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GROTTE

anno 42, n. 129 - gennaio-aprile 1999

gruppo speleologico piemontese - cai-uget

 

sommario

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La parola al Presidente

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Notiziario

15

Attività di campagna

17

Per Davide

19

Un sacco pesante

22

Su Anzu - Atto terzo

31

Cappa: fondo

33

Corso 1999

34

Riflessioni di un giovane speleologo

38

Attività biospeleologica anno 1998

41

Incidente alla Mena d'Mariot

42

Una statistica regionale

45

Recensioni

 

 

Supplemento a CAI-UGET NOTIZIE n. 7 di luglio-agosto 1999

SPEDIZIONE IN A.P., comma 20c, art. 2, Legge 662/96

Direttore responsabile: Emanuele Cassarà

(autorizz. Trib. Saluzzo n. 64/73, 13.10.1973)

 

Redazione:

Giampiero Carrieri, Alberto Cotti, Marziano Di Maio,

 

Attilio Eusebio, Chiara Giovannozzi, Valentina Marchionni,

Laura Ochner, Francesco Vacchiano.

 

Foto di copertina: Grotta Su Anzu (A. Eusebio)

Bozzetti di Simonetta Carlevaro e Giorgio Cartello

Stampa: La Grafica Nuova, Via Somalia 108/32, Torino

Fotografie di: A. Eusebio, P. Fausone, F. Vacchiano e Archivio GSP

GSP su Internet: HTTP://WWW.ARPNET.IT/~GSPELE

Email: GSPELE@ARPNET.IT

 

 

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La parola al Presidente

Francesco Vacchiano

     Il bollettino che questo articolo va ad aprire non è purtroppo un numero come tutti gli altri. Non le solite domeniche tirate a inventare un'attività decente (e durante l'inverno non è sempre semplice per i piemontesi), non gli articoli esplorativi abituali, più o meno noiosi, più o meno interessanti, neppure le note di folclore speleologico o le speleodemenze che accompagnano le sere in cui in grotta non si va ma ci si occupa di costruire e di raccontare storie... Il presente bollettino è in buona parte dedicato a qualcosa di molto più terribile e di tremendamente più serio, che ci costringe ad accorgerci che quanto andiamo facendo, pur essendo un gioco bellissimo e una ricerca avvincente, non è uno scherzo.

     Qualcuno di noi, come il sottoscritto, aveva la fortuna di non essersene mai accorto veramente, avendo iniziato a frequentare le grotte un anno dopo l'incidente della Chiusetta e non avendo mai davvero vissuto la morte di un amico all'interno di una cavità. La scoperta è amara.

     Questo amico era Davide, Trumùn da prima ancora di arrivare in GSP, caduto a meno duecento per una corda tagliata da una lama di roccia. Altri più avanti racconteranno cosa è successo e chi era Davide. Non spetta a me farlo in questa apertura. Al sottoscritto spetterebbero forse alcune considerazioni sull'accaduto e sul suo impatto per il gruppo, forse alcune parole di rito tipo "la vita continua" e altre cose del genere, luoghi comuni che da questa tastiera proprio non sembrano voler uscire. Così come non vuole uscire nessun commento sul rischio calcolato della speleologia. È un rischio non calcolato, altrimenti non saremmo qui. Abbiamo bisogno di non calcolare il rischio di molte cose, il rischio di sbagliare, il rischio di crescere, il rischio di riprodurci. Ne abbiamo bisogno per poter vivere.

     Siamo disarmati di fronte a questa perdita, non abbiamo neppure le coordinate per darvi un senso. Molte volte in grotta si rischia. Spesso una responsabilità indiretta, un errore umano, uno sbaglio anche solo nei precedenti serve a spiegare, ad inventare un significato, a fornire questo senso palliativo che dovrebbe dirci chi, come, cosa, che dovrebbe insegnarci a non sbagliare più. Ora invece solo il caso, quello che i greci non per nulla pensavano che fosse il più potente degli dei, capace di scombinare anche i piani di Zeus, figuriamoci quelli degli uomini, piccoli e così fragili. E costruire un senso è paradossalmente ancora più duro.

     Torneremo in grotta, e ricominceremo daccapo, insolenti e cocciuti, impertinenti con la sorte. Sarà forse il modo migliore per incontrare ancora Trumùn, farsi prendere per mano e farsi accompagnare giù, fino al fondo.

Per una risposta che non si può esprimere,

nemmeno si può formulare la domanda.

L 'enigma non c'è... Noi sentiamo che se tutte

le possibili domande della scienza

ricevessero una risposta, i problemi della

nostra vita non sarebbero nemmeno sfiorati.

Certo non rimane allora alcuna domanda; e

questa è appunto la risposta

Ludwig Wittgenstein.

Tractatus logicus philosophicus

 

 

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Notiziario

Assemblea di fine anno1998 e inizio 1999 del GSP

     Il 3 febbraio 1999 si è svolta l'Assemblea di fine anno 1998 del GSP insieme a quella di inizio anno 1999, con questo o.d.g.:

     1) relazione di attività 1998 e programmazione 1999;

     2) bilancio 1998 e preventivo 1999;

     3) elezione soci effettivi e aderenti;

     4) relazione del Presidente e dell'Esecutivo;

     5) relazione di attività delle sezioni, nomina dei loro responsabili e programmi 1999;

     6) assegnazione Volpe d'Argento;

     7) varie ed eventuali.

     Con Daniele Grossato coordinatore dell'Assemblea, si riassume l'attività dell'anno trascorso. Tra inverno e primavera si è tenuto il 41° Corso di speleologia, con pochi allievi che hanno iniziato l'attività con il Gruppo. Sono seguite le prime esplorazioni all'Arma del Tao in Val Tanaro, proseguite per circa due mesi, sospese per il campo (l'abisso è stato disarmato per poi riarmarlo) e poi riprese. Da ricordare lo scavo e il passaggio in Solai, i lavori al Buco del Secchio, e a Fine Mondo. Trovate prosecuzioni in A27 (ora a -100) e scoperto D69 ora a -80. L'attività del campo ha visto l'esplorazione di O1 e O2; due punte al Libero a -500, con 2 risalite tra ingresso e frana (una è toppa); ma soprattutto le esplorazioni al Cappa con circa 2 km nuovi e promettenti sviluppi per il futuro. Dopo il grosso impegno del Congresso di Chiusa e delle sue manifestazioni collaterali, si sono avute la disostruzione di C5 e la puntata al Gorner, mentre in Vietnam si erano esplorati 14 km di grotte nuove. Per Natale si è tornati in Sardegna riprendendo esplorazioni e rilievo a Su Anzu, dove sono ora rilevati 13.650 m di grotta.

     Il bilancio finanziario si è chiuso in leggero attivo, ma con qualche pendenza ancora da saldare. Il grosso delle uscite riguarda bollettino, magazzino e corso, ma importanti sono stati anche gli acquisti di proiettori e di materiali da disostruzione. In relazione alla situazione, si è proposto un congruo aumento della quota sociale, che da 60.000 lire è stata portata a 100.000, con possibilità di pagare in due rate.

     Circa l'elenco dei soci effettivi e aderenti, è stato deciso il depennamento dei morosi, mentre 4 effettivi divengono aderenti (R. Chiabodo, V. Martiello, E. Serra e M. Taronna), 1 aderente passa effettivo (S. Capello) e 8 ex-allievi del corso passano nuovi aderenti. In totale per il 1999 si avranno 20 effettivi e 63 aderenti, i cui indirizzi sono riportati più avanti.

     Sono riconfermati il Presidente Franz Vacchiano e l'Esecutivo precedente (Cotti, Eusebio, Ingranata, Lovera, Milanese, Vigna) con l'aggiunta di Paolo Fausone, anche in considerazione della prossima partenza sotto le armi di Milanese.

     Per l'AGSP, va rimarcata la necessità di rivedere lo statuto.

     Per l'Archivio, L. Bozzolan comunica che esso è stato trasferito in magazzino e sarà cura di C. Balbiano, cui si affiancherà A. Cotti.

     La Biblioteca (G. Villa, riconfermato) ha visto una discreta frequentazione, in particolare durante i corsi. La schedatura è aggiornata al 1997. V'è interesse ad acquistare nuovi volumi. Vanno rivisti gli scambi di pubblicazioni periodiche. Il catalogo è disponibile su dischetto.

     Per la Biospeleologia A. Casale (resp.) ha fornito la consueta relazione, pubblicata su questo stesso numero.

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     M. Di Maio per il Bollettino lamenta l'uscita di 2 soli numeri mentre il terzo è in grave ritardo, che si cercherà di colmare quanto prima. Al male cronico della puntualità nella consegna degli articoli o degli allegati (disegni e foto), si è aggiunta una insolita frequenza di articoli programmati che poi sono rinviati o annullati. La redazione è stata opportunamente rinforzata con l'ingresso di A. Cotti e C. Giovannozzi, mentre ne è uscito M. Taronna. I. De Almeida propone di redigere gli articoli su grotte secondo uno schema che pur con forma libera contempli però inquadramento geologico, descrizione, rilievo.

     La Capanna è a posto, telefono compreso; rimane da sistemare la stufa. Un fine settimana sarà dedicato alla sistemazione del locale secondario, a quanto riferisce D. Girodo (riconfermato responsabile insieme a F. Belmonte).

     Per il Catasto, B. Vigna ne ricorda la situazione sempre critica e l'assoluta necessità di sveltirne l'operatività e centralizzarne l'organizzazione, per i quali scopi egli farà da referente, mentre propone il coinvolgimento di G. Villa, che accetta e si farà carico di indire una riunione operativa.

     I responsabili del Magazzino (S. Capello, V. Marchionni, N. Milanese) riassumono quali materiali sono presenti in sede e quali invece sono sparsi in varie cavità armate. Sono evidenziate le necessità di materiali da acquistare e i loro costi. Ai predetti responsabili (con Milanese sino a quanto partirà militare) si aggiungono C. Oddoni e I. Cicconetti. Vi sono problemi relativi alla permanenza nella sede attuale.

     Per i materiali didattici, la responsabile (riconfermata) M. Campaiola illustra la loro raccolta, messa in ordine e sistemazione in magazzino. I video di proprietà dell'AGSP sono conservati da G. Carrieri.

     Materiali speciali (Cuccu, Fausone, Ingranata, riconfermati): vi sono da sostituire due trapani, ma i vecchi modelli non sono più disponibili e quelli nuovi sono meno robusti.

     Strumenti da rilievo: B. Vigna comunica che risultano mancanti due distanziometri. Segreteria: ordinaria amministrazione ed è riconfermata I. De Almeida.

     Apertura e chiusura sede: ci si organizzerà a rotazione. Continuerà nell'incarico svolto sinora R. Colombo. Altre chiavi sono in possesso di S. Capello, F. Vacchiano e G. Villa.

     La Tesoreria, in seguito alla rinuncia di S. Bettuzzi, è affidata a M. Campaiola. Per i collegamenti Internet si è attivata un équipe composta da P. Fausone, D. Grossato, U. Lovera, F. Vacchiano e F. Gagliardi.

     I programmi esplorativi, data l'ora ormai tarda, sono rinviati ad altra riunione in cui si potrà discutere con più tempo; per l'occasione si stilerà altresì un elenco dei materiali da acquistare.

     Alla fine dell'Assemblea viene assegnata la Volpe d'Argento: se la aggiudica R. Pozzo (Loco) su un numero di concorrenti più agguerrito del solito. Sara Capello vince invece il Premio Orienteering, e N. Milanese il Colapasta d'Oro.

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EFFETTIVI 1999

Badino Giovanni

Via Cignaroli 8, 011/4361266 - cell. 0330/683492

Belmonte Francesco (Cesco)

Borgata Giagli 15 bis, Condove - cell. 0368/7144747

Campaiola Marilia

Via Rovereto 12, Pino Torinese, 011/8112061

Capello Sara

Via Pastrengo 66, Moncalieri, 011/6066683

Carrieri Giampiero

Via Bergera 10/F, 011/721474 - cell. 0335/6094436

Cicconetti Igor

P.zza Rebaudengo 10, 011/2464483

Cotti Alberto (Alby)

Via Settimo 57/A, S. Mauro,011/8225010

Cuccu Franco (Fof)

C.so Francia 257, 011/712194 - cell. 0335/5900246

Eusebio Attillo (Poppi)

C.so Monte Cucco 131, 011/3850737 - cell. 0335/5640430

Fausone Paolo

Via Ferrero di Cambiano 11, Moncalieri, 011/6614051- cell. 0368/403861

Girodo Domenico (Mecu)

Via Alpi Cozie 3, Avigliana, 011/9320253 - cell. 0347/8740724

Grossato Daniele

Via Levanna 27, 011/7765070

Ingranata Massimiliano (Max)

Via Martiri della Libertà 27, 011/8197360 - cell. 0339/6118386

Lovera Uberto (Ube)

Via Tonale 16, 011/613347 - cell. 0338/6731662

Milanese Nicola

C.so Potenza 192, 011/212765

Oddoni Pierclaudio (Cagnotto)

Via Santhià 2, 011/858117 - cell. 0368/3844464

Pozzo Riccardo (Loco Hombre)

Via Di Nanni 116, 011/387867

Terranova Pierangelo

vedi Campaiola

Vacchiano Francesco (Franz)

Via Pesaro 20, 011/5215869

Vigna Bartolomeo (Meo)

Via S. Bernolfo 53, Mondovì (CN), 0174/552123 - cell. 0368/942878

 

ADERENTI 1999

Alfano Silvia (Tette di marmo)

