Uccio) |
Via Villarfocchiardo 16 (COLLEGNO) 011.38.55.341 |
Gaydou Adriano |
Via Baltimora 15 011.36.51.60 |
Giardinieri Antonella (Supetta) |
Via Vecchia di Buriasco 4 (PINEROLO) 0121.54.35.98 333.59.86.119 lalla.anto@tiscalinet.it |
Giovine Giuseppe (Beppe) |
Via della Chiesa 5/3 (DEVESI - CIRIÈ) 011.92.15.884 338.17.01 .599 yyoung@tin.it |
Gobetti Andrea |
Strada Reaglie 011.89.92.873 0583.40.22.96 angobe@tin.it |
Grassi Maurilio |
Via Po 22 011.81.23.452 |
Lana Enrico (Baboia) |
Via Matteotti 43 (VEROLENGO) 011.91.496.94 |
Leonardi Aldo |
|
Maina Franca |
Via Gerbole 66 (VOLVERA) 011.99.06.133 |
Mantello Andrea |
Via Pacinotti 2 011.47.30.166 340.25.80.302 0141.93.43.73 andreamantello @yahoo.com |
Manzelli Andrea (Manzo) |
Corso Francia 167 011.74.82.40 335.25.59.64 eliand.md@tiscalinet.it |
Massola Marco |
Reg. Rivera 12 (FRONT CANAVESE) 011.92.51.762 |
Mattii Umberto (Umba) |
Via Trecate 15 011.79.73.20 328.57.81.789 |
Molino Antonello (Enos) |
Via Principe Tommaso 21 0173.33.35.7 0173.50.84.7 |
Nasi Guido |
011.88.46.95 |
Ochner Laura |
Via Baltimora 160/B 011.30.72.42 360.77.29.57 |
Pasteris Enrico (Eu) |
Via Pesaro 20 011.52.15.869 eupast@infinito.it |
Pavia Riccardo (Aizza) |
Via S.Paolo 84 011.38.55.010 336.90.02.637 |
Perego Gianna |
Via Peano 3 011.50.01.91 328.97.57.253 giagiap@libero.it |
Tizian Fabio (AAA) |
Via della Consolata 7 011.52.11.790 347.80.03.416 leoneverde @ leoneverde.it |
Ubertino Alberto (Ube) |
Via Delle Querce 11 (LESSONA) 015.98.11. 19 335.60.09.058 |
Valente Loredana |
C.so Brunelleschi 91 c 011.703.796 347.36.71.241 loredana.valente@tiscalinet.it |
Villa Giuliano |
Via Gerbole 66 011.99.06.133 villagiuli @tiscali.it |
Zaccaro Leonardo |
Corso Orbassano 88 011.56.83.543 |
CAPANNA SARACCO - VOLANTE del
GSP CAI Uget di Torino
sul Massiccio del Marguareis, nella conca carsica di Piaggia Bella,
a 2220 m di quota, la Capanna Scientifica Saracco-Volante è una
ottima base per l'attività speleologica della zona.
È in grado di offrire 22 posti letto in cuccette con materassi e coperte,
luce e riscaldamento nella parte centrale, cucina e magazzino
In rifugio è presente un telefono (0039+0174390190) e nel locale
invernale un apparecchio di emergenza consente la chiamata per
eventuali soccorsi.
Per informazioni rivolgersi presso la sede del CAI - in Galleria
Subalpina 30 - 10123 - Torino, telef. 0039+011537983