Via Marzabotto 3, Settimo Torinese, 011/8950040

Balbiano Carlo

Via Balbo 44, 011/887111

Baldracco Giorgio

Via Baltimora 160/8, 011/307242 - cell. 0336/216162

Banzato Cinzia

C.so Duca degli Abruzzi 84, Strambino (Ivrea), 0125/637393

Barbanera Dario

Via Toti 14, Borgaretto, 011/3581771

Bedendi Ivano

Via Monviso 4/b, 011/8013088

Bertorelli Valentina

Via Nizza 71, 011/6699244

Bettuzzi Simonetta (Syncro)

vedi Grossato

Bozzolan Lorenzo (Z)

Via S Rocco 2, 011/6612569 - cell. 0338/8580644

Butera Gianfranco

Via Sciesa 5, Venaria, 011/452549

Cabula Rossella

vedi Carrieri

Calvetti Chiara

Via Mercadante 74, 011/2424324

Carlevaro Simonetta

vedi Chiabodo

Casale Achille

C.so Raffaello 12, 011/6508884

Chiabodo Roberto (Arlo)

Via Brusà 12, Valdellatorre, 011/9680165 - cell. 0335/6919428

Chiri Maurilio

Via Combamarasso 1, Fraz Occa, Envie (CN), 0175/278248

Clerici Gianluigi

Via Mattie 7, 011/7713117

Colombo Roberto

Via Nino Costa 15, cell. 0347/4990454

Coppola Diego

Via Piria 17, 011/4730013

De Almeida Isabel (Beu)

Lungo Dora Napoli 10, 011/853048

Di Maio Marziano

Via Cibrario 55, 011/751253

Di Palma Mara

P.zza Pitagora 9, 011/3093286

Dinice Daniela

Via Aldo Moro 6, Trofarello, 011/6490036

Dipasquale Giovanni

Via Ormea 103, cell. 0338/2717650

Dondero Elena (Deborah)

Via Bogino 8, 011/889659

Fontana Alice

C.so Marconi 27, 011/6689363

Franconeri Sabina

Via Saragat 9, Venaria, 011/4529290

Gagliardi Fabio

Via Serra 32/c, Masio (AL) - c/o Via Ormea 103, cell. 0347/2749354

Gancitano Alessandra

 

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Garelli Carlo

Via Fabbriche 15, 011/3855341

Gaydou Adriano

Via Baltimora 15, 011/365160

Giovannozzi Chiara

Via C. Menotti 4, 011/4475228

Giovine Beppe

Via Rossetti 21, Ciriè, 011/9211021 - cell. 0330/461481

Gobetti Andrea

Str. Reaglie, 011/8993873, (Matraia, 0583/402296)

Maina Franca

Via Gerbole 66, Volvera, 011/9906133

Mantello Andrea

Via Pacinotti 2, 011/482179

Manzelli Andrea (Manzo)

C.so Francia 167, 011/748240 - cell. 0335/255964

Marchionni Valentina (Lurida)

Via Cavalieri 9, Carmagnola, 011/9723287

Martiello Vincenzo (Spazzola)

Via Saluzzo 103,011/658825 - cell. 0335/6298796

Molino Antonello (Enos)

Via Principe Tommaso 21, 011/658050

Mortara Giulia

Str. Maiole 26, Moncalieri, 011/6472784

Nasi Guido

 

Neirotti Emanuela (Pichipettola)

Via Veronese 134, 011/2200329

Ochner Laura

vedi Baldracco

Pastorini Margherita

vedi Vigna

Pavia Riccardo

Via S Paolo 84, 011/3855010

Pizzo Ivano

Via S. Giuseppe 9, 011/622580 - cell. 0338/5979907

Poggi Davide

Via Osasco 73, 011/378592

Rho Valerio

L.go Po Antonelli 33, 011/835511

Rovella Guido

 

Salaspini Davide

Via Sommeiller 28, Pinerolo, 0121/323335

Salvini Emanuele

Via Sostegno 94, 011/7793179

Scarzella Mario

Via Baretti 45, 011/6692282

Segir Walter (Papà)

Via Padova 9/A, Volpiano, 011/9884529

Serra Enrica (Iena)

Via 4 Novembre 41, Condove, 011/9643572

Soressa Luigi

Via Bianchi 3, 011/7491279

Taronna Massimo (Super)

Via S Giuseppe 12/8, Castiglione Torinese, 011/9601255

Ubertino Alberto

Via Delle Querce 11, (Biella), 015/981119 - cell. 0335/6009058

Valente Loredana

vedi Eusebio

Vartolo Enzo

C.so Emilia 23, 011/854488

Villa Giuliano

vedi Maina Franca

Zaccaro Leonardo

C.so Orbassano 88, 011/355173

Zinzala Walter

C.so Francia 207, Collegno, 011/4152015 - cell 0360/564846

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Attività francese al Marguareis

     Spesso ci chiediamo cosa stanno facendo i colleghi "french" al Margua, qualche informazione la recuperiamo dagli amici di sempre, Joe Lamboglia o Thierry Fighiera ci raccontano spezzoni delle loro o altrui avventure ma poche volte il tutto è inserito in un contesto generale più chiaro.

     A Chiusa abbiamo ricevuto la pubblicazione del CDS06 (Bulletin du Comité de Spéléologie des Alpes-Maritimes degli anni 1996-97) che sintetizza molto bene l'enorme lavoro dei cugini d'oltralpe in questa desolata regione del pianeta.

     Si parla di Gouffre de l'Ail che raggiunge i -573 nel gennaio 1997, ma si parla soprattutto di posizionamenti di tutte le cavità della parte francese del Margua (ottime topografie), si parla di Scovola (cfr. rilievi allegati) con le nuove risalite, si descrivono infine le nuove discese del Gouffre de la Meningite che ha raggiunto quota -241.

     La nota più interessante riguarda il nostro F5, o abisso Saracco, una immersione di speleosub francesi, raggiunge i 21 metri di profondità infilandosi in un posto infame, a chi interessano i dettagli li può trovare sulla pubblicazione, l'impressione che ne abbiamo ricavato è che difficilmente qualcuno ritornerà ad immergersi. Comunque la notizia era nota da tempo, ora finalmente appare anche il rilievo.

(AE)

Siphon Aval - Gouffre Saracco (F5) - rilievo

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Aven du Plan de la Scovola - sezione

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Varie

     Nel febbraio del 1999 è stato eletto il nuovo coordinatore regionale della Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della SSI e rappresentante AGSP nell'ambito della CNSS, si tratta di Mauro Paradisi che ha preso il posto di Dario Olivero. La carica durerà tre anni fino al 2001. La Commissione Regionale Scuole di Speleologia è composta inoltre da Paolo Belli (GSAM), Flavio Ghiro (Coazze), Roberto Torri (GSNovara) e Mauro Paradisi e Michele Miola (GSGiaveno). Ai nuovi ed ai vecchi delegati l'augurio di buon lavoro.

     La Sociedade Portuguesa de Espleleologia insieme alla Federazione Speleologica della Comunità Europea organizza a Lisbona nei giorni 1-2-3 ottobre 1999 il 3° Congresso Speleologico Europeo, con un programma molto nutrito di simposi (su oltre una dozzina di argomenti), esposizioni, manifestazioni collaterali, mostre, film, visite a grotte, giri turistici, programmi estesi anche ai giorni che precedono (24-30 settembre) e che seguono il Congresso (4-10 ottobre).

     Proiezioni dei consueti foto documentari del GSP si sono tenute il 14 gennaio a Ivrea (CAI) e il giorno successivo a Torino nella sede della Circoscrizione Mirafiori Nord per la presentazione del 42° Corso di speleologia.

 

E dopo Casola 1999? BORA 2000

     Questa volta tocca agli amici friulani e triestini organizzare l'annuale incontro speleologico autunnale.

     L'appuntamento è per 1-5 novembre del 2000 nella baia di Sistiana, un luogo delizioso, già scelto dagli Asburgo come residenza balneare. Le opportunità per girare sul e nel Carso sono molteplici, il luogo si diceva incantanto, dell'ospitalità triestina sappiamo molto, non ci resta che attendere un anno e mezzo per vedere cosa ci aspetta.

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Risposte a...

     Che tristezza,

     la lettera degli amici di Olbia ci ha veramente rattristato, non tanto per il contenuto, sfacciatamente falso ma per il modo e la meschinità con i quali si è fatto da cassa di risonanza a fatti mistificati ed ingigantiti ad hoc.

     Lettere scritte a tutto il mondo CAI e Speleo con la preghiera di dare la massima diffusione a fatti quanto mai emblematici, senza verificare se fosse vero o falso quanto è stato detto, un linciaggio insomma, un giudizio sommario senza processo, senza difesa, senza curarsi di capire di che cosa si stava parlando o peggio ancora, e questo è il grande dubbio, strumentalizzandolo.

     Verifica che non solo non è stata fatta con noi continentali, lontani e forse pensati ostili, ma neanche con gli amici di Dorgali, incredibile insomma e terribile allo stesso tempo. Del resto poi, si sa ed è un luogo comune diffuso che gli speleo non siano il massimo della virtù, ma da qui addirittura essere banditi, ma per che cosa poi?

     Proviamo a ritornare ai fatti appunto, l'ultima nostra punta in Su Anzu, con gli amici del GRA di Dorgali, si colloca all'inizio dell'anno (gennaio 1999), in quell'occasione si è proceduto anche al disarmo ed alla pulizia della cavità con raccolta di varie oggetti (carburo, bottiglie vuote, ecc), all'uscita, dopo una quindicina d'ore, eravamo una decina, abbiamo scarburato in un vicino bidone dell'immondizia (recuperando il carburo non consumato). Poi siamo ripartiti noi verso CalaGonone, i dorgalesi verso casa loro ed il tutto sembrava finito così. Abbiamo girato in zona ancora un giorno o due e poi siamo ripartiti per il continente; dopo qualche mese arriva, indirettamente, attraverso Badino (presidente SSI) e Rabbi (presidente sezione CAI Uget) questo benservito. Difficile inghiottirlo in silenzio, così abbiamo contattato gli amici speleo sardi, Leo ha fatto una rapida verifica, e finalmente si è scoperto l'arcano.

     I fatti appunto: svuotando il bidone dell'immondizia, questo si è rovesciato o forse rotto e la calce è caduta sul battuto di cemento; di questo naturalmente ce ne dispiace, non so quanta responsabilità abbiamo in tutto ciò, comunque ce ne dispiace sul serio, se non altro perché qualcuno si è indispettito, ma da questo ad essere banditi e tacciati di oscurantismo ambientale la strada è lunga.

     Che tristezza, caro Andrea, una telefonata avrebbe fatto risparmiare tante parole, forse ci avresti perfino risparmiato insulti e delazioni, forse le nostre energie le avremmo potute utilizzare per andare in grotta insieme.

     Comunque non te ne vogliamo, e non vogliamo neanche delle scuse, speriamo di vederci a Dorgali, prossimamente.

Attilio Eusebio

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GRUPPO GROTTE OLBIA

Olbia 19.04.1999

Alla cortese attenzione

Del Presidente della S.S.I.

     In data 11 Aprile 1999 il Gruppo Grotte Olbia, Durante l'ultima uscita del corso speleo, alla grotta di Ispinigoli sita nel Comune di Dorgali, è stato letteralmente aggredito da una scorbutica, ma, a ragione, operatrice turistica. La quale minacciava noi e tutti I gruppi speleo per il pessimo comportamento tenuto in grotta. Dopo il primo momento di sbigottimento da parte nostra, la signora ci ha spiegato che nel periodo di Natale il CAI-UGET di Torino dopo aver fatto alcune esplorazioni, lasciava poi alcuni sacchetti di scarburo fuori dalla grotta. Cito testuali parole "certi Gruppi dovrebbero essere banditi dalle grotte della Sardegna".

Con questa lettera spero di far riflettere tali persone, le quali dovrebbero essere le prime a tutelare le bellezze naturali, visto che sicuramente a casa loro non si comportano in codesto modo.

P.S. Spero vogliate pubblicare questa lettera per mettere al corrente quante più persone possibile.

 

Distinti saluti

 

Andrea Gillono

 

Gruppo Grotte Olbia.

 

 

 

GRUPPO GROTTE OLBIA - VIA VITTORIO VENETO 17 - 07026 OLBIA fig 0789/22465 CELL 0347/4631130

 

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     Andare in grotta è diventato difficilissimo, quando poi ci si mette anche la burocrazia, è quasi impossibile.

     Stiamo parlando delle difficoltà di accedere al Buranco di Bardineto: una garbata lettera del Gruppo Speleologico Savonese ci richiama all'ordine, ci dice che loro si fanno un gran culo per portare a spasso la gente che inoltre sporca ed è maiala. Richiedono pertanto un maggior rigore (giusto) e cercano una regolamentazione rigida (discutibile).

     Allora se da una parte le richieste e le lamentele degli amici di Savona sono sacrosante, cosiccome è indubbio il carico di lavoro e la rottura nell'effettuare il servizio di accompagnamento, dall'altra c'è un certo senso di disagio nei modi con i quali si affronta la questione. Non ce ne voglia l'amico Stefano ma da questa parte delle Alpi siamo rimasti tendenzialmente anarchici, non amiamo i cancelli, e riuscire a fissare con due mesi di anticipo e date alternative una uscita in grotta è praticamente impossibile.

     Ma questo non vale solo per la speleologia, anche la consegna dei 740 subisce spostamenti a volte di mesi.

     Pur riconoscendo il problema mi sembra paradossale affrontarlo e sperare di risolverlo in questo modo.

     L'anarchia di fondo ci porta poi ad ottenere l'effetto contrario, più cerchi di regolamentare più ottieni che gli speleo diventino nervosi, e mal sopportino le regole. In Piemonte, come Associazione Gruppi Speleo abbiamo discusso molto con la Sovraintendenza e le autorità competenti ed abbiamo scelto la strada di non mettere né cancelli né vincoli se non quando indispensabili per motivi di sicurezza, soprattutto nei casi in cui si sono chiuse le grotte (2° ingresso dell'Orso e Abisso Benesì), in quanto pozzi scavati artificialmente in prossimità di zone frequentate, abbiamo suddiviso la responsabilità di accesso tra i gruppi speleo della regione, confidando che nessuno faccia la cacca sulla moquette del proprio salotto, cercando quindi più di educare che di imporre.

     Questo è sostanzialmente quello che vi proponiamo, come AGSP siamo disponibili a garantire l'accesso dei gruppi piemontesi federati.

Attilio Eusebio

 

Il secchio bucato

     Questo è il terzo articolo che scrivo su questo buco. Le speranze di prosecuzione si sono estinte davanti ad una frana inglobata dal calcare. Insomma un meandro largo un metro ora non è più percorribile. La forte aria si infila tra quelle rocce che hanno riconquistato i vuoti che l'acqua era riuscita a crearsi nella roccia viva.

     Scrivo queste due righe solo per accompagnare il rilievo completo, che sarà anche l'ultimo segnale della vita speleologica del Buco del Secchio, almeno per quanto mi riguarda.

     A proposito, il secchio ha passato la strettoia anche nell'altro verso e ora dopo lunghi anni in grotta riposa placidamente nel magazzino della capanna Saracco-Volante.

Nicola Milanese

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GRUPPO SPELEOLOGICO SAVONESE

Dopolavoro Ferroviario Savona

Via Pirandello 23r

Recapito postale CP 356

Telefono 019/853752 (segreteria)

17100 SAVONA

Savona, 4 febbraio 1999

A tutti i Gruppi Speleologici che negli ultimi anni

hanno effettuato escursioni nel Buranco di Bardineto

_____________________________________________

 

     Negli ultimi mesi il nostro Gruppo ha ricevuto da pane di diversi Gruppi Speleologici parecchie richieste di visite al Buranco di Bardineto, spesso per la stessa giornata, alcune pochi giorni prima della data proposta.

     Come sapete il Buranco di Bardineto è una delle grotte liguri più importanti dal punto di vista preistorico e negli scorsi anni è stato faticosamente raggiunto un accordo tra la Soprintendenza Archeologica, il Comune di Bardineto e il nostro Gruppo per consentire comunque la possibilità di visitare la grotta, sia pure con il limite di un massimo di 15 persone per volta accompagnate da un "responsabile" del nostro Gruppo.

     Capirete bene che questo "servizio" è piuttosto oneroso per un Gruppo Speleologico, dovendosi di volta in volta cercare un socio che "sacrifichi" un suo giorno libero per garantire il servizio: per questo motivo Vi pregherei di volere cortesemente farmi pervenire (per iscritto, all'indirizzo del Gruppo CP 356, 17100 SA VONA oppure per telefono, ai numeri 019/825444 o 0335/5301022) la vostra richiesta con almeno due mesi di anticipo e possibili date alternative, in modo da potere verificare la disponibilità di un socio del GSS ad effettuare il servizio di accompagnamento ed evitare che si sovrappongano le richieste di più Gruppi (cosa non possibile se globalmente si superano le 15 persone).

     Chiedo inoltre a quel Gruppi che effettuano uscite di Corso di inserire l'uscita al Buranco di Bardineto nel loro programma solo dopo averne fatto richiesta ed averne ottenuto la disponibilità da parte nostra, altrimenti non potremo ovviamente garantirvi né il giorno né il periodo da Voi previsto.

     Abbiamo inoltre verificato che negli ultimi 12 mesi sono "apparse" all'interno della grotta nuove scarburate.

     È ovvio che chi di noi accompagna l'uscita non debba e non possa controllare che tutti i partecipanti si comportino in maniera adeguata e non abbandonino carburo esausto, cicche di sigarette o altro all'interno della grotta (e neppure all'esterno!), ma ci pare pure ovvio che gli impegni che il Vostro responsabile dell'uscita si assume non debbano rimanere solo sulla carta (a proposito, il regolamento non parla solo di scarico di responsabilità per eventuali incidenti, ma anche di garantire il rispetto e l'integrità della grotta ("...divieto di danneggiare o alterare l'ambiente ipogeo ... abbandonare all'interno o nelle adiacenze degli ingressi della grotta rifiuti di qualsiasi genere") !

     Oltre che dispiacerci dal punto di vista speleologico e naturalistico, la cosa ci mette anche in seria difficoltà nei confronti della Soprintendenza Archeologica e del Comune, in occasione delle periodiche relazioni che dobbiamo fornire e dei periodici sopralluoghi che i Funzionari preposti vi effettuano, accompagnati da noi

     Chiediamo pertanto ai responsabili dei vari Gruppi (e ai vari istruttori durante le uscite di Corso) una più efficace preventiva opera di sensibilizzazione dei partecipanti e un più "rigoroso controllo" affinché ciò non si debba ulteriormente verificare: crediamo che una grotta il meno possibile deturpata da "tracce di passaggio umano" faccia piacere non solo a noi, alla Soprintendenza Archeologica e al Comune, ma soprattutto anche a tutti coloro che la percorrono.

     Certo della Vostra collaborazione, Vi saluto cordialmente.

 

 

Per il Gruppo Speleologico Savonese

 

il responsabile del coordinamento "visite"

 

al Buranco di Bardineto

 

 

Stefano Palmesino

 

 

 

(tel. 019/825444 - 0335/5301022)

 

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Buco del Secchio - rilievo

 

 

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Attività di campagna

17 gennaio 1999 Arma Pollera (Finale L). Gita sociale dell'Uget organizzata dal GSP.

6 febbraio Arma del Tao (Eca, CN). Mario, A. Fontana, F. Vacchiano, prova sacchi a pelo per il Cappa, rivista la strettoia sul fondo "asciutto", foto.

7 febbraio Arma del Lupo inferiore. M. Ingranata, Giampiero. Mario, Alice, Franz. Entrati per valutare la quantità d'acqua per un'eventuale immersione. Foto. La grotta sifona già prima del Lago Grande.

Scogli Neri (Giustenice). Prima uscita del 42° corso.

13-14 febbraio Antro del Corchia (LU). R. Pozzo (Loco) e Franz (GSP), Marina, Luca e Ico (GSAM), S. Bugalla, A. Balestri, M. Marovino e Josè (GSBi), Ettore da Sarzana. Giulio da La Spezia. Risalite sul Vidal.

21 febbraio Passo del Duca (Marguareis). Loco, G. Carrieri, C. Curti. Verifica situazione neve in conca delle Carsene in vista di un'eventuale punta invernale al Cappa. 4 ore per arrivare dal Pian delle Gorre al passo, poca neve, ma fradicia. Probabilmente l'ingresso del Denver è accessibile, ma occorrerà passare da Limone. Infortunio a Giampiero che, ruzzolando, si procura un taglio sulla fronte tramite sci vagante.

Piaggia Bella (Marguareis). Giorgio Guarise, R. Ricchiardone (Renè) (GSG), Ube Lovera e Cinzia Banzato (GSP). Tentativo di arrivare al sifone del Solai prima del disgelo. Fallito.

Grotta delle Vene (Ormea). S. Capello, A. Eusebio, V. Marchionni, A. Manzelli, F. Gagliardi. Seconda uscita del corso

Buranco di Bardineto. Seconda uscita del corso.

28 febbraio Scogli Neri. Meo Vigna, Cinzia, Ube, D. Girodo (Mecu). Traverso sulla voragine. Da finire, buone prospettive.

Bologna Riunione CNSAS. D. Grossato, A. Ubertino, F. Cuccu (Fof).

Piaggia Bella. Rilievi in Kyber Pass e trovati 3 camini. F. Belmonte, I. Cicconetti, D. Girodo. C. Giovannozzi, R. Pozzo.

7 marzo Scogli Neri. Meo, Poppi, Ube, Renè, alcuni del Bolzaneto, G. Di Pasquale, C. Calvetti, Franz, Trumun, Valentina. Finito il traverso verso una probabile galleria, trattasi di culo di sacco. Si esce facendo foto.

Palestra di roccia (Borgone di Susa). Terza uscita del corso.

14 marzo Garbo della Donna Selvaggia. Beppe di Sanremo, I. Bedendi, A. Fontana, C. Giovannozzi, F. Gagliardi, C. Oddoni. Armano la cavità e vi fanno un giro senza arrivare al fondo, in preparazione all'uscita di corso.

21 marzo Orso di Pamparato. 4° uscita di corso.

Arma del Tao. Recuperati i sacchi a pelo del test piazzati il 6 febbraio A. Cotti, C. Calvetti, G. Di Pasquale, M. Di Palma.

28 marzo Rio Martino. Poppi, Tierra, C. Calvetti, C. Giovannozzi, Trumun, Valentina. 60 kg di materiale per far fare a Poppi un po' di bolle nel sifone di Rio Martino (tempo di immersione 30 secondi). Grazie Poppi!!!

2-3-4-5 aprile Ardèche (Francia). Stage del corso.

10 aprile. Grottina della Ciumera (Cantalupa, TO). G. Villa. Localizzata la cavità, in roccia non calcarea, oggetto di scavi l'anno scorso (depositi dell'età del bronzo). Fatto rilievo e foto.

18 aprile Garb dell'Omo inferiore. Franz, Ube, Mantello, Beppe di Sanremo.

24-25 aprile Bocca Seriola. Riunione CNSAS. M. Ingranata (Max), Ube, A Cotti (Albi), Ico, P. Belli (GSAM).

Garb dell'Omo inferiore e Paglierina. 5° uscita del corso.

25 aprile Castello di Ardea. Battuta alla ricerca, vana per ora, della grotta Crame della Valle. G. Villa, E. Villa, F. Maina.

Rio Martino. Ad accompagnare un gruppo di scouts.

 

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13 giugno 1999, una punta esplorativa all'abisso Artesinera tenta la congiunzione con il sottostante abisso Bacardi, durante la risalita, intorno a quota -200, su un pozzo da 20, si trancia la corda in prossimità del nodo, Davide Salaspini, 24 anni, precipita nel pozzo e perde la vita. Il recupero durerà quasi due giorni ed impiegherà un centinaio di volontari del CNSAS.

Davide faceva parte del GSP da quattro anni, tutti insieme abbiamo scelto di non entrare nei particolari della vicenda che saranno oggetto di articoli pubblicati prossimamente magari anche su Grotte. Ospitiamo invece un breve ricordo, una lettera aperta ed alcuni pensieri, oltre ad una lettera della mamma e ad uno scritto della nonna materna di Davide.

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Per Davide

     Difficile parlare a caldo di un amico, difficile non cadere nella retorica o sprofondare nel melodramma.

     Molte volte ho cominciato ascrivere, ho smesso e ricominciato, non mi piacciono neanche le commemorazioni ufficiali. Meglio stare in un angolo chiusi in sé stessi aspettando che passi. Tutto passa prima o poi.

     Non avevo voglia di scrivere, Vale me lo ho chiesto, e sapevo di doverlo a tutti e due, così come in qualche modo sapevo che la mia strada passava alla base di quel pozzo; dovevo ritrovarlo, aiutarlo e percorrere ancora un pezzo di grotta insieme, la sua ultima grotta.

     È anche vero che ne abbiamo già viste tante, e chi più ne ha viste deve aiutare gli altri, ma tutte le volte è dura, e questa è durissima.

     Meglio pensare che sia un brutto sogno dal quale ti svegli con l'angoscia.

     Ma purtroppo anche questa volta non è così .

     Al fatto in sé si legano in modo indissolubile le modalità, una corda si trancia, cadi per venti metri, e poi non ci sei più. Incidente terribile, forse tra i più angoscianti che possa affiorare nei sogni degli speleo, chi di noi non è risalito decine, centinaia di volte su corde che toccano, su spuntoni che ti fanno saltare solo a vederli, ma ognuno di noi tende a rimuovere quei fatti, così profonda è l'angoscia e così radicate sono le nostre inconsce difese.

     L'immaginario collettivo speleologico non riesce a sostenerlo.

     Ed oggi alla perdita di un amico si lega anche questo spaventoso scenario. Davide o Trumun o Blumun, che dir si voglia, era arrivato in gruppo portato dalla sua Valentina, la Lurida, con il corso del 1996, subito è attivissimo con quella sua voglia di fare, non certo di farsi vedere, di entusiasmarsi, ma di essere parimenti molto concreto, disponibile, buono ma non fesso, intimo nella sua ricerca interiore.

     Di Davide speleologo mi piace poi ricordare il senso di abnegazione, la voglia di stare con gli altri, di sacrificarsi per un risultato comune, di non apparire ma di essere, di dare una mano quando serviva senza chiedere, più alla ricerca di una sua dimensione interiore appunto.

     Così mi era apparso a Rio Martino, quando si è preso la mia bombola da sub e l'ha trascinata, brontolando, oppure in Sardegna quando veniva calato a forza ed a "perdere" nei pozzi fangosi di Su Anzu.

     Bello era anche vederlo muoversi mentre stava cercando la sua via, ho sempre avuto l'impressione che ogni uscita, ogni avventura speleo e non solo quelle siano state una tappa della sua lenta e costante evoluzione, di quella sua voglia di ricerca, legato ad una non comune capacità di assorbire tutto e trasformarlo in modo positivo in esperienza.

     Non ho mai visto sul suo volto l'immagine della delusione, della prostrazione anche quando parlava di fatti sgradevoli, ho visto spesso invece l'entusiasmo, e così voglio ricordarlo, un po' scanzonato, ciondolante che prende il sacco e parte.

     E soprattutto vorrei che il suo testimone spirituale venisse raccolto, la sua voglia di capire e di cercare fossero lo stimolo per chi oggi ha più problemi, vorrei che questo fosse portato avanti, così forse qualcosa di lui continuerà a vivere con noi.

Poppi

 

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     Davide è un mio amico. L'ho conosciuto un giorno d'autunno al Poli. Era assieme a una ragazza che si chiama Valentina, che è anche la sua fidanzata e migliore amica. Sono venuti ad un incontro in cui volevamo fondare una nuova associazione al Politecnico: Ingegneria Senza Frontiere. Non era una cosa facile ma ci credevamo fino in fondo e l'abbiamo fatta. Una di quelle cose che pare impossibile che non riescano tanto sei convinto che sia una cosa buona. Davide è un tipo riservato, non come me, che non mi faccio mai gli affari miei, e mi intrometto in tutto. Lui no, parla solo se è al corrente delle cose che succedono e "a ragion veduta".

     Esce con questa ragazza che si chiama Valentina, ma di lei parlo in un altro racconto. Lui parla francese, e dato che ad ISF eravamo (e continuiamo ad esserlo...) completamente ignoranti di francese è diventato immediatamente il responsabile dei contatti con i paesi francofoni. Poi con la scusa che ha fatto l'Erasmus in Belgio e ha bevuto un sacco di birra allora ha preso anche i contatti con ISF Belgio. I Belgi sono dei tipi strani e sono famosi in tutto il mondo per bere un sacco di birra e per violentare i bambini, ma anche questo è un altro discorso.

     Lui è un appassionato di speleologia. È uno di quelli che vanno nelle grotte, passano giornate intere sotto terra, sopportano privazioni assurde e mangiano cibo in scatola. Io gli speleologi me li immagino così, con la lanterna sull'elmetto e la gabbietta del canarino che rivela il grisou, ma forse mi sbaglio...

     Oltre a questo vive a Pinerolo. Già per questo fatto mi è simpatico. Dato che io vivo a Nichelino, per alcuni mesi andavo al Poli con il treno, che arrivava da Pinerolo. Il treno che parte da Pinerolo ha una prerogativa unica al mondo: non ripete mai due volte lo stesso orario. O passa prima o passa dopo l'orario scritto dalle Ferrovie (normalmente dopo)...

     Un giorno è andato in una grotta e faceva freddo. Nelle grotte all'inizio fa freddo ma poi se scendi fa più caldo perché ti avvicini al cuore della terra. Dove stava lui credo facesse freddo. A un certo punto la vita era legata a un filo e questo filo si è rotto.

     Nella vita ti può sempre capitare che il tuo filo si rompa, non necessariamente bisogna fare speleologia per rischiare che si rompa. A lui si è rotto e allora mi è sembrato che abbia assunto anche questo significato.

     Adesso mi guarda dal cielo perché è diventato una dei miliardi di miliardi di stelle. Chiaramente, dato che ha un sacco di tempo guarda un po' tutti quelli che conosce, i suoi, Valentina, i compagni, persino quei pirla dei professori del Poli...

     Lui c'è sempre, anche di giorno, ma di giorno con il fatto che c'è il sole non lo posso vedere. Ma lui si. In questo momento, dato che sono molto triste perché non ho potuto salutarlo, spero che mi stia vedendo mentre scrivo queste poche righe, di sera, davanti al mio computer, perché voglio dirgli un'altra volta ciao. Poi un giorno andrò anch'io nella sua costellazione, dove finiscono tutti quelli di ISF, così parliamo un po' in francese e prendiamo in giro Valentina.

     Ciao Davide.

Giò

 

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Un sacco pesante

     Domenica mattina. È passata una settimana; mi sono svegliato più volte ma apro gli occhi in maniera definitiva solo verso le dieci. Esattamente una settimana dopo. Ieri sera avevo l'intenzione di andare in grotta, in quella grotta, ho preparato la mia attrezzatura, il sacco e poi gli amici bastardi sono riusciti a cucirmi addosso una serie di paranoie di cui proprio non sentivo la mancanza. Ed eccomi qui, tappato in casa, a scrivere un po' di stronzate scavando tra i ruderi del mio pensiero, cercando di fare ciò che non volevo fare.

     Un conto è mettersi su una graticola tutta personale, in un ambiente carico di ricordi (Ricordi? Flash pazzeschi e reali, tangibili) ma in cui fai, ti muovi, cercando di recuperare i movimenti, le azioni che hai fatto per un decennio: strisciare, arrampicare, attrezzare un pozzo, scenderlo e risalirlo ...

     Un conto è immaginare di fare tutte queste cose in un ambiente del tutto estraneo, a casa propria, comodamente appollaiato su una sedia, cercando di convincersi che è meglio così. Ma lo sento dentro: così non è. È un rimandare. Che può diventare infinito. Sono tante le ragioni per cui potrebbe diventare infinito; una per tutte il crollo di qualche certezza: fra le mille paranoie che possono venirti facendo un pozzo, parlo al personale, mai e poi mai mi era passata per l'anticamera del cervello l'embrione di idea che una corda potesse cedere, rompersi con te sopra.

     Ora che sai che non è così, bisogna ricominciare a ricostruire questa fiducia, come quando, vergine di corde, moschettoni e quant'altra chincaglieria, per la prima volta, impari ad utilizzarle. Come occorre ricominciare a riacquistare un minimo di fiducia in te che hai armato quella grotta, quel pozzo ...

     Se poi non si tratta di certezze, di quello che erano certezze, da incollare come tessere di un mosaico distrutto, sono tarli che ti senti rodere dentro e che non avevi mai sentito, o se sì, non ti avevano mai procurato ferite così brucianti. Uno per tutti, andare in grotta come divertimento, il muoversi verso e dentro un divertimento, consci sì dei pericoli oggettivi di cui tale divertimento può essere permeato, ma con la serenità, questa sì difficilmente recuperabile, dettata dell'incidente (capitano "agli altri"), di chi è digiuno di certe esperienze. Ora che invece uno se n'è cibato alla nausea, tutto è diverso. In primis essere assolutamente certi che andare a fare "quella cosa", si arreca angoscia ad altri, a quelli che stanno a casa. Parenti, amici, fidanzate e fidanzati magari se la portano dentro da sempre; da quando molti anni prima hai cominciato a fare qualche gita in montagna, poi qualcosa di più, arrampicare su pietra, su ghiaccio, sci alpinismo, andare in grotta o quant'altro. Ed ogni volta a vederti partire sono lì, schiacciando nel proprio intimo quella disperazione che non può che terminare quando ti rivedono a casa, stanco, magari un po' malconcio ma vivo. Ora che ad uno di noi, partito sano, entrato in grotta perfettamente a suo agio è capitato di non poter più rientrare a casa ... ti fa sentire perlomeno un verme; perché sai che l'angoscia di chi continuerà ad aspettarti non sarà certo migliorata, anzi, nell'oggettiva, per i più, ignoranza di come ci si muove in grotta, sarà ingigantita da fantasie che della realtà non hanno nulla a che fare.

     Ed è quest'essere consci dell'altrui angoscia che ti frena, che ti invischia cercando di bloccarti in un pantano asfissiante. Ma se vuoi continuare a vivere come speleo,

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ad essere, quasi, quello che eri prima, devi tapparti le orecchie o la bocca; se vogliamo continuare ad essere un gruppo speleologico e non una qualsiasi banda di amici, assolutamente veri, ma solo una banda di amici, dobbiamo convincerci che quell'angoscia di vedere un altro partire, aspettando che torni, e se sei tu che vai, leggergliela negli occhi, sentirgliela nella voce, non ci mollerà più, forse si attenuerà un po', spero, ma dovremo imparare a conviverci, a considerarla come un fardello in più da insaccare e portarci appresso.

     Chi, nella tribù, ha vissuto tragedie ancora peggiori, ammesso che possa dirsi che una tragedia sia peggiore dell'altra, e tutt'oggi può insegnarci ancora qualcosa, è perché non ha mollato. Ha continuato a lottare con i propri sentimenti e forse con quelli di qualcun'altro.

     ... Appena mi sono svegliato ho telefonato a qualcuno che ieri sera, ha cercato, riuscendoci, a dissuadermi dal fare ciò che mi ero proposto. L'ho insultato, perché ho ceduto alla sua angoscia, perché ora la mia è più forte che mai ... Ed ora lo ringrazio, perché se fossi stato in grotta, forse, avrei curato la mia, ma non avrei scritto queste cazzate, che, spero, aiutino tutti a ridimensionare le proprie, a farle rientrare in un piccolo spazio in fondo ad un sacco, che, insieme o da soli, ci porteremo ognuno nelle rispettive esplorazioni.

     Buona punta. Ci si vede fuori.

Mecu

Giugno 1999

Se potessi, vorrei che questo scritto suonasse

come una musica semplice, melodiosa, un po' malinconica,

ma piena di forza.

È così che voglio ricordare Trumun,

con il sorriso ad occhi serrati e denti larghi,

con la postura strana e la goffaggine discreta dei suoi gesti.

Mi ricordo delle lorde solenni, delle serate in capanna Saracco-Volante

a rubare il tempo al mondo che frattanto fuori invecchia,

di altri fatti che ora si mescolano, da quando l'ho conosciuto,

fino alla punta di rilievo in Piaggia Bella, a Khyber Pass.

Non lo conoscevo molto e solo in quest'ultimo anno avevo stretto

di più i rapporti e, con essi, l'amicizia.

Ora stringo i pugni in faccia al mondo che,

offeso per il tempo che continuiamo a rubargli,

si è portato via

Trumun.

Alby

 

     Viviamo un'epoca orribile in cui si parla di nuovo di fosse comuni, di ammazzamenti di massa, di guerre fra fratelli, di distruzione della natura.

     Davide era il contrario di tutto questo, era un inno alla vita e insieme con lui i suoi amici speleologi e soprattutto la sua Valentina.

     Questo lo sappiamo e lo sentiamo tutti

Nonna Antonia

 

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     Cari ragazzi speleologi amici di Davide,

     è la mattina del giorno prima del suo funerale e io adesso vi scrivo per parlarvi del rapporto di Davide con voi. Lo faccio perché questo mi aiuta molto a stare un po' meglio e perché spero anche che vi aiuterà a stare un po' meglio.

     Davide non era credente in nessuna religione: mio marito Aldo è cattolico e io sono ebrea. Quando ci siamo sposati e poi ci sono nati dei figli, credo per rispetto delle nostre due religioni, non li abbiamo allevati in nessuna delle due religioni di famiglia. Credo che pensiamo che mescolare le religioni, non funzioni bene e poi credo proprio che non siamo credenti. Così i figli sono cresciuti in un modo un po' diverso del solito, ma senza grossi problemi. Però ognuno si è un po' arrangiato a crearsi un surrogato suo: credo che Davide avesse un rapporto particolare quasi religioso con la terra, i minerali, le rocce, ecc. Lui voleva conoscere queste cose sempre meglio per difenderle e rispettarle un po' come altri fanno con la propria religione. Questa cosa è cominciata quando era molto piccolo con delle raccolte di minerali ed è continuata organizzandosi sempre di più e lo ha portato a legarsi con Valentina e a voi. Non è successo che lui ha avuto la sorte e la sfortuna di incontrarvi e poi perciò è morto. Lui ha cercato sistematicamente le cose che gli sono successe perché le voleva, perché erano giuste per lui e anche per noi della sua famiglia. Perciò gli sono successe le cose che gli sono successe, non per caso, ma per scelta sua, non perché ha avuto la sfortuna di conoscervi, ma perché vi ha cercati lui.

     Poi le cose sono andate male e ci dispiace a tutti.

     Ma di sicuro per lui ne è valsa la pena. Vi prego di non avere sensi di colpa che non ci sono. Io non ho rimpianti di non avere cercato di impedirgli di venire sottoterra con voi e neanche di averlo lasciato crescere senza una religione e arrangiarsi da solo.

     Vorrei che neanche voi aveste rimpianti e vi convinceste di quello che ho scritto.

     Un abbraccio.

Silvia Salaspini

 

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Su Anzu - Atto terzo

Attilio Eusebio

Gli altopiani sopra Cala Gonone (foto A. Eusebio)

     Ebbene sì, è il terzo anno di fila che vede passare le nostre vacanze invernali in quel di Calagonone con il preciso intento di immergersi nel buio di Su Anzu.

     Dopo i buoni risultati dell'anno precedente, molti chilometri di ri-rilievo e qualcosa di esplorazione, eravamo intenzionati ad impegnarci al massimo per "chiudere", per quanto possibile, i grandi capitoli esplorativi che ci erano apparsi l'anno precedente.

     Così scendiamo in tanti, alcune famigliole (i Vigna/Pastorini, i Carrieri/Cabula, i Terranova/Campaiola, gli Eusebio/Valente, i Cicconetti/Giovannozzi e i Milanese/Fontana) e alcuni single (Sara Capello, Chiara Calvetti, Roberto Colombo, Isabeu de Almeida), tutti o quasi intenzionati, con gli amici di Dorgali - Leo in testa - ad operare secondo i programmi molto serrati che ci eravamo dati e che ci avrebbero consentito in tre/quattro punte lunghe di dare una "botta" alle esplorazioni. Uno degli obiettivi più ambiziosi prevedeva la rivisitazione dell'amonte nelle sue parti terminali con foto e documentazione varia, e soprattutto all'inizio, rivedere la parte tra la risorgenza e la congiunzione con gli Ispinigoli. Altri obiettivi minori erano i finestroni che appaiono lungo il torrente e la zona della confluenza che sembra diversa da quanto in rilievo.

Le gallerie di Su Anzu (foto A. Eusebio)

     La prima punta, numerosissima, si decise di dedicarla all'avalle, uno stuolo di mutanti nuotatori, di mutanti non nuotatori e di paperette si avventura così seguendo la corrente. Della dozzina di persone un paio non sanno stare a galla, alcuni stanno a galla ma non sanno nuotare e per gli

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altri è comunque una esperienza entusiasmante il traino in andata e ritorno dei non nuotatori o facenti funzioni. Esplorativamente parlando si è visto molto, si è esplorato qualcosa lungo il fiume - nulla di clamoroso comunque - fino ad arrivare all'unico affluente degno di tal nome posizionato in destra orografica, in teoria quasi al contatto con i basalti. Visto dalle squadre sardo-piemontesi degli anni sessanta era poi stato risalito dai cagliaritani, credo, una decina di anni fa per un centinaio di metri (??). Il luogo non presenta, almeno all'inizio, particolari attrazioni: si tratta di un budello fangoso alto circa un metro per un terzo pieno d'acqua di colore nocciola, fino ad alcuni passaggi in cui, strisciando, solo la testa sta fuori dalla melma. Comunque dura poco, dopo una settantina di metri gli ambienti si allargano, in alto compare un bel freatico (diametro un paio di metri) che viaggia più o meno sopra il meandro fangoso. Ci entriamo in pochi: Meo ed il solito Nicola vanno verso il meandro basso, il sottoscritto e Roberto fanno un piccola risalita sul e nel fango e si addentrano - incredibile dictu - in un reticolo freatico; alcune decine di metri ed al terzo bivio ci si ferma. Continua alla grande, si tornerà con il materiale da rilievo e più tempo.

     Seconda punta dunque narrata dalla sagace penna di Nicola e Saretta, ricca di risultati e di pettegolezzi da allietare le romantiche serate alla luce della luna o meglio dell'acetilene. Così non vi dirò nulla, se non che in una punta abbiamo esplorato e rilevato 1200 metri di nuovo, qualcosa di stretto ma anche un salone di dimensioni notevoli (90 metri di lunghezza, per 20 di altezza e 25 di larghezza).

Le perle di Su Anzu (foto A. Eusebio)

     A tanto entusiasmo in uscita può corrispondere soltanto una "urissa" altrettanto devastante. Inizia un lungo periodo di piogge, la grotta va in piena e tutte le nostre velleità esplorative, soprattutto sull'attivo, si frantumano. Contro l'ira degli Dei, poco ci è concesso. In compenso, all'esterno abbiamo la possibilità di vedere i famosi punti di assorbimento in piena, il nostro idrogeologo folle saltella di gioia. A noi speleo di tutti i

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Complesso di Su Anzu 82-212-344 Sa/Nu - rilievo delle esplorazioni 1998

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giorni, miseri mortali non illuminati dalla luce della sacra scienza, non resta che una visita alle Saracco, alcune fotografie allietano la numerosa compagnia, ed in risalita Chiara, Sara ed il sottoscritto riescono ad esplorare, proprio sotto il pozzone, 150 metri di nuove gallerie, con bei cristalli e forti correnti d'aria.

     Così veniamo all'ultima discesa: l'acqua è ancora alta, ma del resto, come si dice, oggi o mai più, è l'ultimo giorno, infatti nel quale è tecnicamente possibile fare punte lunghe. Decidiamo di andare a monte, Meo ed il sottoscritto principalmente a far foto, gli altri ad aiutarci ed a vedere il torrente Furreddu. Sembrava anche che con questa punta (abbastanza mesta) si dicesse addio alla grotta, invece come capita sempre l'ultimo giorno di campo si trova qualcosa. Nicola e Pruel percorrono una galleria fantasma sopra o di fianco alle Furreddu, camini ascendenti portano via l'aria ed attendono di essere risaliti, meandri voluttuosi ci appaiono inesplorati e così via. Insomma sembra che qualcuno abbia aperto una porta finora rimasta chiusa. Vedremo, comunque al ritorno, lungo una strada percorsa decine di volte, abbiamo visto e raggiunto con estrema facilità gallerie inesplorate, e visto interessanti camini.

     Insomma, dovremo tornare, speriamo prima del Natale 1999, nel frattempo il sistema sta diventando grande, siamo ormai a 13.690 metri di sviluppo. A bientôt e baci a tutti.

 

Sopra le Furreddu

     Dopo due anni di rilievo sui rami fossili e lungo l'avalle del torrente principale, finalmente anch'io riesco a vedere le grandi gallerie fossili trovate da Saracco più di trenta anni fa. L'obiettivo principale sono le Furreddu, le ultime e più lontane gallerie attive della grotta.

     Arrivati al pozzetto che riporta al torrente, le urla di Leo ci annunciano che è ora di rimetterci le mute. Dopo pochi metri di torrente, l'ambiente si allarga e si incontra una grande sala. È Leo ad indicare quella che, a parer suo, è la volta di una galleria. Salgo senza problemi su un terrazzo di fango, ancora qualche metro in opposizione, stavolta su colata bianca e l'attesa galleria si presenta davanti a me. Proseguo per un po' quindi avviso i compagni di raggiungermi.

     Leo e Tierra decidono di proseguire lungo le Furreddu, sarà Pruel, quattordicenne di belle speranze, ad esplorare la galleria.

     Il posto è stupendo, vaschette piene d'acqua con un velo di calcite sulle superficie e le punte dei pinetti che sfiorano il pelo dell'acqua, sembrano non voler farci proseguire, ma la tentazione è forte. Camminiamo in fila indiana ricalcando le impronte l'uno dell'altro. Non vogliamo far danni a questa meraviglia. Dopo qualche decina di metri la volta comincia ad abbassarsi e il soffitto completamente coperto dalle solite eccentriche ci costringe a scegliere il male minore, così proseguiamo a carponi.

     Ancora qualche decina di metri e le vaschette scompaiono, la superficie diventa liscia e sulla destra della galleria si presenta uno sfondamento, che dopo 7-8 metri porta all'acqua. Mando un "Gobio" per verificare che non siano le Furreddu, ma Leo e Tierra non rispondono, "no, l'acqua sotto di noi non è quella delle Furreddu", bene, ma senza corda scendere il pozzetto nel fango non è opportuno, a malincuore decidiamo di evitare rischi e lasciamo stare. Proseguire l'esplorazione non è comunque problematico, infatti in questo punto la galleria è larga circa 10 metri, quindi aggiriamo il pozzetto senza difficoltà.

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     Ma il soffitto continua ad abbassarsi sempre di più, finche dopo altri 50 metri il passaggio, ora alto circa 40 centimetri, è completamente occupato da una grata di sottili colonne, che non ho proprio il coraggio di rompere questa bellezza naturale. Stop. Torniamo indietro guardandoci attorno, attirati più dalla bellezza del posto che dalla smania di continuare l'esplorazione. Rimaniamo ammaliati dalle bellezze minerali che ci circondano, ci fermiamo ad osservare una antichissima vela, che dopo aver vissuti per miliardi di anni ormai si sta sfaldando come un vecchio castagno che anno dopo anno perde la sua vitalità e lascia solo la sua contorta corteccia come dimostrazione della sua lunga vita.

     Osservandoci attorno notiamo che una serie di vaschette esce da uno stretto passaggio e si affaccia sulla galleria principale. Si striscia ma si passa, pochi metri e il passaggio di 50 cm di diametro è diviso in due da un capello d'angelo tanto bello quanto delicato, non voglio romperlo e faccio retromarcia, comunque non è sensibile alcuna circolazione d'aria.

     Ritorniamo all'acqua per chiedere un appoggio e una corda agli altri, ma è tardi, li troviamo già pronti al ritorno, non ci resta altro da fare che accodarci e aspettare ancora un altro anno per riprendere l'esplorazione.

 

Nicola Milanese

 

Antichi meandri e Sale oscure

     Eccomi qua, costretta a scrivere un articolo sulla punta esplorativa fatta sette mesi fa; potete immaginare cosa mi ricordo: niente.

     Roberto e Poppi si erano fermati davanti ad una quadrivio, con gallerie tonde che si perdevano nel buio. Ora siamo di nuovo qua, ci dividiamo in due squadre io, Poppi ed il nuragico Enrico; Chiara C., Meo e Nicola. Siamo pronti ad esplorare e rilevare; siamo tutti con le mute e procediamo nel fango, rilevando fino all'inesplorato, poi entriamo nelle gallerie asciutte e cominciamo a sudare, Enrico decide di togliersi il sopra della muta, mostrando il suo petto "villoso", mentre io e Poppi preferiamo soffrire in silenzio..

     Un passaggio basso ci immette in un grande salone con grandi blocchi del quale a stento si intravedono le pareti; riusciamo, non troppo facilmente, a raggiungere la parte opposta, 40 metri per circa 20 di larghezza; dall'altra parte arrivano o partono (questo non lo abbiamo ancora capito) due meandri, seguiamo quello di destra, dopo una leggera risalita si sdoppia e ancora più in su c'è un nuovo bivio, le dimensioni sono di 3-4 metri di larghezza.

     L'ambiente si complica enormemente, ci sono finestre e bivi dappertutto; seguendo la via più ovvia, arriviamo su un terrazzino con una voragine di fronte. Da questo balcone si vede a stento sotto e si sente un lontano rumore di cascata, peraltro non si vedono pareti (e noi non abbiamo corde per scendere). Così giriamo ancora un po' finche non troviamo una via per scendere, tra terrazzini e stranezze riusciamo ad arrivare al livello del salone, una decina di metri più in basso.

     Ancora qualche passo e davanti a noi si spalanca un ambiente enorme, con il pavimento ricoperto di blocchi, si esplora rilevando, l'asse maggiore misura 90 metri, il minore 25. Giracchiamo perplessi tra blocchi ed ambienti vari, trovando ancora gallerie qui e là. Lasciamo in sospeso molti punti interrogativi, pensando di tornare dopo poco. Soddisfatti di aver esplorato e rilevato oltre 700 metri di grotta, decidiamo di uscire visto che ormai la muta ci ha cotti a puntino.

Sara Capello

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Complesso di Su Anzu (82-212-344 Sa/Nu - Dorgali -Nu) - pianta

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L'affluente a valle

     Sarà l'abitudine, saranno le mie dimensioni corporee oppure la sfiga, ma anche a Su Anzu sono riuscito ad infilarmi nel posto più stretto e fangoso della grotta. Compagni di avventura (o sventura) sono stati Meo e Chiara, che si sono anche trasformati in salvagente nei lunghi tratti (?) natatori che la grotta obbliga a fare anche agli speleo più terricoli .

     Come abbiamo raggiunto gli stupendi luoghi che andrò ora a descrivere, è presto detto. Arrivati al torrente abbiamo seguito il fiume verso valle fino ad una amena micro spiaggetta, dove ho ormeggiato il canottino di salvataggio che ho giudiziosamente adottato, ma che si è rivelato più che altro ingombrante. Dirimpetto si affaccia un meandro, l'affluente è lì. I primi metri si cammina, poi il soffitto si abbassa e lascia venti centimetri d'aria che consentono un tranquillo passaggio, proseguiamo ringraziando la siccità. Camminiamo ancora per qualche decina di metri nel meandro, quindi salutiamo Poppi, Sara e Enrico che dopo una difficile arrampicata di un metro e mezzo si dirigono verso gallerioni, meandroni e saloni, mentre a noi toccheranno meandri, meandrini e salette.

     Da qui proseguiamo a carponi, strisciamo nel fango e rileviamo, sempre con l'acqua alle ginocchia.

     Dopo un po' incontriamo una prima saletta, una breve arrampicata di 4 metri su colata calcarea e qualche atto di vandalismo ai danni di concrezioni intonse, mi permette di vedere una bella galleria, manca un passo da compiere, su scivolosa colata bianca con qualche metro di vuoto sotto (Gulp!), e sono dall'altra parte, ma il nostro obiettivo era esplorare il meandro, quindi scendo e proseguiamo sull'acqua.

     Continuiamo ancora fra acqua e fango per un centinaio di metri, fino alla saletta successiva, dove un altro meandro si presenta davanti ai nostri occhi, pochi metri dopo un piccolo affluente destro si mostra, l'acqua è ferma, non sembra interessante e quindi continuiamo a seguire l'affluente principale.

     Ancora qualche metro e il meandro si allarga, nell'acqua ancora limpida uno stretto meandro sommerso, si dirige verso una pozza d'acqua, potrebbe essere un sifone molto stretto.

     Avanziamo ancora finché il regalo atteso si mostra davanti ai nostri occhi, il Sifone finale.

     Pochi metri prima Meo nota sulla destra una saletta più alta, "forse il by-pass del sifone" pensiamo, ma sopra una schifosa strettoia nel fango butta direttamente in un altro sifone, anche lì niente da fare.

     Indecisi se essere delusi per la fine dell'esplorazione o felici perché finalmente si esce dal fango, ci fermiamo a mangiare. Allestiamo il banchetto in cima ad un montrucchio di fango dove Meo tenta di mostrarci come il capello d'angelo lungo un paio di metri che abbiamo davanti al naso dondoli se si soffia forte.

     Terminato il pranzo giriamo i tacchi. Arrivati al primo slargo, alziamo gli occhi e, sorpresa, sopra al fango c'è un altro meandro. Mi infilo, prendo quella che mi sembra la via più logica e finisco sull'acqua, mi guardo attorno e mi sembra di riconoscere l'affluente che avevamo dato per chiuso all'andata. Due martellate e il passaggio stretto salta così anche Meo e Chiara mi raggiungono lungo questa nuova strada da esplorare.

     Bene, se il meandro precedente era stretto rispetto al resto della grotta, questo affluente è stretto rispetto a quello precedente. Ormai strisciamo nell'acqua, senza

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alzare più la testa, con il mento che, nei passaggio larghi, sfiora l'acqua. Avanzo ancora un po' e una pozza rotonda mi fa pensare ad un altro sifone, invece no, con una stretta curva a sinistra il micromeandro prosegue.

     Stufi di sguazzare nel fango e pensando alla grande galleria principale, nasce l'idea del ritorno, decidiamo comunque che almeno uno debba ancora continuare per un po' per vedere cosa c'è dietro.

     Vado io e dopo qualche metro il meandro si alza, ora si sta in piedi, risalgo per 5-6 metri e arrivo sotto ad una frana di basalto (non mi sembra il caso di provare una disostruzione), scendo e proseguo ancora lungo il meandro che ritorna ad essere stretto e fangoso, mi fermo quando la mia acetilene si spegne e con il piezo intasato di fango non riesco a riaccenderla, anche l'elettrico fa i capricci, "meglio girare i tacchi".

     Decidiamo quindi di rilevare a uscire partendo dalla frana. La schifezza del posto ci impedisce però di scrivere sul quaderno quindi i dati vengono memorizzati e rapidamente dimenticati dai nostri potenti (?) neuroni.

     Il "lavoro" è concluso, torniamo indietro ripercorrendo il meandro che ora trasporta acqua non proprio limpida.

     Riassumendo, abbiamo lasciato una bella galleria intonsa e un meandro schifoso da continuare dove si può tornare solo in periodi di siccità, comunque lungo tutto l'affluente l'aria è scarsa.

     Come consiglio personale a chi legge questo articolo posso solo dire che a Su Anzu ci sono posti molto più larghi, molto più concrezionati e molto meno fangosi, insomma molto più belli.

Nicola Milanese

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Cappa: fondo

Ube Lovera

     Vi racconterò storie luminose e fantastiche esplorazioni di mondi inconosciuti e voragini orrorose e magici corrimenti e scusate tanto se l'ho presa un tantino aulica, ma il fatto è che alla fine, il Cappa continua: ovunque. E oltre che ovunque, continua assai sul fondo, dove fiumi e gallerie inesplorate attendono solo noi, che per il momento ce ne siamo fatti per un paio di chilometri e prossimamente di più. Con tanto che per millenni di Cappa ce ne siamo impippati assai.

     Ora, sia chiaro, questo è un racconto e per altre e più complete informazioni vi toccherà rivolgervi altrove: stessa grotta, stessi autori, altra, forse, pubblicazione. Per il momento basti sapere che tutto ciò, e forse anche altre prossime future cose, sono il frutto di un'aria nuova che corre per la sabauda speleologia, in cui, tacitate antiche abitudini, si è deciso, ovviamente per mancanza di alternative, di unire le forze per scrivere, esplorare ed organizzare, ciascuno secondo le proprie forze e inclinazioni.

     Tacendo di un antico tentativo subito abortito, coordinato da un Loco non ancora torinese, di regolare le esplorazioni cappesche, risalgono ad un paio di anni fa, i primi tentativi internazionali, prima blandi, poi sempre più convinti di affrontare il problema collettivamente. Negli anni scorsi, puntate sparse regalarono qualche ettaro di nuova grotta nelle regioni della Favouio e del Barraja finché, giunto agosto '98, in corrispondenza dell'inizio dei vari campi, Mecu e il vostro solito vecchio, trovarono il modo di unirsi all'altro antico Giors, e ai più recenti Piantin e Ico, tutti con targa CN, per inabissarsi in quel miracolo biellese che è il Denver, filtrare quindi nel torinese Abisso 18, per proseguire, attraverso il Barraja, giù nel Cappa vero e proprio: ed anche questa è in fondo collaborazione.

     Obiettivo dell'insana truppa è la "Longue route du Heros", infinita galleria che punta in direzione dello Scarasson, papabile per giunzioni con le decine di abissi che pullulano qua e là nella regione. La galleria è peraltro da tempo nota per un pozzo, ahinoi, inesplorato, che dovrebbe portare all'attivo e di qui a innominabili meraviglie.

Scendendo lungo i pozzi (foto F Vacchiano)

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     Ora, l'astuzia della squadra è grande, tale da portare seco gran quantità di materiali, ma non copia del rilievo, acciocché, una volta attraversati Denver, 18, Barraja, Gallerie Z, Favouio e caduti alla base di Escampobariou, alla presenza di una galleria diretta verso destra e una verso sinistra, i nostri eroi, non sanno che pesci pigliare. Deciderà il caso, o meglio, una ponderata scelta "a sentimento" che li indurrà a preferire la via che pare volgere verso monte. Trattasi ovviamente delle gallerie che sorvolano il sifone terminale, roba del diametro di 4 metri, che si spengono in una serie di piccole condotte impostate su una frattura. Sfigate, pensiamo, dopo averle forzate per una ventina di metri; quindi per capire dove diavolo siamo finiti, ci dilettiamo con mezzo chilometro di poligonale a ritroso, fino Escampobariou. Di qui all'uscita, da notare solo una sapiente scarburata, al centro dell'intonsa galleria, subito coperta, per pudore, da un paio di conati.

     Alla Morgantini, la stesura della poligonale, subito sovrapposta al rilievo, pone le basi per la punta successiva, sistemata verso la fine dello stesso mese. L'asse Cuneo\Torino diventa un triangolo con l'aggiunta di Biella, e la presenza di dodici persone permette di moltiplicare gli obiettivi. Sulla via del fondo mi accompagno questa volta, finalmente consapevoli che di fondo si tratta, oltre al solito Ico, al biellico Marco e alla milanese Tetteresa reclutata per l'occasione, per una discesa che vede anche Alce Dotta Franz, Donda, Max, G.Piero e il Tierra, destinati ad altre mete.

     Facile, ora che sappiamo dove stiamo andando, forzare un ultimo, comodo, passaggio, per trovarci nuovamente dentro un freatico, questa volta non gigantesco, e ritrovare soprattutto la corrente d'aria. La condotta procede per una cinquantina di metri in leggera discesa, fino ad un sifone, disinnescato, oltre al quale la galleria continua. La poca voglia di bagnarci i piedi ci convince a guardarci attorno: poco più dietro, una via che parrebbe un ringiovanimento ci regala invece un buon centinaio di metri di grosse gallerie che sembrano proseguire oltre al pozzo che ferma il nostro cammino. Esplorazione da raccontare ai nipoti. Ora Chiusa incombe, il maltempo rovina un paio di occasioni, per cui l'autunno vedrà solo un paio di punte, comunque succose, che altri racconteranno sui prossimi bollettini.

 

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Corso 1999

Niente puoi, niente fai, niente sei,

mi scivoli addosso come l'acqua sul K-Way

Colle de Fomento

     Il corso è ormai finito da un bel po' di tempo e i problemi organizzativi persistono, eccoci con una sola ora a disposizione a scrivere l'articolo riguardante il 42° corso.

     Era una notte gelida e tempestosa quando ci siamo ritrovati a casa di Sara a dover discutere per la prima volta del corso. Dopo i primi attimi di esitazione gli obiettivi e l'impostazione sono apparsi chiari ai nostri occhi.

 

1.

Corso lungo, lunghissimo, estenuante per cercare così in qualche modo di riuscire a integrare la fine della seconda parte con l'inizio dell'attività del gruppo (ipotizzata addirittura una terza parte).

 

2.

Due stage + una uscita di due giorni per renderlo interessante e per creare momenti aggregativi in cui gli allievi potessero conoscerci e conoscersi.

 

3.

Coinvolgere il più possibile alcuni elementi che ultimamente si erano allontanati dal gruppo.

 

4.

Uscite in grotte diverse dal solito (vedi programma iniziale) per evitare la routine annuale.

 

5.

Lezioni tenute da persone altamente motivate anche se non del tutto specializzate.

 

6.

Tempi di permanenza in grotta maggiori per cercare di far familiarizzare il più possibile gli allievi con questo ambiente ostile.

     In questa calda e afosa serata vediamo se i nostri obiettivi sono stati raggiunti:

1.

Il corso si è rivelato lungo al limite dell'esasperazione al punto che oltre agli istruttori (non giustificati), anche gli allievi hanno cominciato a disertare le uscite.

2.

A parte uno stage saltato quest'obiettivo è stato raggiunto.

3.

Finalmente abbiamo rivisto facce che erano state cancellate dal nostro subconscio.

4.

Le grotte si sono rivelate essere le stesse degli anni scorsi, con addirittura delle ripetizioni (la neve non si può dire che fosse dalla nostra parte).

5.

Per la prima parte tutto è filato liscio, nella seconda parte alcuni istruttori, probabilmente non troppo motivati o scazzati hanno creato diversi problemi (non presentandosi, comportandosi in modo non corretto, variando l'argomento della lezione senza avvertirci) creando confusioni varie agli allievi.

6.

Finalmente, forse per caso, nessuno ha fatto pressioni perché si uscisse prima del tempo dovuto dalla grotta.

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Conclusioni

     Il corso ha rivelato gravi carenze organizzative a causa di varie incomprensioni tra i direttori di corso amplificate da uno scarso interesse da parte del gruppo (GSP) che aveva la tendenza a farsi i cavoli propri e poi, diciamocelo, da un serie di allievi veramente sfigati.

     Rimaniamo comunque dell'idea che un corso lungo, adeguatamente preparato in tutte le sue parti, potrebbe risultare molto utile per una migliore integrazione degli allievi nel gruppo.

     E ora sono finalmente cazzi vostri...

Sara, Paolo, Tierra

 

 

Riflessioni di un giovane speleologo

Umberto Mattii

     Buio, freddo, umido da far paura, e poi arrampicarsi salire, scendere, strisciare, alzarsi presto, viaggiare, caricarsi di tutto come un mulo, rischiare pioggia e neve, patire fame, sete e stanchezza tanta da non aver più voglia di rimettersi in macchina e guidare fino a casa per poi giuncerci tardi e pensare che da lì a poche ore spesso ci si dovrà alzare ed iniziare una giornata di lavoro.

     Questa signori miei è la grotta, o meglio le prime impressioni di un aspirante speleologo che si ritrova nel giro di pochi mesi attaccato ad una corda di cui molto spesso non vede che l'inizio e non ha la benché minima idea di dove si andrà a cacciare.

     Non è così drammatico, intendiamoci bene, anzi sono molti i momenti in cui freni a stento attacchi di pura ilarità come non succede tanto spesso nella vita di tutti i giorni. Forse è proprio l'ambiente tanto ostile che porta l'individuo a condividere con gioia ed una certa leggerezza d'animo tutte le cose che lo circondano, dalle battute che volano da un capo all'altro del gruppo, ad un semplice sorso di tè caldo, a quelle situazioni paradossali che vengono a crearsi quando, bagnati fradici e probabilmente anche infreddoliti, ascoltando i veterani di grotta rivangare vecchie uscite, ci sentiamo quasi fortunati per come sta andando a noi.

     Premettendo che tutte queste sensazioni sono frutto di una esperienza vissuta in prima persona, è facile ed anche ovvio pensare che le conclusioni siano come minimo molto soggettive o quantomeno personali, ma qui sono convinto del contrario. Uno, perché per quanto le difficoltà che si incontreranno nell'andare per grotte ed abissi ognuno le risolve a modo suo, intendo come vestirsi o cosa e quando mangiare, come dosare le proprie forze o più semplicemente come attrezzarsi per affrontare la grotta, e per quanto vi saranno reali differenze legate alla corporatura, alla destrezza, al senso di orientamento, per me praticamente nullo, o alle singole fobie nel dover superare un pozzo, una strettoia, un cambio, un laghetto.

     Le sensazioni più forti, quelle proprie della grotta, le si lega all'odore di carburo che segue perennemente lo speleologo, al buio denso e fitto come nessuno che

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scende in grotta potrà mai vedere, all'insieme di rumori come il continuo sgocciolare o al frastuono di una cascata o un torrente carico d'acqua che spesso neanche vedi e riempiono quel silenzio irreale che ti circonda da quando lasci la luce del sole. Essendo queste sensazioni simili per chiunque, stento a credere che una grotta possa colpire sotto altri aspetti in maniera più profonda.

     La seconda ragione invece la si può ritrovare nella mentalità del gruppo speleo, intendendo come gruppo quello che da anni entra ed esce dai "buchi", abituato quindi da tempo ad affrontare le varie problematiche di grotta e mai stanco di continuare a mettersi alla prova, ma non per questo esente dalla stanchezza e dai timori che talvolta possono cogliere chiunque. Questa determinazione mi ha molto colpito ed in maniera positiva, come pure il profondo legame di amicizia e confidenza che esiste tra molti all'interno del gruppo.

     L'esistenza di queste caratteristiche in tutti i componenti, ed in maniera molto marcata, mi fa pensare quindi ad una mentalità propria dello speleo, un modo di comportarsi molto affine l'uno all'altro e quindi anche motivo di coesione ed interesse comune che rafforza i legami in grotta come all'esterno, davanti ad un tavolo ricco di bevande come ad una ciotola di tè da dividere in otto, in momenti di lezione o riunione come nel tempo libero.

     La mia esperienza personale in quanto allievo del 42° corso speleo la vedo quindi ricca di soddisfazioni, in parte strettamente legate all'esperienza sportiva esaltante e completamente nuova al sottoscritto, ed in parte alla conoscenza di persone ricche di esperienza e simpatia, e di quel modo di prendere la vita in maniera così "leggera" che la società dei giorni nostri così poco comprende.

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Partecipazioni

Allievi iscritti alla prima parte: 27

Allievi iscritti alla seconda parte: 23

Percentuale di partecipanti alle uscite:

 

Uscita:

Percentuale:

 

1

92%

 

2

63%

 

3

81%

 

4

81% Palavela

 

5

87%

 

6

87% Palavela

 

7

78%

 

8

39% Palavela

 

9

52% Stage

 

10

48% Palavela

 

11

39%

 

12

34%

 

Come hai saputo del corso

Dagli anni precedenti

33%

Da gente del GSP

26%

Volantini e vetrina CAI

22%

Università (geologia)

7%

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Allievi iscritti al corso

Barra Emilio

Loc. Marsaglia 2, 10070 Cirie (TO)

011-9210916

Bologna Angelo

L.go Po Antonelli 13, Torino

011-8177955

Buffo Sandra

Via Valperga, 4 10080 Pertusio (TO)

0335-8056657

Cagnasso Enrico

Via Servais, 93/97 (TO)

0335-5737271

Caiolo Roberto

V.Ceretta Inf., 144 S.Maurizio Can. (TO)

011-9276228

Capello Giulia

Via Pastrengo, 66, 10024 Moncalieri (TO)

011-6066683

Cappellini Alessandro

C.so Moncalieri, 478 (TO)

011-6611196

Catti Giulio

C.so Giovanni Lanza, 84 (TO)

011-6602435

Colombo Luigi

Via Pascoli, 8 Mappano (TO)

011-9968131

Del Prete Laura

Via Giacosa 1, 10082 Courgne (TO)

0124-651424

Ferrero Beppe

Via Bo, 8 S. Maurizio Can. (TO)

011-9244598

Gallo Rosso Andrea

Via Rossetti, 50, 10070 Cirié (TO)

011-9205920

Gaudio Alberto

Via Bianzé 19, (TO)

011-7412465

Liprandi Sabrina

C.so Orbassano, 216 (TO)

011-393989

Marietti Elisa

Reg. Rivera, 12 Front Can. (TO)

011-9251762

Massola Marco

vedi Marietti

 

Mattii Umberto

Via Trecate, 15 (TO)

011-797320

Rubini Michele

C.so IV Novembre, 3 (TO)

0338-8843190

Ruffa Liliana

V. Principessa Clotilde, 29 (TO)

011-4371867

Santangelo Michele

Via Postumia, 17 (TO)

011-7709621

Sappa Cristiana

Via Fiume, 22 Cirié (TO)

011-9211886

Sinigaglia Giorgio

Strada Pioi, 49/3, 10098 Rivoli (TO)

011-9532468

Tancini Valentina

C.so Peschiera, 206 (TO)

011-4340064

Tartamella Nagi

Borg. Madonna della Rovere, 4 Riva di Chieri (TO)

011-9468397

Tissino Margherita

vedi Sinigaglia

 

Zanusso Davide

vedi Ruffa

0338-9060680

Zummo Alessandro

V. S.Francesco d'Assisi, 27 (TO)

011-5630819

 

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Attività biospeleologica anno 1998

Achille Casale, Pier Mauro Giachino, Enrico Lana

     Come da qualche anno, relazione a tre nomi (in ordine alfabetico, non secondo la quantità di lavoro svolto, come risulterà evidente!), e divisa per aree studiate.

Alpi occidentali

     Annata discretamente impegnativa per Enrico, in lavori a medio-lunga scadenza. Per cominciare, ha visitato un paio di volte la Grotta del Pugnetto 1501 Pi TO in Valle di Lanzo dove, in febbraio, ha posto dapprima delle esche, ed un paio di settimane più tardi ha raccolto una ventina di esemplari vivi di Dellabeffaella roccai, colevide endemico della cavità, che ha poi trasferito nel laboratorio sotterraneo della grotta di Bossea (108 Pi/CN). Da circa un anno sta ora seguendone lo sviluppo, e ha notato che le femmine depongono un notevole numero di uova a sviluppo estremamente lento. Nell'occasione ha anche catturato una decina di Alpioniscus feneriensis caprai, che sopravvivono a tutt'oggi a Bossea.

     Nello stesso periodo, anche Achille ha visitato la Grotta del Pugnetto, per un sopralluogo in vista di una possibile utilizzazione turistica della grotta, argomento questo già trattato sulle pagine del nostro Bollettino.

     Nella prima uscita al Pugnetto Enrico ha anche scoperto che al buio non ci si vede, rimanendo senza illuminazione e vagando per più di 9 ore prima di ritrovare l'uscita.

     Nella primavera Enrico ha preso parte ad alcune uscite del Gruppo Speleologico Biellese, aventi come oggetto il rilievo della Grotta "La Custreta", 1593 Pi/TO. Ha trovato nella parte più alta alcuni esemplari di Ischyropsalis e numerosi Alpioniscus, oltre a Collemboli e Araneidi specializzati. All'ingresso non ha trovato nicchi di Oxychilus, che ha invece rinvenuto numerosi nella vicina grotticella "La Custrita", scoperta e rilevata nella medesima occasione.

     Dopo vari anni di tentativi "non legali", sotto forma di passeggiate fra i rovi dei ripidi versanti della bassa Valle Toce, versante orografico sinistro, E. quest'anno è finalmente riuscito ad accedere alle grotte della cava di marmo della "Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano" di Candoglia, nel periodo maggio-settembre. L'ha fatto con tutti i sacri crismi, dopo aver presentato domanda tramite il Museo di Scienze Naturali di Torino ed aver ricevuto risposta dopo qualche mese dalla direzione centrale delle cave. Deve inoltre ringraziare il Gruppo Speleologico Biellese, nella persona di Renato Sella, se è riuscito a trovare i minuscoli e sperduti ingressi delle due cavità principali, ormai nascosti dalla locale vegetazione fitta e spinosa. Le cavità in oggetto sono la 2633 Pi/NO, catastata come Grotta di Candoglia e la 2634 detta "Il Sifone".

     Ci si aspettava qualche gradita sorpresa di carattere zoogeografico, ma il glacialismo in zona deve essere stato massiccio, com'è testimoniato dalla presenza del vicino Lago Maggiore, e l'ingresso della 2633 Pi/NO, la più alta delle due (quota 834 mslm), doveva essere abbondantemente al di sotto del culmine del ghiacciaio di fondovalle. Infatti, oltre all'onnipresente Sphodropsis ghilianii, E. non ha trovato

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insetti specializzati come i Leptodirini a cui negli ultimi anni si diletta a dar la caccia. Ha però trovato abbondanti nicchi e qualche esemplare vivo di Oxychilus mortilleti ed un nicchio di Oxychilus glaber; inoltre, anche alcuni esemplari di Vitrea subrinata, Gasteropode esterno che però sembra essere in grado di prosperare alla base del primo pozzo, a -15 m circa, ed un esemplare di Discus rotundatus, decisamente troglosseno (det. Elena Gavetti, MRSN, TO). Fra lo sfasciume di legnami vari che si trova nello stesso punto, è anche possibile trovare rari Isopoda Trichoniscidae specializzati, prob. Trichoniscus sp. , di dimensioni minime (3-4 mm), molto simili a quelli che nel 1992 E. aveva già trovato alla Grotta di Bergovei. Inoltre, sempre fra i residui di vecchie scale di legno alla base del primo pozzo, ha trovato un paio di esemplari di Ischyropsalis cfr. carli, che sono comunque da esaminare. Nelle zone più profonde della grotta, che scende verticalmente per una cinquantina di metri, ha trovato ancora degli Araneae Linyphiidae che hanno tutto l'aspetto di Troglohyphantes sp., i rari Trichoniscidae di cui sopra, ed il solito Sphodropsis.

     Nella 2634 Pi (685 mslm), ha raccolto Oxychilus ed Ischyropsalis come nella grotta più alta di Candoglia; nelle acque del piccolo sifone all'ingresso ha visto in agosto numerose larve di Anfibi Urodeli, probabilmente Salamandra salamandra.

     Durante l'anno, E. ha continuato a cercare esemplari della Parabathyscia n. sp.(?) della Valle Maira, ma la sfortuna gli è stata compagna, ed ha raccolto solo 12 femmine, per cui non è stato possibile effettuare una determinazione certa della specie.

     A partire dal mese di luglio E. ha cominciato a collaborare con la dr.ssa Elena Gavetti del Museo di Scienze Naturali di Torino per una ricerca zoogeografica sulla distribuzione del genere Oxychilus (Molluschi, Gasteropodi) nel territorio piemontese.

     Durante svariate uscite, effettuate anche insieme ad altri collaboratori del Museo, sono state visitate la Bura di Arnaudera (1563 Pi/TO) in Val di Susa (numerosi nicchi, le solite Dolichopoda e piccoli Euscorpius all'ingresso; inoltre un Linyphiidae, prob. Troglohyphantes), e la Grotta dei Partigiani di Rossana (1024 Pi/CN) (numerosi esemplari di O. draparnaudi ed anche un O. glaber).

     Una visita alla Grotta dell'Orso di Ponte di Nava (118 Pi/CN) ha fruttato numerosi Oxychilus dalle carni stranamente chiare.

     Durante il secondo semestre dell'anno, la dr.ssa Gavetti ha allevato nel Laboratorio di Bossea alcuni esemplari di Oxychilus draparnaudi della Grotta dei Partigiani, che si sono dimostrati dei voraci divoratori di Dolichopoda e che hanno prontamente deposto svariate uova, dalle quali recentissimamente sono nate numerose lumachine.

     Durante il convegno "Chiusa '98", all'inizio di novembre, Enrico, oltre che occuparsi della gestione della sezione biospeleologica, ha ricevuto incarico dal Prof. Valerio Sbordoni di Roma di accompagnare una studentessa a prelevare Dolichopoda in alcune grotte del Piemonte. Da tempo infatti il gruppo di Valerio sta conducendo studi elettroforetici sulle popolazioni italiane di tali Ortotteri. Sono stati fatti prelievi alla Grotta del Pugnetto, alla Grotta dei Partigiani di Rossana, alla Tana della Dronera di Vicoforte, alla Grotta dell'Orso di Ponte di Nava ed infine ai sotterranei del forte di Vernante. Non è stato tanto difficile catturare gli insetti, quanto mantenerli in vita durante tre giorni in modo che arrivassero vivi a destinazione.

     E per finire, anche la buona vecchia Grotta di Bossea quest'anno ci ha riservato gradite sorprese: anzitutto abbiamo verificato che la specie di Zonitidae indigena è Oxychilus glaber, ma abbiamo anche trovato presso l'ingresso un nicchio del rarissimo O. clarus.

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     Per concludere degnamente l'anno, durante l'ultima settimana di dicembre, scandagliando attentamente le pozze di stillicidio lungo la risalita ai Laghi Pensili alla ricerca di Niphargus, E. ha trovato un esemplare di un rarissimo Acaro idrofilo, specie sicuramente nuova per la cavità, che presenta notevoli affinità con quelli raccolti l'anno scorso all'Abisso Bacardi e di cui si è ampiamente detto nella relazione precedente (vedere foto allegata). Ora manca soltanto uno specialista che ci possa svelare il mistero di questi Aracnidi specializzatissimi, che vivono ben lontano dalla luce solare, nel cuore delle montagne.

     Ancora nelle Alpi Occidentali, Achille ha effettuato in agosto alcuni sopralluoghi di rito in piccole cavità delle Alpi Liguri. Non ha fatto invece quasi nulla in Sardegna, a causa della prolungata assenza per "anno sabbatico".

Grecia

     Nel mese di giugno, dopo una forzata interruzione nel 1997, Pier Mauro ha ripreso, in compagnia di Dante Vailati, con il patrocinio del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino e del Museo Civico di Scienze Naturali di Brescia, le ricerche sulla fauna sotterranea della Grecia. Nell'arco di venti giorni sono stati indagati numerosi massicci montuosi del Peloponneso, dell'Isola Eubea e della Grecia continentale. La principale tecnica utilizzata è stata quella della messa a dimora di trappole di profondità in Ambiente Sotterraneo Superficiale; durante questa missione è stato battuto ogni precedente record, posizionando il non indifferente numero di 300 esche. Durante la stessa missione sono state recuperate le trappole posizionate nel 1996, e non rilevate nel 1997, risultate in ottime condizioni malgrado i due anni, non previsti, di permanenza sotto terra! Non sono state trascurate, ovviamente, le grotte, e particolare attenzione è stata posta all'esplorazione biologica delle grotta Drakotripa nel massiccio dell'Oros Menalo (Peloponneso) e della grotta Katavothra sull'Oros Iti (presso Lamia). I risultati complessivi sono stati particolarmente significativi e fanno pensare, allo stato attuale e preliminare dello studio del materiale raccolto, ad almeno una dozzina di specie nuove di Coleotteri Carabidi e Colevidi specializzati dei generi Duvalius, Winklerites, Speluncarius e Muelleriella.

Australia

     Nei mesi di novembre e dicembre, in compagnia di Mauro Daccordi, Beatrice Sambugar e Chiara Caprini, Pier Mauro ho effettuato la quarta missione di ricerca in Australia co-finanziata dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Nell'ambito di questa spedizione ha potuto visitare, in Tasmania, le note aree carsiche di Junee-Florentine Valley nel Southwest National Park e del Cave National Park presso Mole Creek. In queste aree ha potuto visitare preliminarmente la risorgenza di Junee Cave e la grotta di Marakoopa a Mole Creek, raccogliendo in particolare la fauna parietale (Ortotteri e Ragni), ma soprattutto prendendo contatti con i Ranger per programmare le attività esplorative del 1999. La prospezione preliminare di aree a foresta pluviale fredda e di aree alpine, rispettivamente nel Southwest National Park e nel Cradle Mountain Lake Saint Claire National Park, ha permesso di individuare zone ricoperte di falde detritiche riconducibili al nostro Ambiente Sotterraneo Superficiale, che P.M. ha intenzione di indagare, nel 1999, con la tecnica delle trappole di profondità lasciate in loco per il periodo di un anno.

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Venezuela

     Breve fuga neotropicale di Achille in febbraio. Poche raccolte sul campo, ma una settimana di grandi esperienze, anche umane, con Carlo Bordon, uno dei padri della speleologia venezuelana. Carlo, di origine triestina e trapiantato a Maracay da quasi mezzo secolo, all'età di 78 anni mostra l'entusiasmo e il dinamismo di un tempo. Nel suo giardino si allenano gli speleologi locali, su funi appese ad alti alberi; memorabili sono poi le battaglie di Carlo per la conservazione delle grotte, e più in generale della Natura, in Venezuela. Auguri a lui, e speriamo di ritornare in quel bellissimo paese!

 

 

Incidente alla Mena d'Mariot

M. Ingranata

     Sono circa le 18:30 di domenica 21 febbraio, quando di ritorno da un'esercitazione di soccorso ricevo una telefonata dal mio delegato. Mi fa sempre piacere parlargli, stavolta proprio per niente dato che mi comunica di un incidente in grotta.

     La cavità è la Mena d'Mariot, situata in località Benesì, S.Anna di Bernezzo (CN).

     La grotta, esplorata dal Gruppo speleologico Alpi Marittime di Cuneo, è profonda 124 metri e si sviluppa in pianta per circa 100 metri. Sostanzialmente è un unico pozzo con varie strettoie la cui più problematica è un meandro a -52 metri.

     In risalita verso le ore 17.00 Marisa (28 anni di Genova) cade per 7 metri dalla sommità del pozzo a valle del meandro a -52 (Marisa ha male al fianco sinistro e al torace); vengono subito prestati i primi soccorsi mentre altri escono a dare l'allarme.

     Quest'ultimo viene lanciato alle ore 18.00 e circa alle 20.30 i primi due volontari entrano con indumenti e cibo seguiti dopo un'ora dal medico che, raggiunta l'infortunata, effettua la sua diagnosi (sospetto pneumotorace). La situazione richiede di far uscire Marisa in barella allargando tutti i punti stretti. Viene chiesto l'intervento del G.L.D. (Gruppo Lavoro Disostruzioni) nazionale già allertato in precedenza, mentre disostruttori specialisti del 1 °Gruppo si preparano ad operare.

     Intorno a mezzanotte il campo base è pronto con tutto il magazzino trasferito da Torino, con tendoni e con collegamento radio all'ingresso della grotta.

     Durante la notte arrivano tecnici del G.L.D. dal Veneto, dall'Emilia Romagna, dalla Liguria e dalla Lombardia che subito si prestano ad operare; si ipotizza un lavoro di disostruzione che durerà buona parte della notte, quindi i tecnici del 1° Gruppo che si dovranno occupare del recupero della barella possono riposare qualche ora.

     Marisa è stabile e si lamenta poco. I disostruttori con un eccellente coordinamento lavorano tutta la notte e verso le 7.00 danno il via agli attrezzisti che completano l'armo della grotta già iniziato in precedenza..

     Verso le 9.30 entrano gli ultimi volontari per il recupero e la barella viene mossa circa un'ora e mezza dopo; il recupero viene effettuato con estrema delicatezza per non causare traumi al lato sinistro di Marisa. La barella è all'esterno verso le 14.00 e viene subito portata in elicottero all'ospedale di Cuneo.

     Sostanzialmente il soccorso è andato bene soprattutto per la collaborazione tra il G.L.D. e i quadri del 1° Gruppo. In questo intervento è stata indispensabile la presenza di un disostruttore nella squadra di 1° intervento che ha valutato col medico dove e in che tempi concentrare gli sforzi di disostruzione.

 

 

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Una statistica regionale

Giovanni Badino

Presento alcuni dati statistici relativi all'attività speleologica nelle varie regioni d'Italia. Si tratta di dati estratti dal Catasto Nazionale un paio d'anni fa: non prendeteli come oro colato, ma come tendenze.

     I dati nelle colonne dati, intervallate da colonne percentuali, sono divisi tipograficamente in due gruppi: quelli in grassetto corsivo sono quelli con dato maggiore della media, in carattere normale minore della media, che si può leggere alle ultime due righe riassuntive di tutto.

     In prima colonna ci sono le grotte messe a Catasto. Si definisce "grotta" ogni cavità con sviluppo maggiore di 5 metri (ci sono anche note accessorie su come misurare gli sviluppi, quali devono essere le dimensioni dell'ingresso e altro, ma qui non ci interessa). In ultima riga si vede come la media di grotte per regione sia di circa 1600. Si vede come domini incontrastato il Nord Est, con oltre il 30% delle grotte. Il Piemonte si deve accontentare di un misero 5.6%.

     Le Grotte Grandi sono quelle con sviluppo maggiore di tre chilometri o con profondità superiore ai 300 metri: sono 214 in Italia, in media 11 per regione.

     Qui vincono Toscana e Friuli, ma anche Piemonte e Lombardia se la cavano: certo è che le quattro regioni si sono arraffate i 2/3 delle grotte importanti in Italia, che non è poco. Quanto è legato all'abilità degli esploratori piuttosto che al territorio? Nessuno lo sa. Piemontesi e toscani però non facciano la ruota da tacchini: le loro sono le due regioni maggiormente "colonizzate" da speleologi extra-regionali e quindi i meriti esplorativi vanno distribuiti.

     La terza colonna dati dà i gruppi speleologici regionali. Si tratta di dati di manica larga, molti gruppi esistono assolutamente solo sulla carta. È un dato difficile da interpretare perché è contraddittorio: la presenza di molti gruppi grotte può indicare sia la presenza di molta attività e di molti speleologi, che essere il segno che, quei pochi che ci sono, sono particolarmente imbecilli e dediti a fare dispetti e scissioni invece che andare in grotta. Tribù serie o micromondi in cui fare il satrapino? Non si può sapere. Bisognerebbe pesare i dati introducendo produttività di scritti, messe a catasto e altri indicatori.

     Un dato quindi più interessante è quello in colonna quattro, rapporto fra grotte e gruppi grotte: dà un'idea di quante grotte sono a disposizione a ciascun gruppo, quanto è stata di successo la speleologia sul territorio.

     Qui le regioni si equilibrano: Piemonte, Veneto, Friuli-VG, Trentino-AA, Lazio, Campania e Basilicata sono abbastanza alla pari, alcune per l'antichità delle ricerche sul territorio, altre per la presenza di pochi gruppi grotte.

     La quinta colonna dà il rapporto grotte grandi e gruppi grotte. Ci fornisce, di nuovo, un'idea del successo sul territorio ma anche dello spazio a disposizione per andare in grotte non intasate di gente. Qui vince il Piemonte (niente ruota, barotti, gli imperiesi ne hanno esplorate una marea) dato che il valore molisano è davvero affetto da problemi di numeri piccoli. A ruota seguono Friuli, Toscana e Campania (niente ruote, bestie fiesolane e napuli, quanto hanno esplorato nel vostro territorio truppe straniere?). Certo che liguri, emiliani e pugliesi son ben sfigati, devono sgomitare ad ogni corso di speleologia...

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     Poi ci sono due colonne che danno superficie (migliaia di chilometri quadri, cioè Gmq) e milioni di abitanti di ogni regione.

     Seguono infine le ultime due colonne dati. La prima dà il numero di gruppi grotte per milione di abitanti, in pratica quanto è assiduo il contatto sociale degli speleologi, quanto essi sono "reperibili". Friulangiuliani, sardi e umbri vincono bene, ma la performance dei sanmarinesi è assolutamente straordinaria: lì sì che gli speleologi sono vicini alla gente! Se la cavano trentini, liguri e pugliesi. Nel paese dei bugia-nen, invece, è come se la speleologia non ci fosse: peggio fanno solo in regioni affollatissime laziali, campani, calabresi, lucani e siculi. Anche qui, naturalmente, bisognerebbe guardare le iniziative dei gruppi grotte...

     L'ultimo dato dà il numero di grotte a migliaio di kmq, in pratica quanto le grotte sono presenti sul territorio. Evitiamo l'ovvia osservazione della disuniformità della distribuzione dei calcari e guardiamo.

     La Mecca della Speleologia è, evidentemente, San Marino che dobbiamo al più presto invadere ed annettere alla Romagna. Il Friuli è pure lui (ma sul serio...) sulla Luna. Escono bene Liguria, Trentino, Veneto e Lombardia. Il Piemonte e la Toscana svaniscono, le grotte vi sono disperatamente concentrate e, in fondo, poche rispetto alle dimensioni del territorio: non è un caso che tutti i toscani conoscano la via per le Apuane e tutti i piemontesi (ma anche qualche ligure) quella verso Cuneo...

     Il divertissement è finito, ma dopotutto non sarebbe male curiosare con un po' più di cura in questo nostro mondo.

La Conca delle Carsene (foto A Eusebio)

 

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Recensioni

Atlas des cavites non calcareis du monde Claude Chabert et Paul Courbon - Union International de Spéléologie -1997 -

     Il lavoro di Chabert e Courbon mi ha subito colpito per la particolarità del soggetto trattato e per la mia scarsa conoscenza di questo argomento: le cavità non calcaree del mondo. Essendo attratto particolarmente dalle grotte nelle lave ho cominciato a leggerlo e in breve ho scoperto i molti aspetti che possono assumere i vuoti sotterranei naturali.

     L'atlante è scritto interamente in francese, tranne nella prefazione scritta in italiano da Paolo Forti e in un approfondimento sul significato di "carsico e pseudocarsico" scritto in inglese da C. Self e G. Mullan. Particolare attenzione è stata dedicata alla spiegazione di ciò che è considerabile non calcareo.

     L'opera è organizzata con i Paesi in ordine alfabetico e, all'interno di ogni Paese, con la descrizione delle grotte suddivise per litotipo (tipo di roccia); le cavità sono elencate e descritte separatamente per quanto riguarda sviluppo e profondità, caratteristica che lo rende inizialmente un po' complicato da consultare. Quindi comincia con l'Africa del Sud e termina con lo Zimbabwe, e la quantità di litotipi in causa è veramente eccezionale: arenarie, quarziti, gneiss, graniti, calcescisti, basalti, andesiti, gessi, ghiaccio, conglomerati, e molte altre ancora, ogni roccia vuole la sua grotta.

     Ma il grande stupore è riservato per il sale, il comune sale da cucina, nel quale si sviluppano numerose grotte sparse nel mondo; la più lunga in Spagna, a Cardona, 640 metri di lunghezza per 25 metri di profondità, si chiama Forat Micò. Poi le Argille: a S. Diego (California) c'é la Carey's big mud cave, lunga 341 metri, e in Camerun c'è Mbilibekon lunga 220 metri.

     Un primato anche per l'Italia; nei gessi dell'Emilia Romagna l'abisso F10 detiene la maggiore profondità con 210 metri (nel 1997), ma il record di sviluppo in questa roccia è sicuramente ucraino con i 200 chilometri dell'Optimisticeskaja. Le lave di North Puna (Hawaii) stupiscono

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con i 61 chilometri di sviluppo e 1100 metri di profondità della Kazumura Cave e le ceneri vulcaniche della Kitum Cave in Kenia nascondono un fatto strano: elefanti si introducono in profondità alla ricerca di sali e con le zanne e la proboscide contribuiscono all'ampliarsi delle gallerie. E sono citate le ormai famose grotte nelle quarziti venezuelane che nella Sima Aonda toccano il record di profondità (383 metri), ma si può leggere delle grotte nelle quarziti dello Zimbabwe, dove, sul massiccio del Chimanimani, l'abisso Mawenge Mwena raggiunge la profondità di 305 metri.

     L'atlante è completato da una serie di rilievi, non uniformati ma riportati così come in originale, che in alcuni casi risultano pressoché illeggibili, e da una dettagliata bibliografia di riferimento per ogni grotta.

     Ricco di curiosità, è primancora un testo che restituisce importanza all'aspetto scientifico della speleologia.

Alberto Cotti

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Di pietra e d'acqua. Storie di speleologia

Fabrizio Ardito, 164 pp con 24 tavole, Vivalda Ed., Torino 1999. 28.000 Lire

     Fresco di stampa ecco un pregevole libro di speleologia, opera della sperimentata penna di un attento osservatore delle grotte e di quelli che le frequentano, libro proposto nella prestigiosa collana dei Licheni dalla Vivalda Editrice che per la nostra disciplina ha sempre mostrato molta attenzione.

     La migliore recensione è già quella della vivida prefazione scritta dell'amico Roberto Mantovani, che tra l'altro mette in luce l'abile capacità dell'autore di trascinare il lettore anche non speleologo, di appasionarlo con una lettura sovente avvincente, di metterlo in sintonia con un tipo di esperienza non sempre percepibile nei giusti contorni da chi non l'ha vissuta.

     Le storie sono tutte vere, autobiografiche, in apparenza straordinarie, ma in fondo ogni speleologo con lunga attività potrebbe raccontarne di consimili, a patto di saperlo fare, perché con la penna non è facile rendere idea di esperienze e sensazioni forti come sono quelle date dalla speleologia.

     Fabrizio rivanga le vicende dando alle immagini i giusti chiaroscuri, illustra le situazioni disegnando da naturalista i particolari dell'ambiente, descrive i personaggi mostrando financo la loro gestualità e teatralità, ma cogliendone nel contempo la psicologia e le sensazioni emotive, senza ovviamente trascurare da buon giornalista (ma senza forzature) i facili appigli della suspence, dell'emozione nelle prime esplorazioni di cavità famose, delle catastrofi quando ci sono, degli interventi di soccorso, del fascino della scoperta di posti nuovi e misteriosi: grotte o cavità artificiali o forre che siano. Tra le righe è gradito notare l'attenzione per l'ambiente e la sensibilità per i problemi degli abitanti locali.

     Certo, chi la speleologia l'ha provata riuscirà a calarsi meglio nella curiosità delle ricerche, nel ciclo dell'acqua nel calcare, nella difficoltà del lavoro di documentazione, nel fascino delle imprese solitarie, nell'amore-odio per il vuoto, nei giochi dell'aria e dell'acqua, nell'ascoltare la montagna dal di dentro, nell'avere la luce che non funziona ...

     E che dire di chi ha la fortuna di ampliare geograficamente i propri orizzonti, di andare a cercare grotte nuove in posti dove può trovare anche la suggestione dell'isolamento, la sensazione di essere fuori dal mondo, il trovarsi in luoghi mitici, Samarcanda, Bukhara, Asia Centrale, Borneo, Chiapas...

M. Di Maio

 

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CAPANNA SARACCO-VOLANTE

del GSP CAI- UGET

 

a quota 2220 nella conca carsica di Piaggia Bella nel gruppo del Marguareis (Briga Alta, Cuneo).

 

 

Cuccette con materassi in gommapiuma e coperte, cucina, magazzino. Per informazioni o per le chiavi rivolgersi al GSP CAI-UGET.

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